L’acqua è la vera fonte della vita, in essa si nasce, in essa ci rinnoviamo, in essa si perpetua chi siamo e perduta essa, moriamo. Una partenza cosi filosofica perchè? Perchè non so se annoverare questo pezzo fra le ricette o le storie passate.
In pratica svariati anni fa, parecchi, almeno un’ottantina di anni fa, una delle attività di pesca nei fiumiciattoli e nei torrenti erano la raccolta di gamberetti e granchi di acqua dolce. Qualche giovane virgulto magari non ne è a conoscenza, ma i granchi e i gamberi non vivano solo in acqua salata. Oggi sono praticamente spariti perchè le acque, per far vivere questi crostacei, devono essere pure e cristalline. Ecco il perchè della mia sortita iniziale, vi domando: Ha senso avvelenare l’acqua considerando che noi acqua siamo e non polvere come ci hanno raccontato a catechismo?
Dicevamo che una delle attività, professionali, ma anche dei ragazzi, era la raccolta dei granchi di acqua dolce. Per poterli mangiare o li pescavi giovani e piccolini, con un guscio ancora non strutturato a dovere, oppure li raccoglievi grandi e li conservavi con una tecnica che li portasse a fare la muta abbandonando il vecchio guscio.
In cosa consisteva questa tecnica? Prima si catturavano, poi si mettevano in dei cocci fatti per la bisogna i quali venivano impilati uno sull’altro. Bucherellato sul fondo questi contenitori speciali venivano riposti in un ambiente fresco e umido, di solito la cantina. Venivano messi sette, otto contenitori con granchio uno sopra l’altro e poi tenuti umidi per non farli morire. Si versava acqua sul primo in alto e per gravità l’acqua attraversando tutti i cocci teneva bagnati tutti i granchi. Vivi, ma senza mangiare, facevano la muta e a quel punto, belli teneri, erano venduti al mercato per essere gustati. Un lavoro che prendeva il nome di granchiai.
Immaginate, ogni corso di fiume e ogni torrente era ricco di granchi. Nell’area sestese i torrenti che scendevano dal Morello, a Careggi il terzolle e il terzollino, a sud l’Ema e cosi via. Oggi? Zero, o quasi!
Una delle ricette che andavano per la maggiore erano i granchi fritti, niente di più facile, infarinati e volati vivi nell’olio bello caldo, poi salati e gustati. Qualcuno si scandalizzerà, una barbarie ucciderli cosi ed invece io, pensa tu, mi scandalizzo di più della decimazione delle specie per azione inquinante dell’uomo che per l’effetto caccia e cottura che rientrano nella naturale necessità mangereccia come per qualsiasi altro animale. La differenza è che gli altri animali uccidono ciò di cui necessitano, noi uccidiamo per strage continuata da stupidità latente.