Il Papa Medici Leone X suo parente e protettore, stipula un accordo con l’Imperatore Carlo V contro i francesi di Francesco I, nella guerra per riportare a Milano. Giovanni combatte agli ordini di Prospero Colonna, al comando delle “Lance Spezzate”. Nel novembre del 1521 si copre di gloria a Vaprio d’Adda. Le “bande” devono superare il fiume in piena, controllato dai francesi. Con sprezzo del pericolo, si getta nell’Adda seguito da duecento uomini, risale l’altra sponda, attacca e mette in fuga gli avversari. A seguito di questa vittoria, pochi giorni dopo sono conquistate le città di Pavia, Milano, Parma e Piacenza.
Nel mese di dicembre dello stesso anno viene a mancare il suo protettore Leone X. Per dimostrare quanto sia rimasto colpito dalla morte del Papa Medici fa abbrunare le sue insegne in segno di lutto. Fino a quel momento erano bianche e viola, venendo da allora conosciuto come Giovanni dalle “Bande Nere“.
Viene ingaggiato dal Re di Francia Francesco I, nella guerra contro l’Imperatore del Sacro Romano Impero Carlo V. Nel marzo 1522 raggiunge le truppe transalpine al comando del Maresciallo Lautrec Visconte Duca di Montmorency impegnate nella battaglia della Bicocca vicino Milano. Benché i francesi e le “Bande Nere” fossero in numero superiore, vengono sconfitte dagli archibugieri di Prospero Colonna. Giovanni ferito ad un braccio si ritira a Cremona per curare la ferita. Il Maresciallo francese Thomas de Foix-Lescun detto “Lo scudo”, firma un accordo con il Colonna per far cessare le ostilità. Giovanni venuto a conoscenza di ciò, protesta vivamente, ma il Maresciallo paga le “Bande” che si sciolgono.
Nello stesso anno, viene ingaggiato dalli imperiali, successivamente nel gennaio 1524, sorprende mentre dormiva il comandante francese Pierre Terrail de Bayard detto “Baiardo” e lo costringe alla fuga con i suoi uomini. In questa battaglia il Medici e il Marchese di Pescara Fernando Maria d’Avalos fanno 300 prigionieri francesi. A Caprino bergamasco Giovanni si scontra con 5000 svizzeri scesi dalla Valtellina, per riunirsi con i soldati di Francesco I e li ferma. Dopo questa battaglia il Re francese si ritira e con i suoi uomini torna in Francia.
A Roma morto il Papa Adriano VI, viene incoronato dai Cardinali riuniti in Concistoro, Giulio de’ Medici figlio di Giuliano de’ Medici ucciso nella congiura dei Pazzi, assume il nome di Clemente VII. Il Pontefice appena eletto, paga tutti i debiti contratti da Giovanni, in cambio gli ordina di mettersi al servizio del Re francese. Francesco I valicò le Alpi, entrò in Lombardia schierandosi sotto Pavia, venne sconfitto e imprigionato.
ULTIME BATTAGLIE E MORTE DEL GRAN DIAVOLO
Nella battaglia finale le Bande Nere non ci sono. Giovanni è stato ferito ad uno stinco in una scaramuccia da un colpo di archibugio. Viene portato a Piacenza per essere curato da Maestro Abramo inviato dal Marchese di Mantova. Ma constatata la gravità della ferita, viene trasferito ad Abano Terme per curarla al meglio. Durante il periodo di convalescenza è avvicinato da inviati della Repubblica di Venezia, che gli offrono di mettersi al servizio della Serenissima, ma rifiuta con una battuta memorabile: Io troppo giovane per lei, lei troppo vecchia per me!
Con il ritorno in libertà di Francesco I (aveva dato all’Imperatore i suoi figli in ostaggio), nel mese di maggio del 1526 a Cognac, con l’ispirazione del Pontefice viene formata una Lega (chiamata Lega del Cognac) con la partecipazione di: Francesi, truppe Pontificie, Repubblica di Venezia, Repubblica Fiorentina, Ducato di Milano, Repubblica di Genova, Regno di Navarra. Con il proposito di fermare l’espansionismo dell’Imperatore Carlo V. Le truppe Pontificie vengono affidate a Giovanni, con regolare contratto di ingaggio e 2500 Ducati d’oro.
Francesco della Rovere Comandante Generale della Lega, visto il soverchiante numero dei nemici, dopo qualche titubanza lascia la città di Milano e si ritira a Marignano. Giovanni si rifiuta di ritirarsi di notte, non volendo far vedere al nemico una fuga disordinata. Chiama presso di se i comandanti subalterni, riordina le file dei suoi 900 cavalieri, e come in parata lascia il terreno di combattimento , senza essere attaccato dagli imperiali.
Nel novembre del 1526, al comando di Georg von Frundsberg, per rinforzare le fila degli Imperiali, giunge in Lombardia al comando di 14.000 Lanzichenecchi. In seguito diverranno i protagonisti dell’indiscriminato sacco della città eterna. Il Medici con sprezzo del pericolo, attacca a Governolo la retroguardia dei Lanzi, pur essendo di numero inferiore. E con la collaudata tecnica della guerriglia, gli procura grande guasto.
La sera del 25 novembre mentre infuriava uno scontro fra le Bande Nere e i Lanzi, Giovanni viene colpito alla gamba destra sotto il ginocchio da una palla scagliata da un Falconetto, si dice fornito agli Imperiali da Alfonso d’Este. In un primo tempo il Comandante fiorentino, viene portato a San Niccolò Po, ma non trovando un medico lo trasferiscono a Mantova nel palazzo di Aloisio Gonzaga, compagno d’armi del Medici. Fortunatamente in Mantova si trova Mastro Abramo, il dottore che lo aveva curato, quando era stato ferito allo stinco. Lo visita e vedendo che la “Gangrena” (la cancrena) ha preso la parte inferiore dell’arto, e per evitare che si spanda nella parte superiore della gamba, decidendo di amputarla prima che sopraggiunga la morte.
Il medico vuole che dieci uomini lo tengano fermo quando gli amputa l’arto. Giovanni dando per l’ultima volta prova del suo coraggio gli risponde: Neanche venti uomini potranno tenermi fermo! Orsù datemi una candela per far luce a Mastro Abramo, ed una cinghia da mordere per non urlare. Pietro Aretino il poeta suo amico a queste parole fugge dalla stanza per non vedere, e tappandosi li orecchi per non sentire. Dopo l’amputazione e la cauterizzazione del moncherino, il Medici manda a chiamare Pietro. Quando lo vede gli fa festa dicendo: Sono guarito!
Spirò nella notte fra il 29 e il 30 novembre, la cancrena non li aveva dato scampo. Prima di morire chiede che gli siano tolte tutte le bende, si fa portare un lettino da campo, e li esala l’ultimo respiro. Con la morte di Giovanni dalle “Bande Nere” de’ Medici, finiva l’epopea dei Capitani di Ventura, della cavalleria pesante surclassata dalle armi da fuoco. Nell’anno 1689 il Granduca di Toscana Cosimo III de’ Medici trasportava la salma del suo antenato dalla chiesa di Mantova a Firenze, e lo inumava nelle Cappelle Medicee o dei Principi, accanto alla sepoltura della moglie Maria Salviati.
Giovanni De’ Medici – Il gran diavolo seconda parte

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