Antica famiglia fiorentina il cui nome sembra derivi dal latino “ebrius”- ebbri, divenuto in seguito Ubriachi. Erano conosciuti al tempo di Dante, praticavano la mercatura e l’attività bancaria con prestiti, a tassi alti da sconfinare nell’usura.
Dante nella Divina Commedia incontra un loro rappresentante fra gli usurai nel settimo cerchio dell’Inferno. Lo riconosce, perché come tutti gli altri dannati porta al collo una borsa con lo stemma di famiglia; Oca bianca in campo rosso. Il dannato è Ciapo Obriachi noto usuraio, un altro familiare Locco, fa lo stesso in Sicilia. È La condanna morale dell’Alighieri, per tutti i rappresentanti questa famiglia. Nel tredicesimo secolo in Firenze, gli Obriachi erano divisi in due rami, di diversa ideologia politica. I discendenti di Ebriaco di Albertino della Curia di Castelvecchio erano di fede Guelfa, e di modesta condizione sociale, e poco partecipanti alla vita politica. Mentre gli altri di fede Ghibellina possedevano più mezzi finanziari e attivi politicamente.
Nel secolo XII li Obriachi di questo ramo compaiono in due documenti. Nel primo Ibriaco di Ibriaco è nominato in una compra di beni dei monaci vallombrosani con un certo Ormanno di Giannucolo, il secondo atto del 1173, vi compare insieme ai suoi fratelli Geri e Martino, vende agli stessi monaci una strada che attraversa le sue proprietà. In questi documenti ci sono scritti i nomi dei suoi figli viventi. Risultano tutti abitanti in Oltrarno in “Borgo Pitiglioso” oggi via dei Bardi, proprietari di case e torri. Franceschino crociato morto in Terra Santa; Sinibaldo Console dell’Arte dei Mercatanti, in un documento del 1232 si qualifica come “Messere”, e dove si obbliga a pagare 2000 lire pisane a un collaterale del Podestà un certo Iacopino da Carignano, nell’anno successivo si trova schierato con i suoi consorti con gli Uberti contro i Buondelmonti; Ugo detto Uguccione o Cione, “Cavaliere a Spron d’Oro” e Console dei Mercatanti si trova nell’atto di vendita con il quale gli Alberti cedono il castello di Capraia ai fiorentini.
Gli Obriachi erano molto ricchi, proprietari di terre nel contado e case e torri in Firenze. Nell’Arte del Cambio furono molto importanti, raggiungendo molte volte il vertice della loro organizzazione politica e sociale. Si allearono con i potenti Uberti Ghibellini, con matrimoni mirati, schierandosi con loro quando dopo l’uccisione di Buondelmonte, la città si divise in due fazioni, che si affrontarono duramente. Combatterono con accanimento negli scontri che si susseguirono contro li avversari della parte Guelfa. Ugo di Ibriaco ebbe cinque figli, alcuni morti nei combattimenti cittadini; Gianni morto nel 1258, Arduino morto in scontri molto prima del ritorno definitivo dei Guelfi. Cione, Ceffo, e Obriaco furono esiliati nel 1268. La famiglia subì molti colpi alla loro prosperità, quando nel 1258 furono ridimensionati dai bandi Guelfi e il conseguente esilio. Rientrarono in città dopo la sanguinosa vittoria ghibellina a Montaperti, spartendosi con le altre famiglie della loro fazione le cariche politiche.
