E’ il 1958. Capo dello Stato italiano è Giovanni Gronchi, toscano, a suo tempo sindacalista bianco e ministro nel primo governo Mussolini. Presidente del Consiglio è Adone Zoli, romagnolo, democristiano come Gronchi; la sua famiglia vicina a quella Mussolini, ma lui fu antifascista già nel 1919.
Esplode il Boom! Esplode il Miracolo Economico Italiano il cui germoglio fu gettato fra il 1956 e il 1957. Il Made in Italy conquista il mondo. Per la prima volta nella Storia, la Moda italiana supera la Moda francese. Si vendono manufatti italiani sia negli Stati Uniti che in Germania, Gran Bretagna, Svezia, Norvegia, e poi Sudamerica. La Ferrari, la Maserati, la Lancia spopolano fra gli inglesi, spopolano sia a Londra che a Manchester, Liverpool, Newcastle. La Vespa dal canto suo non ha rivali. Il nome “Piaggio” è pronunciato con ammirazione da genti di mezzo mondo. Nasce la Moda Positano, concepita e creata appunto nel gioiello della Costiera Amalfitana. Sotto la guida di Enrico Mattei, l’ENI dai Paesi arabi compra ottimo petrolio a prezzi vantaggiosi: d’inverno nelle case italiane non aveva mai fatto così caldo!
Nel Cinema si affermano registi come Germi, Bolognini, Pietrangeli; altri ancora. Balzano sulle scene attrici come Marisa Allasio, Elsa Martinelli, Gina Rovere mentre consolidano le proprie posizioni Silvana Pampanini, Delia Scala, Valentina Cortese. Arrivano intanto aitanti attori come Franco Salvatori, Alberto Farnese, Gastone Moschin.
A sorpresa, Domenico Modugno al Festival della Canzone di Sanremo, trionfa con “Volare!”, il motivo che farà ben presto il giro del mondo!
Negli Stati Uniti, Capo della Casa Bianca è il repubblicano Eisenhower, e in America ci si scervella su come rincorrere nello Spazio l’Unione Sovietica che nell’ottobre dell’anno prima ha lanciato con successo “Sputnik”, la famosa “luna rossa”!
Sindaco di Firenze è il commissario prefettizio Lorenzo Salazar mentre, dopo lo “scudetto” del 1955-56, la Fiorentina acchiappa in “Serie A” il suo secondo posto consecutivo.
Firenze è ancora “il salotto d’Italia” e viver appunto a Firenze, per molti è gioia, appagamento, felicità. Firenze vuol sempre dire stile, classe, buon gusto, misura.
NOI, CON L’ARGENTO VIVO ADDOSSO!
E nel 1958, Sandro e io rubiamo biciclette…! Abbiamo tutt’e due 11 anni e mezzo, sicchè siamo coetanei: siamo coetanei con l’argento vivo addosso! Una se ne fa, mille se ne pensano… ‘Un ci son limiti alla nostra aria parecchio scanzonata…
Viviamo entrambi in Via San Gervasio, al Campo di Marte. In sede di pura cronaca, l’idea è sua… Così, a gennaio, e col necessario favore delle tenebre, lui e io, ancora in calzoni corti, si va alla caccia di bicilette! Ci si va nel semi-circolare e alberato Viale Manfredo Fanti; nella vicina e sonnolenta Via Duprè, nelle altrettanto sonnolente Via Medici, Via Bixio, Via Volturno, Via Castelfidardo. Così! Per gioco! Per grande divertimento! Ma il posto da noi preferito è Viale Fanti… Là son numerose le biciclette! Biciclette di grande attrattiva… Le marche? Prestigiose: Bianchi, Legnano, Wolsit! Si pigliano con gran destrezza, le si montano rapidi e si fila via felici e contenti nel buio invernale. Se ben ricordo, noi due ci si spinge fino a Via Aretina, Via Gioberti, Piazza Beccaria. No che ‘un ci ferma nessuno! Ci si sente liberi… Ci si sente onnipotenti… Sandro a squarciagola canta esuberante una canzone parecchio in voga a quel tempo: “Oggi mi sento milionario perché ho il cuore in paradiso”! E via così. Io gli sorrido compiacente e lui va avanti gioioso con la melodia. I nostri occhi scintillano… I nostri muscoli bene rispondono: o gente, s’aveva undici anni! Firenze era nostra… Nostro il Mondo!
RAGAZZI, RAGAZZI DI UN’EPOCA IRRIPETIBILE
Se ben rammento, a volte ci si fermava in una friggitoria dalle parti di Piazza Antonelli – forse in Via Centostelle – e magari con 100 o 150 Lire si compravano ciambelle, bomboloni fritti e chinotti! La felicità! Quindi, scapigliatissimi, si rimontava di corsa in bici e s’andava verso la prossima meta. S’era come divorati dalla voglia dell’avventura… Divorati dall’idea di misurarci con noi stessi e di misurarci col “resto del Mondo”… Bici dopo l’altra, nulla ci spaventava. S’era ragazzi di quell’epoca, di un’epoca irripetibile e per noi magnifica. Ci si faceva “belli” con la ragazzine che incrociavamo al lume di lampioni in Viale Fanti, Viale Malta, Via Cialdini, perfino in Via Campo d’Arrigo che però la ‘un ci garbava: troppo “squallida”, troppo “monotona”… Le fanciulle, retta però ‘un ci davano! Con istinto appunto femminile, dovevano aver capito che qualcosa non andava davvero…! Dovevano aver capito che Sandro e io non eravamo quelli da frequentare…
Ma le biciclette?? Le biciclette Sandro e io con puntualità le lasciavamo un paio d’ore dopo, a un 100 o 200 metri da dove le avevamo rubate… E’ possibile che in quei giorni, e di punto in bianco, le togliemmo a chi ne aveva estremo bisogno: il bisogno d’andare al lavoro e di tornare dal lavoro. Le togliemmo a gente angosciata perché più non le trovava e doveva andare a cercarle chissà dove, sotto la pioggia fredda, al gelo della Tramontana… Era triste. Era cupo. Era drammatico. Il sollievo del ritrovamento spesso a ben poco serviva: restavano il disappunto, lo sdegno, la riprovazione. Specie nei fiorentini di quell’epoca oramai remota. Anzi, giungeva l’amaro sospetto che tutto quello potesse ricominciare… Lui, il capofamiglia: preoccupato e nervoso; lei, la moglie: addolorata per le sventure del consorte. Muti e anch’essi malinconici i figlioli, le figliole!
Che cosa non avevamo combinato, Sandro e io…
FINE DELL’AVVENTURA…
Ma arrivò la fine che, dopotutto, doveva arrivare… Sarà stato il marzo del 1958… A casa sua Sandro un bel giorno vide piombar su di sé il padre burbero, autoritario, ancora atletico… I ceffoni e i cazzotti che in quei momenti Sandro prese in silenzio e a capo chino… Il babbo tutto aveva scoperto… Sicchè, dura e giusta punizione per il figliolo “scellerato”, “incosciente”. Per il figliolo parecchio “sorprendente”… Sandro, sempre lindo, ben pettinato, fresco! Il ragazzo “a puntino”… Quello “a modo”…
Sandro me ne parlò rattristato un giorno nella nostra strada, appunto, Via San Gervasio. Me ne parlò in modo stringato: l’imbarazzo lo provava ancora!
Biciclette, più non ne rubammo… Chiudemmo insomma la parentesi…
Ecco: Firenze. Firenze Millenovecentocinquatt’otto. Il tempo che da allora è passato… Ci ripenso con immutata, e immutabile, nostalgia. Biciclette a parte!