Girolamo Segato, cartografo, egittologo, esploratore ed esperto di pietrificazione, nato a Vedana (Belluno) e fiorentino di adozione, vissuto nel diciottesimo secolo a Firenze, portò nella tomba il segreto del suo procedimento per ottenere l’incorruttibilità dei corpi dopo il decesso.
Lo speciale processo, carpito addirittura agli antichi egizi secondo la tradizione, non venne mai rivelato ai posteri dallo studioso per disgusto, a quanto sembra, nei confronti del Granduca di Toscana che gli aveva rifiutato i fondi per proseguire i suoi esperimenti.
La portata della sua attività è ben riassunta nell’epitaffio che decora il sepolcro in cui riposa, all’interno di Santa Croce:
“Qui giace disfatto Girolamo Segato, che vedrebbesi intero pietrificato, se l’arte sua non periva con lui. Fu gloria insolita dell’umana sapienza, esempio d’infelicità non insolito“.
La sua rilevanza deriva infatti dalla sua insolita invenzione, che viene ricordata come “pietrificazione” ma che consiste in realtà in un processo di mineralizzazione di cadaveri, grazie ad un trattamento che consentiva la perfetta conservazione e al contempo, il mantenimento del colore e dell’elasticità dei tessuti organici.
La peculiare formazione di Segato, che lo portò a mettere a punto questa singolare tecnica, sembra doversi riconnettere ai suoi studi di egittologia, che approfondì con visite sul campo nella terra dei Faraoni. Nell’estate del 1820 viaggia per ottanta giorni nel deserto, mentre nel 1822 raggiunge la piramide di Abu-Sir che esplora da solo rimanendo tre giorni consecutivi, senza mai uscire, a 15 metri sotto terra. Rientra quindi a Il Cairo, ma questa esperienza lo ha profondamente sconvolto e trasformato.
Basta dare un’occhiata ai prodotti dei suoi esperimenti, alla pietrificazione, condotti dopo essere rientrato a Firenze, conservati nella sezione di anatomia del Museo di Storia naturale, a Careggi, per rendersi conto: scalpi e volti femminili essiccati, busti di donna ridotti a sottili membrane di epidermide, con tanto di capezzoli e aureole, sangue rappreso lavorato a forma di pendente di orecchino, feti irrigiditi di varie età gestazionali, peni e testicoli nonché interi apparati genitali e riproduttivi femminili fatti diventare duri come pietre.
In effetti, il processo di “pietrificazione” sembra riconducibile all’antica tecnica dell’imbalsamazione, al punto che, all’epoca, si arrivò addirittura a favoleggiare che Segato raggiungesse i propri risultati dopo aver carpito i segreti della Magia egizia.
Decise di distruggere gli appunti relativi alle sue scoperte circa il processo di “pietrificazione” dopo aver subito il rifiuto del Granduca di Toscana, al quale aveva offerto un tavolo di carne pietrificata, di finanziare le sue ricerche.
Avrebbe forse voluto svelare le sue scoperte in punto di morte ma, a quanto si racconta, morì improvvisamente.
Nonostante questo, ci rimangono oggi, presso l’Istituto di Anatomia Umana Normale dell’Università degli Studi di Firenze, i campioni dei suoi esperimenti, in cui Segato applicava il processo di mineralizzazione solitamente a parti anatomiche umane, ma anche a cadaveri di pesci, animali.
Il più curioso esempio della sua attività è nientemeno che una fetta di salame pietrificata.
E, a dispetto di tutti gli studi effettuati sulle sue residue realizzazioni conservate a Firenze, il processo di conservazione di Segato, ancora oggi unico nel suo genere, rimane un segreto inviolato.