Sto rientrando a casa dopo essere stato ad una cena di Natale con gli amici del Corteo della Repubblica Fiorentina. Siamo usciti dal Corteo per aver raggiunto il limite di età di 70 anni. Così per ricordare i tempi passati ci ritroviamo per gli auguri di Natale in un ristorante fiorentino. E’ tardi, devo prendere il tram per tornare. Mentre cammino per le stradine del centro storico vedo davanti a me due figure barcollanti che cantano canzonacce. Ci mancavano due ubriachi. Accelero il passo per sorpassarli, arrivato accanto ai due vedo che uno saltella su una sola gamba appoggiandosi a due stampelle di legno.
I vestiti sono molto malmessi stracciati e di foggia antica. Cantano delle strofe dal contenuto scurrile, l’odore acre e forte del vino che hanno in corpo mi giunge alle narici. Uno di loro mi apostrofa: Ehi compare, fermati a bere una gozzata di Chianti alla salute del Duca Alessandro che ci onora della sua amicizia (burp!). L’altro interviene bestemmiando: Corpo di mille bombarde, perchè non vuoi bere con due eroi alla salute del Duca? (burp!)
Scusate, ma vado di fretta devo tornare a casa, è tardi e fa freddo. Penso fra me e me (i due ubriachi sono matti, speriamo bene!).
G: Vuoi andartene (burp!) senza sapere chi siamo, visto che non ci riconosci! Io sono Giovanni de Medici detto “Dalle Bande Nere”, lui è il Capitano Francesco Ferrucci, l’eroe di Gavinana.
A: Mi chiamo Alberto, ma non credo a una parola di quello che mi state dicendo. Voi due siete morti nel 1500, non potete essere vivi!
F: Corpo di mille bombarde, ci dai di bugiardi, ti passerò volentieri a fil di spada, se non chiedi perdono. (hic!)
Sono disperato come faccio a sganciarmi? Forse se li do retta posso salvarmi da questi due matti.
A: Lei Francesco Ferrucci è morto nel paese di Gavinana ucciso da Francesco Maramaldo? Come può essere vivo?
F: Corpo di Bacco, è vero! Sono stato ucciso da un vigliacco, che mi ha dato una pugnalata mentre ero ferito, dicendo: Questo è per il tamburino ucciso a Volterra! Non mi ha ucciso per vendicare quel ragazzo, ma perché ha Volterra ha subito una dura sconfitta! Oltretutto per incitare i miei uomini, ho combattuto benché ferito seduto su una sedia! Ah, ah, ha, fuggivano gli Imperiali con la coda tra le gambe, lui era il primo! E poi mi odiava perché non ho avuto natali nobili come lui. Un giorno andrò a Napoli, e lo sistemerò!
A: Avete fatto una morte da eroe. A scuola ho studiato l’assedio di Firenze del 1530, vi ho sempre ammirato per la audacia. Sono stato a Gavinana ho visto la capanna dove vi siete asserragliato con pochi fidati e la chiesa dove siete stato ucciso.
F: Fummo sorpresi da un temporale che ci mise fuori uso gli archibugi, e il Maramaldo, mentre fuggiva incontrò la cavallera tedesca che accorreva in loro soccorso. Corpo di Bacco ebbe una gran fortuna, l’avrei rincorso per dargli il colpo finale e invece!
A: Ma voi siete in “Gran Diavolo”, il Capitano imbattibile Giovanni dalle Bande nere l’inventore della guerriglia, della imboscata e della cavalleria leggera.
G: Diavolo incarnato! Li facevo correre gli imperiali! A Governolo ebbi il coraggio di attaccare I lanzichenecchi del Comandante Von Frundsberg, benché io e le mie Bande fossimo in numero esiguo. Che impresa!
A: Andava d’accordo con Clemente VII?
G: Con Leone andavo d’accordo, anche se gli avevo combinato qualche guaio, quando sfogai la mia esuberanza sulle statue antiche, e fui costretto a tornare a Firenze con il Salviati. Ah, ah,ah, quanti guai gli ho combinato, il povero uomo doveva riparare alle mie malefatte giovanili, ma mi voleva bene e mi proteggeva. Leone mi fece diventare il sua guardia personale. Quando morì abbrunai le mie insegne da bianche e viola a bianche e nere.
G: Era un buon gustaio, mangiava tante prelibatezze, gli piacevano tanto le anguille del Trasimeno, che innaffiava con il buon vino dei Castelli Romani, corpo di una bombarda, spesso mi faceva l’onore di sedere alla sua tavola. Grande Papa!
