Così nasceva, nel 1823, uno dei locali più amati di tutta Firenze: un caffè con annessa pasticceria e “confettureria” il Gran Caffè Doney.
Il signor Gasparo Doney, un nobile francese che dopo la sconfitta di Napoleone era caduto in disgrazia, venne allontanato dalla famiglia, e decise di stabilirsi a Firenze. Qui aprì una sala da tea, in Via del Castellaccio, nella quale serviva pasticceria francese, specialità che si faceva arrivare direttamente da Parigi.
Per Firenze si trattava di una novità, ed il locale raccolse un discreto successo, a seguito del quale il signor Doney decise di trovare una collocazione più elegante, e si trasferì nel Palazzo Altoviti Sangalletti, in via dei Legnaiuoli.
Un tempo la nobiltà fiorentina si riuniva al caffè del Castroni, in Via Calzaioli, o al Caffè Lorandini, in via della Ninna; quando Doney aprì il suo caffè, i locali che fino ad allora avevano brillato, andarono pian piano eclissandosi, di fronte all’eleganza, all’aristocrazia del locale e al fascino creato dal sentir parlar francese, con la “R moscia”, che faceva tanto bon ton.
A frequentarlo erano la borghesia fiorentina, gli aristocratici e i politici, ma la mattina presto vi si fermavano a prendere il caffellatte col “semelle” imburrato anche le massaie del contado dirette al Mercato Centrale.
Grazie alla vicinanza con il Gabinetto scientifico letterario aperto da Giovan Pietro Vieusseux nel 1819, il Caffè Doney era frequentato da illustri intellettuali e letterati che spesso si trasferivano nel locale per trascorrere la serata.
Le bibite del Caffè Doney ed i suoi gelati erano inappuntabili, i suoi sciroppi e le sue paste erano una naturale calamita che attirava tutti, golosi e non. La pasticceria viene ricordata nell’Orlando Innamorato del Berni, in cui viene celebrata come una cosa rara venuta da oltralpe:
“Vivande preziose d’ogni sorte
Tutte dal cuoco Franzese ordinate
Sapor, Pasticci, lessi, arrosti e torte”.
E naturalmente, non sono da dimenticare il caffè e la cioccolata che qui venivano serviti.
Veniva chiamato anche Caffè delle Colonne, per via delle quattro colonne che sostengono le volte della sala, che era decorata da fregi dorati disegnati su fondo bianco.
Qui si ritrovava anche la comunità inglese fiorentina, dato che il locale si trovava poco distante dal Consolato Britannico, in Lungarno Corsini; quando Mussolini attaccò l’Etiopia nel 1935, gli inglesi espressero tutta la loro indignazione e questa loro manifestazione venne punita da squadroni fascisti che fecero violente incursioni proprio al Caffè Doney.
Fu qui che Hitler e Mussolini cenarono insieme nel loro incontro a Firenze.
Il caffè Doney fu uno tra i primi locali ad essere illuminati dalle lanterne; era una vera e propria istituzione per la città di Firenze, un tempio sacro della cronaca mondana e della storia fiorentina degli ultimi due secoli. A cavallo degli anni sessanta e settanta Doney, oltre essere di gran moda, svolse un ruolo di primo piano per incontri di affari internazionali, con appuntamenti di lavoro presi addirittura direttamente da oltremare.
Ricevimenti, matrimoni, servizi di catering sia in abitazioni private che in locali pubblici, tutto quello che Doney organizzava diventava un vero e proprio evento, un tocco di classe in più, un fiore all’occhiello che nobiltà e borghesia potevano appuntarsi sul petto. Nel periodo delle sfilate di Pitti, tutti i più importanti ricevimenti venivano organizzati da Doney.
Nel 1985 il Caffè Doney ha dovuto soccombere dinanzi all’ennesimo negozio di lusso che popola via Tornabuoni, e con lui è finita un’epoca. Ancora oggi i fiorentini piangono la sua assenza ed il fascino che emanava da quelle vetrine.