Durante il governo dei Ghibellini, Abate di Boninsegna, divenne membro dei Consigli del Comune, partecipando all’elezione di Lotteringo Pegolotti a plenipotenziario di Firenze inviato a trattare l’alleanza con i senesi, presente nell’anno 1261 alla ratifica del patto. Otto anni dopo, con la sconfitta dell’Imperatore Manfredi nella battaglia di Benevento, e il rientro dei Guelfi andarono definitivamente in esilio, con gli altri appartenenti alla fazione sconfitta. Con la pace del Cardinale Latino Malabranca, fu concesso il rientro a Abate di Segna e Neri di Nerlo, mentre a altri componenti della famiglia: Ghino di Gherardo, Vinaccio di Bencivenni, e Martinuccio di Aldobrandino, i più invisi ai vincitori, venne confermato l’esilio. Ai Magnati, e con loro gli Obriachi rimasti in Firenze, venne vietato di accedere alle Magistrature e agli Uffici Comunali, confermato in perpetuo con gli Ordinamenti di Giustizia.
Con i decreti anti magnati non figurarono più tra gli esponenti della politica cittadina, non hanno contraccolpi nella loro attività economica. Gli Obriachi rimasti in patria, dopo molto tempo riuscirono ad emergere dalla crisi dovuta alla perdita dell’influenza politica, perdendo una piccola parte della loro prosperità economica, contrariamente alle altre famiglie magnatizie e ghibelline che persero tutti i loro averi. Baldassarre di Simone di Aliotto, iscritto all’Arte del Cambio, nel 1365, riuscì in seguito a far togliere il bando alla vita pubblica, nel 1391 poté essere imborsato e “squittinato “insieme ad altri cittadini. Baldassarre, è ricordato dai monaci Domenicani, come benefattore della Chiesa di Santa Maria Novella, con le offerte fatte al convento fece erigere il secondo chiostro e la sede del noviziato.
In cambio ricevette il titolo di dignità di “Comes Palatinus”. Nella stessa chiesa si conserva la cappella di famiglia Obriachi dedicata ai Re Magi, divenuta in seguito dal 1467 al 1785 sede della Compagnia dei Santi Innocenti. In Firenze della famiglia è rimasta una torre di loro proprietà in via dei Bardi in Oltrarno, di fronte alla torre della famiglia Mannelli. Quando il Granduca Cosimo I fece costruire dal Vasari il famoso corridoio per unire Palazzo Vecchio a Palazzo Pitti, loro a differenza dei Mannelli, concessero il permesso di passaggio nella loro proprietà.
Alcuni decidono di spostarsi a Venezia e nel sud Italia. A Venezia si stabiliscono alla fine del XIV secolo ed inizio XV. Si specializzano nella produzione di altaroli, trittici, e cofanetti, decorati con lamelle d’ossi istoriate, lievemente ravvivati di colore, in cornici con intarsi d’osso e legno di varie tonalità, con sistema chiamato “alla Certosina”. Producono il dossale dell’altare dalla Certosa di Pavia, cofani eseguiti sempre per la Certosa opera di Baldassarre, citato in documenti nella città di Firenze, e in seguito quando si stabilisce a Venezia. Risultano stabiliti in laguna altri componenti della famiglia: Ser Andrea degli Ubbriachi, Antonio e Giovanni con i loro figli Geronimo e Lorenzo.
In Sicilia agirono con scaltrezza esercitando grazie agli appoggi contro gli Angioini, un vero e proprio monopolio di mercato, ricevendo in cambio una preminenza politica, e molto successo negli affari, ed ebbero una parte durante la rivolta dei Vespri Siciliani a Palermo, con la cacciata dei francesi.
Baldassarre, fu anche banchiere e agente politico dei Visconti. Eseguì per loro un dossale con rappresentato un ciclo narrativo della vita di Cristo della Madonna e dei Re Magi, ripresi dai Vangeli apocrifi. Due cofani di soggetto profano, oggi conservati nel museo del Louvre a Parigi. Il loro stile è più contenuto degli avori gotici francesi, derivato dall’origine dell’arte toscana degli Embriaci (è il nome con cui sono conosciuti nella Serenissima. Il Nome della famiglia Ubriachi viene cambiato nel dialetto veneto in Embriaci). Le opere degli Embriaci sono conservate nei musei di tutto il mondo. La famiglia si estinse nel 1436.