G: Con Clemente il figlio di Giuliano de Medici cugino di mia madre, da principio non tanto, poi quando venne istituita la Lega del Cognac, mi chiamò a Roma e mi pagò i miei debiti. Mi incaricò di formare una milizia tutta mia, scelsi gli uomini per formare le mie bande, e li forgiai a mia immagine e somiglianza. Corpo di Bacco una truppa formidabile!
A: Mi racconti della ferita alla gamba da un colpo di Falconetto.
G: Corpo di mille bombarde. Ero al comando delle milizie papaline sotto Francesco Maria della Rovere, quel vigliacco visto che i Lanzi scesi in Italia con la complicità del Marchese di Mantova Federico II Gonzaga, (gli aveva dato campo libero senza attaccarli) erano in numero superiore decise di ritirarsi senza combattere. Feci di testa mia e attaccai la retro guardia degli Imperiali, ma venni ferito da un colpo di Falconetto, fornito ai tedeschi da quel porco di Alfonso I D’Este.
G: Le mie Bande si ritirarono in buon ordine, mentre venivo portato a Mantova ospite di Luigi Gonzaga a Castel Goffredo. Venne chiamato al capezzale Mastro Abramo, mi conosceva perchè in precedenza mi aveva ricucito una ferita ad uno stinco, e poi inviato ad Abano per curarmi meglio. Passai il comando delle Bande al mio vice Lucantonio Cuppano, che si sciolsero. Alcuni passarono sotto altri comandanti altri tornarono alle loro case. Mastro Abramo mi visitò, vide che la “gangrena” aveva preso possesso della mia gamba. Se non interveniva subito potevo morire.
G: Mi parlò dicendo di voler tagliare l’arto per fermare l’infezione, gli risposi di procedere senza indugio ché volevo tornare a combattere. Propose di chiamare dieci uomini per reggermi durante l’amputazione, ma corpo di Bacco gli dissi di non essere retto da nessuno, non ce la avrebbero fatta. Presi in mano una candela per far luce durante l’operazione e chiesi una cinghia di cuoio da mordere per non urlare.
A: Un grande coraggio, di un uomo gravemente ferito e a rischio di morte!
G: Diavolo incarnato! Dovevo urlare? no mai! Dopo l’operazione mi sentii meglio, ma l’infezione non si era fermata e dopo qualche giorno sopraggiunse la morte. Corpo di mille bombarde, non volli morire a letto, chiesi di essere spogliato delle bende, indossare la mia armatura, farmi coricare su un lettino da campo per morire da soldato.
A: Un altro esempio di coraggio di un grande soldato.
G: Nell’empireo degli eroi, ho trovato il cane traditore di Alfonso I D’Este. Quando mi ha visto ha iniziato a tremare e a gemere come un maiale squartato. Boia, ho sguainato la spada e mi sono avventato per trafiggerlo, ma alcuni eroi mi hanno tenuto fermo. Il vigliacco ha strisciato come una serpe, e mi ha chiesto perdono.
F: Giovanni su andiamo all’osteria da Gigi il Porco, ci faremo una scorpacciata di fegatelli e berremo fino a cascare in terra. I nostri amici: Benvenuto, il Rosso Fiorentino, Mastro Abramo e tanti altri ci aspettano. Ricorderemo i bei giorni passati e le nostre avventure, e a quel fanfarone di Benvenuto gli chiederemo di raccontarci di quando con un colpo di archibugio, tirato da Castel Sant’Angelo, uccise il Connestabile di Borbone. Canteremo con tutto il fiato che abbiamo in corpo, e se i Birri della Signoria, verranno a mandarci via corpo di un Diavolo faremo una bella rissa. E quando usciremo andremo a sollazzarci con qualche prostituta nel miglior casino di Firenze.
Detto questo i due amici si incamminarono verso una buia stradina, cantando canzoni sconce e ridendo a crepapelle. Sono rimasto sconcertato, e fermo nel mezzo della strada. Mentre ero assorto nei miei pensieri, si sono avvicinati due carabinieri. Mi hanno chiesto i documenti e mi hanno invitato ad affrettarmi per non essere sorpreso dal coprifuoco. Ho ripreso i miei documenti, gli ho salutati e mi sono allontanato per prender il tram e tornare a casa.
Godibilissimo racconto! La storia raccontata così attrae e rimane impressa. Oltretutto fa immedesimare e sembra di vedere ciò che accade. Ci vuole interesse, ma soprattutto rivivere le emozioni dei personaggi. Complimenti!