In via del Campuccio, sul muro che confina con il Giardino Torrigiani, si trova una lapide scritta parte in latino, parte in ebraico. Anticamente questo edificio ospitava un convento, il Monastero delle Convertite, che venne creato attorno al 1330 dal fratello della Beata Umiliana de’ Cerchi, che con la Compagnia delle Laudi di Santo Spirito chiese alla Signoria la concessione di un terreno per costruire un ricovero per le donne di malaffare che avevano deciso di tornare sulla retta via. La Signoria accolse la richiesta ed il convento venne fondato.
La fondazione del convento pare sia stata opera, almeno secondo Giuseppe Richa autore delle “Notizie Istoriche delle Chiese di Firenze “, di fra Simone da Cascia, un predicatore agostiniano che ammoniva i fedeli in Piazza Santo Spirito nel XIV secolo. Numerose furono le prostitute che, illuminate dalle sue sante ammonizioni, decisero di ritirarsi lontano dal mondo, una fra tutte la bella e famosa cortigiana Monna Nera che abbandonò definitivamente la sua disonesta professione all’età di trentun anni.
Per intercessione dei Capitani della Compagnia delle Laudi di Santo Spirito, fu eretto, nel 1330, il maestoso complesso religioso che doveva ospitare sia le meretrici che tutti coloro che, dopo una vita dissoluta, accoglievano la fede cattolica, come ricorda una lapide in via del Campuccio, posta sul muro dell’ex-convento.
Guido Carocci ci racconta: “Sembra che le monache godessero di una certa indipendenza; lavorassero per provento proprio e si industriassero, tenendo ognuna dei polli”. Percepivano inoltre i proventi che derivavano dalle tasse che ogni anno le prostitute dovevano pagare all’Offizio dell’Onestà per esercitare la professione in modo legale e di un quarto dell’eredità di ognuna di esse, al momento della loro morte.
Non soltanto le prostitute che spontaneamente avevano scelto di redimersi, ma anche quelle che vi venivano obbligate dai birri che periodicamente ripulivano le strade cittadine; queste ultime, portate dinanzi al Magistrato dell’Onestà, venivano “spedite” in quel convento, che dunque assolveva anche la funzione di prigione.
Il numero delle pentite (volontarie e non) si accrebbe esponenzialmente, tanto che venne richiesto altro terreno per ampliare il Monastero delle Convertite. Nel 1627 furono il Granduca Ferdinando II de’ Medici e sua madre, Maria Maddalena d’Asburgo, a sovvenzionare questo ampliamento.
La lapide prima citata riporta questo fatto, dicendo in sostanza che i due principi avevano fatto questa elargizione affinché l’oro, nemico della morigeratezza (“hostis castitatis”), si trasformasse in custode della castità. Nei continui ampliamenti dell’edificio claustrale, fu incorporata anche la casa natale di san Filippo Neri e la facciata fu adornata dal grande tabernacolo con un Crocifisso attorniato da santi.
Dopo il 1886, quando ormai le Convertite erano state trasferite in via dei Malcontenti, il convento divenne la sede della Società dell’Omnibus a cavallo, con stalle e fienili, e, in seguito, la casa d’accoglienza Pio Istituto degli Artigianelli in cui venivano ospitati dei bambini orfani per avviarli ad un mestiere in modo da garantire loro una dignitosa sopravvivenza.
A perpetuare la memoria di una così preziosa opera di carità, resta ancora la Chiesetta di Santa Elisabetta, ora dedicata al culto ortodosso, ricca di opere di grande valore storico, e l’ex-chiostro che ospita una scuola ed alcuni laboratori artigiani.
A seguire, sulla lapide viene riportata una frase in ebraico, che dice che i serenissimi principi, infiammati di amore divino, avevano offerto un esempio di grande onestà di costumi, in opposizione alla dilagante disonestà. La frase, di seguito, viene nuovamente proposta in latino, per essere comprensibile a tutti.
Non è ben chiaro il motivo della presenza della frase in ebraico, poiché le donne ebree di Firenze erano molto serie e non figuravano tra le “pericolate”. Forse, l’origine della scritta in ebraico, è da ricondurre alla presenza nel Monastero di vere e proprie convertite, dalla religione ebraica a quella cristiana.
Davanti a questo edificio si trova un cancello in stile neoclassico decorato da uno stemma tondo con una testa di cavallo, che ci porta a pensare che queste fossero le scuderie dei Torrigiani, che proprio davanti hanno uno degli ingressi del famoso Giardino, che merita una descrizione a parte.