La vita monacale dei Certosini era piuttosto rigida: imponeva il silenzio, lo studio e il pesante lavoro negli orti. Nella Firenze medicea e in seguito anche in quella granducale, ai cittadini dissidenti e a tutti coloro che non potevano esprimere il parere contrario a quello dei governanti, era consigliabile esprimere il proprio dissenso mugugnando e beffeggiando, ma senza mai protestare, proprio come fanno i frati che devono rispettare le regole inflessibili. Con questo comportamento infatti, i dissidenti esprimevano la loro sottomissione, ma non certo l’accettazione, svolgendo in silenzio il proprio lavoro e il proprio dovere con dignità e rassegnazione, esattamente come i frati in convento.
Da allora il detto “sto co’ frati e zappo l’orto” ha così preso il significato di adeguarsi alle regole, fare quello che si deve fare, rispettare le norme anche di malavoglia, rimettersi alle decisioni altrui.
(da “ADAGI MA NON TROPPO” di Franco Ciarleglio, Sarnus Editore)
Io sto coi frati e zappo l’orto