Prima parte

Seconda parte

Rodolfo Siviero

TRAFUGAMENTO DA PARTE DEI NAZISTI DEI NOSTRI TESORI MUSEALI.

Come si organizzò per recuperare le opere d’arte?

Ero riuscito a formare un gruppo di partigiani addestrandoli a seguire le tracce delle sparizioni dai musei e collezioni private insegnando loro la Storia dell’Arte italiana in modo che potessero riconoscerli a prima vista. Travestiti da Ufficiali Repubblichini, riuscirono ad evitare che gli invasori si impossessassero dei quadri del pittore Giorgio De Chirico. In accordo con la Soprintendenza riuscirono a salvare l’Annunciazione del Beato Angelico dal Monastero di San Giovanni Val d’Arno, sulla quale aveva posto gli occhi niente meno che Herman Goering, voleva portarla in Germania per salvarla, quando si sapeva che sarebbe finita nella sua collezione privata. Tutto quello da portare via veniva deciso dalla Wermacht, con la scusa di salvare le nostre opere dai bombardamenti degli alleati, invece quello che veniva razziato veniva trasportato in Germania o in altri luoghi segreti.

Mi dica come faceva ad organizzarsi per giungere prima dei nazisti e portare in salvo quello che volevano portare via.

Oltre ai partigiani da me addestrati partecipavo di persona specialmente nelle missioni più difficili. Nella mia abitazione raccoglievo tutte le informazioni utili provenienti da ogni parte, specialmente quando e dove si tenevano le aste pubbliche e private. Tutte queste notizie sono state da me archiviate e si trovano in questa casa. Nel mentre i nazisti svuotavano i magazzini dei musei dove venivano conservati dipinti, statue e altre opere. Intanto l’intelligence americana stava all’erta per sapere, e vi riuscivano, il trafugato, il tutto veniva girato a me.

Quando lei venne liberato dalle grinfie della Banda Carità, riuscì a raggiungere gli americani?

Dopo varie vicissitudini, giunsi sul Monte Amiata, fui aiutato dai partigiani a raggiungere gli alleati a Roma ed entrare in contatto con i Monument Men. Rientrai a Firenze nell’agosto del 1944, con la città liberata dai nazifascisti, tornai in questa abitazione a riprendere la mia attività clandestina.

Mi racconti dei trafugamenti più consistenti, e il loro recupero.

La Divisione Herman Goering nell’ottobre del 1938, venne a conoscenza del trasporto dei capolavori dei musei napoletani all’Abbazia di Monte Cassino, per portarli in seguito nei Musei Vaticani dove sarebbero stati al sicuro. Riuscirono ad infiltrassi e ad organizzarne il trasporto. All’arrivo dei camion caricati a Napoli, ne mancavano due, gli alleati scoprono tramite i loro informatori che erano stati inviati in Germania. Io stesso partecipai al recupero del mal tolto.

Venne mai osteggiato nella sua attività di recupero?

Ero riuscito a collaborare con il servizio d’informazione degli alleati presenti in Firenze, ricevendo da loro una  tessera di riconoscimento, ma per essere stato in gioventù fascista ero visto con sospetto. Gli americani fecero su di me una investigazione segreta, per sapere se ancora condividevo le idee del fascismo.

Come era visto dagli antifascisti italiani?

Anche loro mi guardavano con sospetto. Per via del mio carattere scontroso ero inviso a molti. Il più accanito era Carlo Ludovico Ragghianti, mio avversario durante la lotta partigiana. Con insistenza andava chiedendo la chiusura dell’Ufficio Reuiperi aperto il primo di aprile 1946, di cui ero il Capo Ufficio.

Mi parli dei suoi recuperi più clamorosi.

Venni a conoscenza dei nascondigli in Alto Adige, luogo ritenuto ospitale e sicuro anche per la vicinanza alla Svizzera, dove i tedeschi avevano ammassato i tesori ai Musei degli Uffizi. Erano nascosti a Bolzano precisamente a San Leonardo e Campo Tures, nell’ex palazzo di giustizia del castello. La soffiata era stata fatta nientemeno da Karl Wolf Generale delle SS e proconsole in Italia del dittatore tedesco, con questa confessione trattava con gli americani per salvarsi. Queste opere erano state portate via da Firenze con la scusa di salvarle dai bombardamenti, erano li in attesa di essere trasportate in Germania, per finire nelle collezioni private di Hadolf Hitler  e Herman Goering.

Alberto Chiarugi
Intervista impossibile a Rodolfo Siviero: terza parte
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