Firenze superata la tempesta del virus denominato Covid-19, senza le orde di turisti giunti da ogni parte del mondo, è tornata di proprietà dei fiorentini. Oggi sono dovuto andare in centro a fare delle commissioni.
Fatto tutto quello che dovevo fare, e avendo ancora tempo per gironzolare e godermi la mia città, ho fatto il turista a casa mia. L’intenzione iniziale era di andare in via del Corso per acquistare degli squisiti bomboloni dal Cucciolo. Veder cadere dall’alto bomboloni e ciambelle suscitava in me antichi ricordi di bambino, quando la domenica con i miei genitori e mia sorella maggiore, venivamo in centro per guardare le vetrine e fermarsi a comprare per merenda e tante volte la cena quei prodotti tanto gustosi.
Guidato dal profumo di quelle leccornie, mi stavo avvicinando alla pasticceria, quando ad un tratto vidi un cavaliere arrivare da piazza San Pierino un uomo a cavallo, vestito come un Magnate del XIII secolo. Costui aveva l’aspetto, la possanza, l’incedere, di essere una persona abituata al comando, senza essere contraddetto. La folla si schiacciava contro il muro lasciandoli libero il passo. Cavalcava su di un morello, bardato con una gualdrappa con lo stemma della sua casata, teneva larghe le gambe per allontanare da sé i passanti.
Mentre al passo percorreva via del Corso, urlava a gran voce:
C: Fate largo, io son colui che vinse a Campaldino! Ha ragliato l’asino di porta?
Da lontano sull’uscio della sua loggia Vieri dei Cerchi, capo della fazione “bianca” scuoteva sconsolato la testa. Lui era stato al potere in Firenze, ma non essendo capace di contrastare i Guelfi Neri, era stato soppiantato dal Donati.
Incuriosito dalla scena presentatami davanti agli occhi, e avendo la fortuna di poter parlare con un protagonista della storia di Firenze, mi avvicinai mentre arrivato ad una sua torre stava scendendo da cavallo.
Con un po’ di timore l’apostrofo:
A: Messere siete voi Corso Donati?
C: Si sono io, il vincitore di Campaldino, il “Gran Barone” per i miei modi spicci e arroganti, discendo dal Gran Barone Ugo di Toscana! (Ah,ah,ah) Colui che ora comanda in Firenze e dopo aver esiliato Dante Alighieri (Ghibellin fuggiasco mal cacato), esilierò finalmente anche i pavidi Cerchi con l’asino Vieri vecchio gottoso e tutti i suoi parenti pappe molli, tutto con l’appoggio del Santo Padre Bonifacio VIII, che Iddio lo conservi.
A: Perché avete mandato via da Firenze Dante Alighieri che è anche vostro parente, avendo sposato Gemma vostra cugina?
C: Il poeta si era ribellato al Papa contravvenendo ad un suo ordine e per questo atto di ribellione, baratteria, sodomia, malversazione, tradimento e per le idee che l’avvicinavano ai nemici della chiesa, i Ghibellini; è stato esiliato. Non potrà mai rientrare a Firenze, se verrà catturato nel territorio fiorentino sarà, preso portato al Bargello e eseguita la sentenza di morte con il taglio della testa, per Dio se fossi io a trovarlo gli farò patire le pene dell’inferno ha, ha.
A: Perché Messere avete tratto dal monastero delle Clarisse, vostra sorella Piccarda, donna pia e misericordiosa andata in sposa a Gesù Cristo?
C: Avevo trovato un marito adatto a lei, Rossellino della Tosa, uomo della mia fazione, violento e rissoso. Con questo matrimonio si univano indissolubilmente le nostre famiglie, e forse un addolcimento del carattere del mio sodale.
A: Voi siete il vincitore degli aretini a Campaldino, avete disobbedito agli ordini dei comandanti Guelfi, vi avevano ordinato pena il taglio della testa di non intervenire nella battaglia, essendo i suoi pistoiesi di riserva.
C: Giurabacco è vero! Non dovevo muovermi, ma visto dal mio punto di osservazione in un boschetto non lontano dal campo di battaglia, che lo scontro era in fase di stallo e se volevamo vincere, ho rischiato la mia vita ed ho vinto e sono stato perdonato.
C: Adesso basta uomo del futuro! Con voi ho perso troppo tempo. Su levatevi vicino o per Bacco, vi frusterò a sangue! Il campanone del campanile di Giotto ha suonato, e il desco è imbandito per il desinare, più tardi incontrerò in San Pier Scheraggio, per parlare di cose della città, il popolo e i Priori. Basta! Andatevene!
Detto questo affidato ad un servo il morello, era entrato nella sua Torre. Sono rimasto a rimuginare su quello che mi aveva raccontato Corso, e ho promesso a me stesso di scrivere di questo incontro intervista sulla rivista sulla quale scrivo dei racconti.
Interviste impossibili: Corso Donati il Gran Barone