La Chimera è un mostro leggendario. È un leone, con una testa di capra impiantata sulla schiena e con una vipera al posto della coda.
Non che in famiglia siano messi meglio!
La madre di Chimera è Echidna, la vipera, per metà donna bellissima e per metà orribile serpente maculato. Il padre è Tifone, il cui corpo gigantesco culmina in cento teste di drago.
I fratelli sono Cerbero, il cane infernale con tre teste; Idra, il serpente con 9 teste; e Otro, cane anche lui, 0ma che di teste ne ha soltanto un paio.
Chimera era terribile.
Era la personificazione della tempesta, sputava fiamme e la sua voce era il tuono. Per anni gettò nel terrore le coste dell’attuale Turchia finché Bellerofonte, con l’aiuto di Pegaso, non la uccise.
Utilizzando un astuto stratagemma: dal momento che non esistevano frecce o lance che avrebbero potuto ucciderla, Bellerofonte immerse la punta del giavellotto nelle fauci della belva, il fuoco che ne usciva sciolse il piombo e con quello fini l’animale.
Risaliamo dalle profondità senza tempo del mito e sbuchiamone fuori in una giornata di metà Cinquecento. Entriamo in Palazzo Vecchio.
Tra gli affreschi della sala Leone X, Giorgio Vasari e il Granduca stanno conversando amabilmente.
“Ditemi, Giorgio, avete voi certezza che ella sia la chimera di Bellerofonte, come costoro dicono?” “Signor sì, perché ce n’è il riscontro delle medaglie, che ha il Duca mio Signore, che vennono da Roma con la testa di capra appiccata in sul collo di questo leone, il quale, come vede E. V., ha anche il ventre di serpente; e abbiamo ritrovato la coda (…) e le ferite, che ella ha addosso, lo dimostrano, e ancora il dolore, che si conosce nella prontezza della testa di questo animale.”
“Credete voi, che sia maniera etrusca, come si dice?”
“Certissimo.”
Il 15 novembre del 1533, mentre ad Arezzo si scavava per fare le fondamenta delle fortificazioni medicee, era venuto alla luce un bronzo etrusco, di dimensioni notevoli.
Era bellissimo e rappresentava la Chimera.
Ricevuta la notizia del ritrovamento, Cosimo I aveva reclamato la scultura per le sue collezioni.
Dapprima aveva voluto tenersela nella sala Leone X di Palazzo Vecchio.
Quindi l’aveva affidata a Benvenuto Cellini perché la restaurasse e ci attaccasse la coda che era stata trovata qualche tempo dopo.
Il Cellini ha raccontato nella sua “Vita” che, nel periodo in cui la Chimera era custodita, per i lavori di restauro, nello studiolo di Palazzo Pitti, “il duca ricavava grande piacere nel pulirla personalmente con attrezzi da orafo”. Quel bronzo etrusco, però, sarebbe poi stato allontanato da Firenze e trasferito nella Villa Medicea di Careggi, perché c’era il sentore che la sua presenza in Palazzo Vecchio portasse male.
Oggi la chimera è custodita al Museo Archeologico, nel palazzo della Crocetta.
Per chi non l’avesse già vista, una visita direi che è d’obbligo.
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