In una vetrina di cappellaio, in via Calzaioli, venne esposto nel luglio del 1869 un cappello sul quale spiccava un cartello con questa scritta: “Cappello Lobbia”. Era un cappello molto elegante, tra duro e floscio, con le tese abbastanza larghe rialzate ai lati e il cucuzzolo, abbastanza alto, diviso nel mezzo.

Ma perché l’intraprendente cappellaio di via Calzaioli gli aveva dato il nome di Lobbia? La cosa, in quei giorni caldi, era spiegabilissima, perché quello di Lobbia era il nome del deputato più discusso della Camera italiana, formata da 500 membri, i quali si riunivano in Palazzo Vecchio, nella Sala Grande.

L’onorevole Cristiano Lobbia, deputato di Thiene, aveva provocato un’inchiesta parlamentare, mostrando nel salone dei Cinquecento un voluminoso incartamento, nel quale, secondo lui, ci sarebbero state le prove della corruzione nell’ “Affare della Regia”. Ciò sarebbe stato ben poco se, nel giorno in cui egli doveva mostrare le carte compromettenti, non fosse stato trovato ad una cantonata di Via dell’Amorino, mezzo morto, in seguito ad una misteriosa aggressione.

Fu colpito da una gran botta in testa (che infossò il suo cappello) e da tre pugnalate al petto, tra l’indignazione di Firenze e dell’intero Regno Italiano. Poiché le presunte prove del grosso plico non provavano nulla, lo scandalo della Regia si afflosciò e sorse il sospetto che l’aggressione di Via dell’Amorino fosse stata simulata o provocata dai compari del Lobbia, allo scopo di rendere lo scandalo ancor più… scandaloso.

Si ebbe ugualmente uno strascico di querele e di contro querele, di giurì d’onore e di duelli, mentre i monelli fiorentini andavano cantando per la strada una canzone col ritornello: ” E gli ha ragione il Lobbia”.

Il cappellaio di Via Calzaioli aveva pensato di sfruttare la popolarità di quel nome, esponendo l’elegante cappello, che da quel momento venne chiamato “Cappello a Lobbia” o semplicemente “Il Lobbia”.

Il cappello a lobbia
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