Quante volte abbiamo camminato per le strade di Firenze ed alzato lo sguardo per individuare la targa recante il nome della via o per semplice curiosità o per rassicurarci che il nostro percorso fosse quello giusto!
Ci siamo mai chiesti a partire da quale periodo le vie, i vicoli, le piazze, sono state indicate con cartelli o, per usare un sinonimo, con targhe?
Bisogna ritornare indietro nel tempo a quando il 23 settembre 1785 fu approvata la proposta del priore della prima borsa, Ascanio Pitti, di apporre a tutte le strade della città un cartello indicante la loro denominazione. Dato che il granduca Pietro Leopoldo aveva deciso di lasciare al Magistrato della comunità la libertà di decidere in merito alla apposizione dei cartelli con i nomi delle vie, fu dato subito dopo ad Ascanio Francesco Pitti l’incarico di soprintendere a questi lavori, incarico a cui poté far fronte per pochi mesi perché, a seguito della sua morte, nel 1787 il compito passò a Pier Francesco Amerighi, priore della terza borsa.
Nel marzo del 1786 fu presa visione della relazione del professore e marmista Bartolomeo Buoninsegni che proponeva di apporre all’ inizio e alla fine di ogni via o cartelli di intonaco a fresco, che erano già stati collocati per prova in alcune strade verso Porta al Prato, o cartelli di marmo che avrebbero richiesto una spesa maggiore, ma sicuramente più stabili e duraturi nel tempo.
L’amministrazione comunitativa decise di far realizzare cartelli di calcina a buon fresco perché più economici e di incominciare ad apporli nel quartiere di Santa Maria Novella. Solo in alcuni luoghi “più rispettabili” si optò per cartelli in marmo, come alla Dogana, a Palazzo Vecchio, in piazza del Granduca, alle Poste. Si dava però facoltà ai privati di porre a loro spese cartelli di marmo, ma rispettando l’altezza di sette braccia e le misure fissate, in modo da contenere comodamente i necessari nomi delle strade.
Come già aveva predetto Bartolomeo Buoninsegni, i cartelli di calcina a buon fresco, soggetti facilmente all’usura, via via nel tempo, dovettero essere rifatti. Più volte fu ordinato di sostituire i cartelli deteriorati recanti i nomi delle strade e di far riapporre ai proprietari di stabili i cartelli stradali ed anche i numeri civici, tolti in occasione di lavori ai loro stabili.
Tra il 1826 ed il 1828, al termine di considerevoli interventi, effettuati dalla Comunità per restauri dei lastrici, delle vie e per la costruzione di fogne, si pensò più opportuno apporre cartelli di marmo più duraturi, solidi e resistenti alle intemperie, per indicare i nomi delle vie, in sostituzione di quelli precedenti.
Dopo la formazione del Regno Unito d’Italia furono poi installate per la prima volta anche targhe in porcellana bianca, prodotte dalle fornaci Ginori di Doccia. Erano di forma ottagonale con i toponimi e la cornice dipinti in blu cobalto. Ancora oggi, girando per la città o anche nelle zone limitrofe, abbiamo tanti esempi di queste targhe, senza dubbio più belle e decorative.
Soffermiamoci a guardare alcuni esempi di questi cartelli in via del Crocifisso, via Giosuè Carducci, via dei Bardi, in via della Vigna Vecchia, via delle Mulina di Sant’ Andrea ed in tante altre vie, vicoli e piazze e sicuramente rimarremmo affascinati dalla forma di questi cartelli e dalle linee e scritte blu cobalto che risaltano sullo sfondo bianco lucido.
ma qualcuno sa che font hanno usato?
Bella domanda, personalmente non lo so.
Jak