La prima osteria di cui si abbia notizia certa è quella delle “Bertucce“, secondo il Carocci esisteva già nel 1400 ed apparteneva alla famiglia Lapi, dalla quale discendeva il celebre architetto e scultore Filippo di Ser Brunellesco Lapi; questa trattoria era già vecchia quando era frequentata con assiduità da Lorenzo il Magnifico.

Altra osteria notissima, ancora esistente nel 1700 era quella del “Porco“, così chiamata perché aveva per insegna una bella testa di maiale e fu condotta per molto tempo dalla famiglia Porcellini; era celebre per i granelli (cibreo), frittelle e carbonate (bistecche).

C’erano poi l’osteria del Fico, della Malvagia, di Vinegia, della Cervia, dell’Agnolo e molte altre ancora; il mangiare era buono, ma più che altro erano “mescite”, dove si gustavano ottimi vini.

I fiorentini più umili si fermavano di solito dal pizzicagnolo a mangiare pane e stufatino con le patate, oppure dagli ambulanti: i friggitori del Porcellino, il famoso Martini che vendeva maccheroni freddi in piazza del Granduca, la rosticceria Fila in Mercato Vecchio.

Tra i cibi che andavano per la maggiore, allora come oggi, c’erano la minestra in brodo, il baccalà al pomodoro, la trippa al sugo, pasta e fagioli, che si potevano gustare nelle numerose osterie: nel vicolo del Buco, nel chiasso dell’osteria della Palla, nel vicolo delle Bertucce, presso via dei Succhiellinai o, poco lontano, nell’Osteria della Malvagia, ecc.

Famosa l’osteria del Lunghino a porta S. Frediano, mentre nel 1795 era in costruzione in via Frusa, fuori porta alla Croce, un’osteria di proprietà della Comunità, per i frequentatori del vicino mercato dei maiali.

Un panino e un bicchier di vino si potevano mangiare anche nelle bettole e nella “canove” di vino: in via del Parione ce n’era una condotta da una donna che abitava nella vicina via delle Terme, che gettava rifiuti ed altre “piacevolezze” dalla finestra.

Solo col passare degli anni le trattorie divennero luoghi caratteristici, ricercati soprattutto dai forestieri: tra le molte esistenti, ricordiamo quella antica della Cervia in via degli Speziali; quella della Tinaia alle Cascine; del Dottore, specializzata in pesce fritto, alla Piagentina, dopo le Molina sull’Arno.

Venendo a tempi più recenti, quando Firenze era capitale (1865 – 1871), i locali più in voga erano il “Doney et Neveux“, aperto dal signor Thompson, e il restaurant “Leonzi” in Via Panzani.

In Via Calzaioli c’erano molte trattorie: la Toscana, La Fenice, la Stella, la Patria e la fiaschetteria Melini; la migliore era considerata la Luna, in via Condotta; ottimo anche Gigi Porco (ricordato persino dal Carducci) in via de’ Pucci; e poi ancora le Antiche Carrozze in borgo SS. Apostoli, la Vecchia Vespa in via del Parioncino (oggi c’è il Coco Lezzone).

Ricordiamo ancora il ristorante Paoli (tuttora esistente), fondato nel 1824 e il ristorante Giovacchino (1894) in via Tosinghi.

Erano state aperte anche le “buche” ricavate dagli scantinati dei palazzi e delle case. La prima fu la Buca del Lapi in via del Trebbio (fondata nel 1879), poi vennero la Buca Mario, La Buca di San Giovanni, la Buca Niccolini e La Buca di San Ruffillo in piazza dell’Olio.

Ricordiamo, infine, la bottiglieria ristorante Aglietti, in piazza Vittorio Emanuele II (piazza della Repubblica), fondata nel 1867 da Giuseppe Aglietti, frequentatissimo e celebre per i suoi ottimi vini; al mercato settimanale di Piazza della Signoria, tra mediatore e fattore, nel corso della trattativa per vendere il vino non era raro udire frasi come: “questo vino potrebbe figurare dall’Aglietti”.

Gabriella Bazzani

Il cibo della povera gente: bettole, osterie e trattorie
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