Nella famiglia di Andrea di Messer Lapo de’ Botti, agiato mercante fiorentino, nel 1332 nacque una bambina cui venne dato il nome di Villana.
Villana era una ragazzina timida, la figlia prediletta e viziata di Andrea; era molto bella e fin da piccola profondamente attratta dalla vita religiosa; si racconta che intorno ai tredici anni, forse più per curiosità che per vocazione, sia fuggita da casa per andare a bussare ad un convento nel quale voleva ritirarsi e dove non fu però ammessa.
Il periodo in cui visse Villana fu uno dei più movimentati e drammatici della città di Firenze. Vi fu la terribile alluvione del 1333, qualche anno dopo la tirannia del Duca di Atene che ebbe fine con la sua cacciata, vi furono a seguire i fallimenti dei grandi banchieri, Peruzzi e Bardi.
Come se tutto ciò non bastasse, nel 1348 la popolazione di Firenze venne decimata dalla Peste Nera: si conta che quasi centomila persone vennero falcidiate dalla terribile pandemia.
Chi riuscì a sopravvivere alla pestilenza, superata la grande paura, per reazione si abbandonò ai piaceri, predilesse la vita frivola.
Villana venne obbligata ad andare sposa di Rosso di Piero di Stefano Benintendi, fiorentino benestante, che la introdusse ad una vita dissipata nel fastoso e frivolo ambiente dei mercanti fiorentini. Dopo il matrimonio, perse ogni pudore e si lasciò trasportare nel turbinio della lussuria, tra feste e adulteri.
Desiderata da ogni uomo di Firenze, la giovane e bella Villana scivolò tra i vizi più peccaminosi. Una fonte dell’epoca la descrive così: “… la lussuria sfrenata di cui era capace, facendo per pochi fiorini cose che nemmeno la più accesa delle fantasie avrebbe potuto immaginare…”.
La sua vita era totalmente dedicata al divertimento che le procurava sempre più ricchezze, mentre la preghiera e la religione, che un tempo erano state per lei così importanti, erano completamente scomparse dalla sua esistenza.
Lo specchio era diventato il suo più grande amico, davanti ad esso trascorreva moltissimo tempo.
Una mattina però, mentre si truccava per l’ennesima festa mondana, guardandosi allo specchio non vide più il suo bel volto, davanti ai suoi occhi apparve un orribile mostro, lo specchio mostrava l’immagine del demonio. In preda alla disperazione, fece cadere a terra lo specchio e corse a guardarsi in tutti gli altri specchi della casa, ma in ogni specchio appariva sempre e comunque l’espressione compiaciuta del diavolo.
Villana capì che quello era un messaggio mandatole da Dio per riportarla sulla retta via, e pentita si recò nella chiesa di Santa Maria Novella, dove si confessò e si propose di vivere per espiare i propri peccati.
Dopo aver venduto tutti i suoi beni, si spogliò degli abiti eleganti, divenne terziaria domenicana, convertì il padre e convinse il marito a vivere una vita più sobria, rinunciò alla sua vita lussuriosa e, pur restando fedele ai suoi doveri coniugali, passava tutto il suo tempo libero in preghiera. Condusse una vita di straordinaria austerità, di preghiera e di assistenza ai bisognosi, particolarmente aiutò molte meretrici a redimersi. Provò anche a chiedere elemosine in strada per i poveri, ma questa attività venne giudicata scandalosa dai parenti, che gliela vietarono. Si ammalò gravemente di polmonite e sopportò penose prove e il 29 gennaio 1361, prima di morire, pur essendo agonizzante nel letto, volle indossare il bianco abito domenicano. Aveva soltanto 28 anni.
Dopo la morte venne portata nella Basilica di Santa Maria Novella e per un mese una folla di fedeli continuò ad avvicendarsi davanti al suo corpo esposto per darle l’estremo saluto, impedendo di fatto che venisse celebrato il rito funebre, tanto che la sepoltura le fu data soltanto trentasette giorni dopo la morte.
Venne beatificata da Leone XII il 27 marzo 1824.
La sua tomba, commissionata dal nipote, Sebastiano di Iacopo di Rosso Benintendi, fu scolpita da Bernardo Rossellino nel 1451 e si trova tuttora nella navata sinistra della chiesa.