A Firenze, nell’Ottocento, passeggiando per le strade del centro, capitava sovente di imbattersi in un personaggio alquanto curioso. Un omone grande e grosso, alto oltre due metri, e che sembrava ancora più alto perchè indossava sempre un cappello a tuba che lo proiettava ancor più verso il cielo.

Quasi sempre, accanto a lui, camminava una donnina, piccola piccola, anziana, che sembrava ancor più piccina al cospetto del gigante. Inutile dire che i due destavano l’attenzione dei passanti, che non potevano esimersi dall’osservarli e dal commentare la “strana coppia”.

Il gigante era Mario Palazzi, un poeta improvvisatore, mentre della piccola donnina si conosce soltanto il nome: Assuntina. Mario Palazzi, oltre al suo cappello a cilindro, portava sempre con sé un bastone da passeggio ed una borsa di pelle a tracolla, dove custodiva le sue composizioni, che poi declamava sulla via.

Giovanni Papini, a proposito del Palazzi, scrisse: “In questa borsa di pelle consunta e arrossata, ch’era il suo più amato tesoro, teneva le sue opere stampate e manoscritte, cioè degli opuscoli dov’erano raccolte le sue poesie più belle e altre poesie scritte a penna che egli era pronto a vendere a chiunque le richiedesse. Ma non le offriva con la voce e col gesto a nessuno. Era sempre silenzioso, austero, severo e quasi sempre mesto e sovrappensiero, sia che stesse ascoltando l’ispirazione della musa, sia che si vergognasse di quella sua spropositata statura, che attirava su di lui i lazzi dei beceri e dei monelli…”.

Una volta Papini si mise seduto accanto a Palazzi su una panchina di Piazza d’Azeglio e apprese da lui una vecchia canzoncina che recitava così:

“Al tempo dei Medici
un quattrin facea per sedici
Ma ora coi Lorena
se si desina non si cena
Venuto Emanuelle
non siamo che ossa e pelle…”

Il Palazzi, in cambio di un sussidio, sembra avesse ceduto alla Specola il suo scheletro, una volta morto. Una volta, a seguito di una caduta, Mario Palazzi si ruppe una costola. Invece di dolersene, pare che se ne sia quasi compiaciuto, contento di non donare alla Specola uno scheletro intero…!!

Personaggio davvero singolare, quasi un vagabondo, visse a lungo a Montedomini. Morì all’ospedale di Santa Maria Nuova nel 1913. Il suo scheletro? Nessuno sa che fine abbia fatto!

Riporto una poesia di Mario Palazzi, che può servire ad inquadrare meglio il soggetto.

“Firenze civilizzata”
A noi par d’essere
Civilizzati
Peggio che ora
Non siam mai stati
Se questo è il vago
Giardin di Flora (Firenze)
Era più bella
Prima via Gora (attuale Via Montebello)
Questo è il felice
Secol de’ Lumi
Senza più arrosto
Ma molti fumi
Tutti siam dotti
Il Cappellajo
Se fa uno sgorbio
E’ Ghirlandajo
E quel che i cavoli
Vende al mercato
Vede suo figlio
Sommo avvocato
Spera nel titolo
Di Generale
Quello che vende
Fino il majale
Chi più dell’essere
Conta il parere (apparire)
Scambia il Te Deum
Col Miserere
E a conti fatti
Può dirgli ognuno
Sperasti pascerti
E sei digiuno

Gabriella Bazzani
Il gigante fiorentino
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2 pensieri su “Il gigante fiorentino

  • 18 Febbraio 2024 alle 19:22
    Permalink

    Mai sentito neanche io una storia del genere. Siete molto bravi a scovare tutte queste piccole grandi cose di Firenze.
    Certo essere alto più di 2 metri a quei tempi doveva essere una gran seccatura, lo è anche ai giorni nostri, figurati allora!

    Rispondi
  • 11 Febbraio 2024 alle 18:12
    Permalink

    Non conoscevo questo personaggio. Molto interessante la notizia di questa figura particolare del passato.

    Rispondi

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