Il Caffè Greco di via condotti a Roma: con un pizzico di Firenze

Il successo del libro di Thomas Coryat Coryat’s Crudities del 1611 è spesso considerato come l’inizio della mania per il Grand Tour. Mentre l’espressione Grand Tour sembra aver fatto la sua comparsa sulla guida The Voyage of Italy di Richard Lassels, edita nel 1670.

Il Grand Tour erano viaggi, fatti da parte di giovani istruiti provenienti altri paesi europei, come la Germania e la Francia. Questo tipo di viaggio divenne alla moda anche per le giovani donne.

Il Grand Tour era spesso verso l’Italia. Un viaggio con la zia nubile in qualità di chaperon faceva parte della formazione della nobiltà e della signora d’alto ceto. Anche Johann Wolfgang von Goethe, realizzò il suo Grand Tour in Italia dal 1786 al 1788, periodo in cui scrisse il suo famoso “Italienische Reise”. Durante il loro Grand Tour i pittori inglesi Jonathan Richardson il Vecchio (1665-1745) e suo figlio Jonathan Richardson il Giovane (1694-1771) realizzarono uno dei primi libri guida: u”An Account of Some of the Statues, Bas-Reliefs, Drawings, and Pictures in Italy (1722)”.

Ovviamente Roma era parte di questo viaggio d’istruzione. Tra i luoghi di aggregazione degli artisti  e della intellighenzia straniera presente a Roma brilla il Caffè Greco, che divenne col tempo una sorta di piccolo museo, raccogliendo via via alle pareti opere degli avventori. I nomi di questi avventori furono prestigiosi. Alla fine del XVIII  secolo il Caffè Greco divenne il ritrovo preferito di artisti e intellettuali tedeschi che si trovavano a studiare in Italia, qui si sono cosi seduti alle sue tavole per discutere di letteratura, filosofia e arte.

Divenne col tempo oltre ad un locale pubblico una sorta di piccolo grande museo, raccogliendo via via alle pareti opere di artisti di gran nome, che ha poi indotto nel secolo scorso il Ministero della pubblica istruzione a dichiarare il Greco luogo di interesse particolarmente importante, sottoponendolo a vincolo.

La storia veramente straordinaria del caffe Greco fu raccontata a fine ottocento da un poeta romano: Cesare Pascarella. Tra i gestori, secondo il racconto del  Pascarella, una figura secondaria di cui nemmeno il nome era ricordato: un tale Carnesecchi. Il racconto di Pascarella si è cristallizzato col tempo sino a diventare uno stereotipo culturale sempre ripetuto e quindi una verità. Ma anche i “grandi” sbagliano. Infatti la letteratura straniera ci dice cose, che messe insieme, tracciano una storia completamente diversa relativa alla preistoria del Caffè Greco.

Il Carnesecchi è in realtà la persona a cui, probabilmente, si deve attribuire l’inizio della collezione d’arte. Giuseppe Carnesecchi (cosi si chiamava) nel 1797  accolse il grande scultore danese Thorvaldsen, che giungeva a Roma con una lettera di raccomandazione di Ernst Morace (incisore tedesco), ed è lo stesso Giuseppe a comperare nel 1805, per il Caffè Greco, un “paesaggio eroico” da Anton Koch.

Cosa c’entra Firenze?

Carnesecchi è un cognome toscano e fiorentino. Infatti Giuseppe Carnesecchi aveva il padre nativo di Bellosguardo, Serafino di Giovan Domenico nato nel 1712 e battezzato in San Vito e Modesto (Registro 79 battesimi Duomo). Serafino si trasferì a Frascati intorno al 1752 e vi rimase sino al 1754 per poi trasferirsi a Roma. In quel tempo Giuseppe aveva nove anni.

Questa  diversa visione della preistoria del caffè potrebbe spostarne indietro la data di inizio attività (ora 1760), collegandola a Giuseppe e Serafino Carnesecchi. Un racconto estraneo a Firenze?  Dal 1890 la cultura romana attribuisce il successo di questo caffè leggendario, al Salvioni romano. magari, invece, in buona parte, è dovuta ad un fiorentino

Pierluigi Carnesecchi

Il caffè Greco di via condotti a Roma: con un pizzico di Firenze
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