Ponte alla Carraia aveva uno spirito tutto suo: corna lunate, vello ricciuto, zoccoli biforcuti. Un ariete o, più semplicemente, un montone di quelli che i pastori mettono a capo del gregge. A quei tempi, nel costruire un ponte, era buona usanza sacrificare un montone e sotterrarlo sotto un pilone per augurare stabilità alle arcate.

Nei pressi del ponte viveva un certo Marrocchio. Un così strano nome, rendeva l’uomo più misterioso. Marrocchio aveva il brutto difetto di bestemmiare quando era a corto di denaro e, a giudicare da quanto spesso questo accadeva, doveva guadagnare poco o essere molto avaro. Neanche in punto di morte perse questa sua cattiva abitudine; tuttavia, prima di morire, Marrocchio si era premurato di mettere al sicuro il suo denaro, come se ritenesse di poter tornare dall’aldilà a riprenderselo.

Una pietra sull’arco del ponte gli sembrò un nascondiglio sicuro.

Notte tempo, si mise a scalzare la pietra, forse già sconnessa, guardandosi bene intorno per assicurarsi che nessuno lo vedesse. Nello spazio scavato adagiò il suo tesoro e lo ricoprì con la stessa pietra, facendo in modo che non si notasse che era stata spostata. Il ponte alla Carraia, sempre molto transitato, venne in aiuto e provvide a livellarla perfettamente.

Si diceva che Marrocchio avesse venduto l’anima al diavolo, con l’aggravante delle tante bestemmie che uscivano da quella bocca; dopo la sua morte cominciarono a girare storie sul suo fantomatico tesoro scomparso, e la gente sosteneva che non avrebbe trovato pace finché quel denaro occultato non fosse stato ritrovato e speso.

Ed è a questo punto della storia che intervenne lo spirito del ponte: uno spirito buono, che si curava della pace dell’anima di Marrocchio, nonostante i suoi spropositi: un piccolo ariete dalle corna lunate che contendeva la sua anima al diavolo. Ogni notte, cominciò ad apparire sul ponte, caracollando innanzi ai rari passanti. Se qualcuno lo avvicinava, d’un balzo spariva in una lingua di fuoco. Se i renaioli cercavano di afferrarlo, dal suo vello uscivano scintille. Molti erano spaventati a morte da questa presenza.

Lui, noncurante, ricompariva, rovesciava le barche sul greto, rompeva i remi, scompigliava le reti dei pescatori, si dilettava in ogni sorta di dispetti. Quel piccolo ariete cominciò ad apparire anche di giorno, tanto da diventare una presenza abituale. Col maltempo e col freddo la gente se ne stava in casa e nessuno fece più caso a questo animale. L’Arno, dopo la Carraia, correva libero tra le canne e le alberete e la bestia avrebbe potuto essere scappata da qualche ovile, dove avrebbe fatto ritorno la sera, come è abitudine delle bestie.

In un giorno d’inverno e di bufera, quando chi attraversava il ponte era intento a reggersi le vesti e il berretto contro il vento che mulinava, un giovane riuscì a studiare, inosservato, le mosse del montone. Si accorse che appariva e spariva sempre sulla stessa pietra, e questo lo portò a pensare che il tesoro di Marrocchio fosse nascosto proprio là sotto. Sapeva che la mezzanotte era l’ora più adatta alle apparizioni e a quell’ora tornò. Puntuale l’uomo e puntuale il montone, allo scoccar dei dodici tocchi.

Il giovane, con un certo timore, si appressò all’animale, augurando pace a quello spirito; gli disse anche che, qualora fosse a conoscenza del mistero di un tesoro, gli avrebbe offerto il suo aiuto per liberarlo dall’inquietudine che il dover tenere il segreto gli procurava.Per tutta risposta, il montone si mise a tamburellare gli zoccoli sempre sulla stessa pietra e al giovane non fu difficile mantenere la promessa, ricompensata dalla scoperta di un bel gruzzolo d’oro.

L’anima di Marrocchio trovò pace, strappata al diavolo dal buon ariete, e nessuna apparizione turbò più il ponte e i passanti.  La Carraia era il ponte dei carri che andavano e venivano in città dalla campagna. Un greto renoso, un prato sulle rive e subito campi, alberi, aria libera. Da una parte all’altra, era sosta obbligata dei barrocciai che si fermavano a crocchio lungo le spallette, passavano, rallentavano, sostavano sul carro rosso di minio.

Lo zoccolare dei cavalli dall’allegra sonagliera cullava quel viaggio traballante sulle grandi ruote dal mozzo nero. Il sacco di fieno lasciava cadere ogni tanto qualche pagliuzza, indice di buon augurio. Ogni tanto, su quel carro, i barrocciai si sdraiavano come in un letto.
Il cavallo conosceva la strada del ritorno e cullava quel riposo nel monotono alternare dei suoi zoccoli stanchi.

Figure d’altri tempi, quasi leggendarie, come il piccolo ariete del ponte e lo spirito di Marrocchio, dal nome unico. Anche la Carraia, senza più i suoi carri, ha ormai un nome anacronistico.

Gabriella Bazzani Madonna delle Cerimonie
Pubblicità
Per soggiorni a Firenze negli appartamenti San Giuseppe 12 contattare:
For stays in Florence in the San Giuseppe 12 apartments contact
:
Antonino Sutera
+393497099832
antoninosuterauff@gmail.com

Cin IT048017C2WVJQ6CBW 
Il fantasma di Ponte alla Carraia
Tag:                         

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Traduttore