In molti conoscono la storia dei 5 martiri che furono fucilati il 22 marzo 1944 presso lo stadio Artemio Franchi di Firenze, ma per chi non la conoscesse la vicenda si svolse cosi:
Il 6 marzo 1944 alcuni partigiani occuparono Vicchio, si trattava di un attacco operato dalla formazione garibaldina “Faliero Pucci-Stella Rossa”. La formazione partigiana lasciò il paese subito dopo e la risposta all’attacco partigiano, da parte di un reparto militare della GNR fiorentina, coadiuvato da una pattuglia della Ettore Muti e da alcune unità tedesche, si svolse all’alba del 12 marzo 1944. Non riuscendo a intercettare i partigiani i militari rastrellarono la zona e catturarono 30 renitenti alla leva che furono sospettati e accusati di appartenere alle bande partigiane. Fra questi vi erano dei giovani contadini e un aviere sardo che si era imboscato presso una famiglia contadina in quel di Gattaia. I renitenti furono condotti a Firenze e qui sette dei trenta furono processati e condannati a morte da un tribunale speciale militare fiorentino, insediato nel febbraio 1944 da Enrico Adami Rossi, generale di corpo d’armata, e presieduto dal generale Raffaele Berti.
Qua sotto “La Nazione” N° 71, ritrovata assieme alla lettera originale di Guido Targetti, dove è riportato in un trafiletto la notizia della fucilazione.
Si trattava di Antonio Raddi, 21 anni, di Vicchio, Leandro Corona, 21 anni, di Maracalagonis, Ottorino Quiti, 21 anni, di Vicchio, Adriano Santoni, 21 anni, di Vicchio, Guido Targetti, 21 anni, di Vicchio, Raddi Marino e Bellesi Guglielmo. Tutti e sette condannati a morte, ma gli ultimi due furono graziati e arruolati.
La fucilazione avvenne ai piedi dello Stadio Artemio Franchi, in viale Maratona (attualmente Viale Pier Luigi Nervi). All’esecuzione assistettero obbligatoriamente alcuni cittadini recuperati nei dintorni ed anche dei soldati, probabilmente qualcuno anche degli altri 25 arruolati d’ufficio. Lo scopo era intimidatorio dato che il tribunale militare presieduto dal Berti aveva come funzione quello di sanzionare e punire la renitenza alla leva di Salò. Nonostante questo alcuni militari del plotone d’esecuzione spararono in aria, ma a nulla valse il loro tentativo di salvare i condannati che furono finiti a colpi di pistola in testa dal capitano Armando Ciccarone e da il capitano Mario Carità (comandante il Reparto Servizi Speciali della 92. Legione della GNR).
Oggi sono ricordati come martiri, ma all’epoca chi sa quante persone li hanno ingiuriati di viltà, di mancanza di amor patrio, di egoismo dato che non volevano combattere per tutti gli italiani e il fascismo.
Saranno stati additati da tutte quelle persone inneggianti sotto Palazzo Venezia e che poi, dopo, sono stati i primi a dichiararsi antifascisti.
Fatto sta che i riconoscimenti arrivano sempre dai “regimi” successivi; infatti è possibile trovare all’Artemio Franchi la targa commemorativa ai cinque martiri.
Addirittura il 25 aprile 2008, durante la festa della liberazione all’Altare della Patria a Roma, sono stati ricordati e insigniti della medaglia d’oro al valor civile dal Presidente della Repubblica.
Inoltre ogni anno presso il sacrario presente all’Artemio Franchi viene deposta una corona d’alloro e celebrata una messa.
Questa la storia dei cinque martiri, ma noi in particolare di uno volevamo aggiungere un inedito. Si tratta della lettera scritta da Guido Targhetti, prima di essere fucilato, ed indirizzata al fratello. Il testo della lettera è conosciuto, ma noi abbiamo avuto l’occasione di leggere e fotografare la lettera originale e vogliamo rendere partecipi i nostri lettori di questo ritrovamento.
La lettera è stata ritrovata da Francesca Cardini all’interno di uno dei libri del padre, libro che gli era stato donato da Aldo Parrini. Vi mostriamo qua sotto la lettera originale che mai prima è stata pubblicata. Lo stesso Leandro Corona nel suo scritto che potete leggere QUA, ne mostra solo una fotocopia.
Questo il testo:
“Carissimo fratello
E’ tardi ormai di questo giorno ma comunque sia spero che queste righe che ti scrive il tuo fratello, che si trova attualmente in unpo’ brutte condizioni ti facciano sempre piacere. Io ti ho voluto sempre bene e se qualche volta con i miei atti ti ho recato dolore ti prego volermi perdonare.
Ho avuto tue notizie da parte del Signor direttore che a casa stanno tutti bene anche mamma, che io in ogni momento della mia vita ho sempre tenuta sul cuore come donna unica nel mondo, e per la quale pregherò finché sto in vita. Un’altra volta vi prego tutti quanti perdonarmi se qualche volta senza saperlo vi ho recato qualche dolore, credetemi che ciò non di meno non ho mai mancato di volervi bene e vi chiedo un’altra volta perdono se in una maniera o l’altra vi avrei offeso.
Se il Padre eterno e la nostra Madonna adorata non ci permettessero di vederci e salutarci ancora in questa valle di lacrime state tranquilli che ci vedremo presto in un altro mondo migliore e più bello tutti riuniti in famiglia. Tanti baci e tanti cari abbracci, e un’altra volta perdono di tutto – tuo fratello
Targetti Guido
Qui si trova anche Aleandro Mordino insieme, anche lui tenetelo”
Non dobbiamo mai smettere di trasmettere testimonianze come questa alle nuove generazioni, affinchè sappiano e si rendano conto di quanto sangue, lotte e sacrifici abbia richiesto il diritto che hanno loro oggi di poter vivere in una democrazia come la nostra. Il grosso rischio che corriamo quotidianamente, ora che l’eco di quelle lotte si è spento nel racconto di chi l’ha vissute per ovvi motivi anagrafici, è che i diritti democratici appaiano agli occhi dei giovani come un elemento inossidabile , inalienabile e acquisito che non potrà mai essere scalfito, nè debba essere difeso. Ebbene non è cosi. Ogni giovane dovrebbe leggere e conoscere il discorso fatto da Piero Calamandrei proprio ai giovani sulla Costituzione della Repubblica Italiana. Proprio da lì bisognerebbe ripartire.
Ad occhio e croce lei è già in forte ritardo, siamo già andati oltre i concetti di Democrazia a cui eravamo abituati. Il bello è che in pochi si rendono conto di quale deriva abbia seguito il nostro paese e quindi sono in tanti a non capire che moltissimi di quei concetti democratici sono già stati alienati, e non si tratta solo di giovani, ma anche di persone più che adulte che non si accorgono di nulla. La Democrazia è quando il popolo sceglie, non quando il mercato dispone. Le crisi sono necessarie per spostare la Sovranità ad un livello superiore, disse Monti, e quel livello superiore non è il popolo. Svegliarsi, sarebbe ora.