Un rappresentante di questa famiglia raggiunse la carica di Cancelliere della Repubblica Fiorentina.
La famiglia Machiavelli proveniva dalla Val di Pesa, dove avevano terre, castelli e chiese. Un ramo popolare di questa famiglia, si inurbò in Firenze nel quartiere di Oltrarno alla metà del XIII secolo. Il capo stipite da cui discendevano era un certo Buoninsegna di Agnolo Machiavelli, vissuto al tempo di Dante.
Mercante e uomo politico, era nato forse nel 1250 iscritto come il padre all’Arte di Calimala. Nel 1261 iniziò la collaborazione con la Compagnia mercantile dei Bardi legandosi anche con matrimoni. Buoninsegna, associava l’attività di mercante, con il prestito di denaro, da restituire con interessi altissimi considerati usurari, guadagnandosi la fama di usuraio anche se non lo era.
I Machiavelli furono molto abili nei commerci e si annoverano fra coloro che ebbero cariche politiche. Nelle Magistrature ci furono dodici Gonfalonieri e cinquantaquattro Priori. Essendo Guelfi, dopo la sconfitta di Montaperti andarono in esilio, poi dopo la morte di Manfredi nella Battaglia di Benevento, rientrarono in Firenze riprendendo il possesso dei loro averi, per non lasciarla più.
Bernardo figlio di Buoninsegna divenne dottore in legge, non esercitò la professione di Giudice. Quel poco che fece lo riservò a parenti e amici, facendosi pagare le sue prestazioni in vettovaglie, vivendo una modesta vita. Sposò Bartolomea de Nelli, da questo matrimonio nacquero: Primavera nel 1465, Margherita nel 1468, Niccolò nel 1469, e Totto nel 1475, divenuto in seguito ecclesiastico.
Niccolò iniziò a studiare la grammatica nel 1476, l’abaco nel 1480, il latino nel 1481 da Ser Paolo Sasso da Ronciglione, professore di grammatica dello Studio fiorentino. Queste notizie si rilevano da un Libro di Ricordi tenuto da Bernardo, che copre un lasso di tempo dal 1474 al 1487.
In seguito alla morte del Magnifico Niccolò, si avvicinò a Giuliano de Medici duca di Nemours, dedicandogli un capitolo pastorale in terza rima: “Poscia che a l’ombra”, e una canzone a ballo: “Se avessi l’arco e l’ale”. Dopo la cacciata dei Medici, si unì alla nobiltà che appoggiava il Savonarola, per poi tradirlo per salvare i propri interessi.
Dopo il supplizio del frate nel maggio 1494, venne designato e in seguito nominato Segretario alla seconda Cancelleria, e dal successivo giugno Segretario dei Dieci. Si pensa che fosse appoggiato nelle nomine da Marcello Virgilio primo Cancelliere dal febbraio 1494. Niccolò era stato allievo del Virgilio Marcello anche ad un corso di greco tenuto allo Studio. Nel luglio del 1499, ebbe il primo incarico diplomatico, in missione a Forlì dalla Contessa Caterina Sforza.
Nel millecinquecento in compagnia di Francesco della Casa, va in Francia dal Re Luigi XII, per ricevere aiuti nella guerra contro Pisa. Al ritorno dalla missione in terra francese sposa Marietta Corsini. Dal matrimonio nacquero: Primerana 1501, Bernardo 1503, Lodovico 1504, Guido 1512, Piero 1514, e Bartolomea detta “Baccina”1520.
Con il Gonfaloniere Pier Soderini di cui era coadiutore, si recò come ambasciatore da Cesare Borgia che aveva conquistato il Ducato di Urbino. Andò in missione a Roma per il conclave dal quale uscì eletto Giulio II. Negli anni seguenti venne mandato molte volte in Francia. In Firenze si legò a Pier Soderini diventato nel 1502 Gonfaloniere perpetuo.
Durante il suo governo il Soderini, su suggerimento di Nicolò, riformò l’Erario cittadino e l’Ordinamento Giudiziario, l’istituzione della Corte d’Appello detta della “Quarantia” e del Tribunale della Ruota.
Istituì la milizia cittadina stanziale chiamata “dell’Ordinanza” formata solamente da cittadini fiorentini dai 18 ai 40 anni. Il Machiavelli era contrario all’ingaggio delle Compagnie di Ventura, che a suo dire non combattevano con il dovuto spirito ed erano sempre pronte a passare da chi li pagava meglio.
Portò a termine vittoriosamente la guerra contro la ribelle Pisa. Il Machiavelli era contrario alla debole politica del Gonfaloniere contestandolo duramente, tanto che quando il Soderini morì lo bollò con questi salaci versi: “La notte che morì Pier Soderini l’anima andò dell’inferno alla bocca; ma Pluto le gridò: Anima sciocca! Che inferno! Vanne al Limbo con i bambini!”
Con il ritorno dei Medici, Nicolò viene sollevato dai suoi incarichi presso la Cancelleria, ed esiliato per un anno a Sant’Andrea in Percussina presso San Casciano Val di Pesa nelle sue terre, dove passa il tempo scrivendo e giocando a zecchinetta alla Locanda della Posta con l’oste ed un beccaio, come ricorderà in seguito con parole sue “ingaglioffendosi”.
Rientrato a Firenze, è accusato di essere stato a conoscenza di un complotto per rovesciare i Medici, ordito da dei nobili fra i quali Pietro Paolo Boscoli e Agostino Capponi, come lui frequentatori del cenacolo degli Orti Oricellari. Il Machiavelli se la cava con qualche tratto di corda al Bargello, mentre i due sfortunati giovani vengono condannati a morte con il taglio della testa. La sentenza viene eseguita il 23. Febbraio 1513.
Durante l’esilio forzato nuovamente in Percussina scrive due opere che avranno fama in tutto il mondo: i “Discorsi sopra la deca di Tito Livio”, e “il Principe” che dedicherà ai Medici. Rientrerà in Firenze nel 1516, accolto con sospetto e freddezza. Riprenderà a frequentare gli Orti Oricellari, sorvegliato dalla polizia medicea. I Medici sospettano che in quegli incontri non si parli solamente di letteratura e filosofia, ma si cerchi di riportare in vita la Repubblica.
Negli ultimi anni della sua vita il Machiavelli scrive un’opera teatrale diventata famosa: “la Mandragola”, seguita “dall’Arcidiavolo”, “la Vita di Castruccio Castracani”, “l’Arte della Guerra”, e le “Storie fiorentine di cronaca cittadina”. Viene a mancare il 27 giugno del 1527, evitando di assistere all’assedio di Firenze e la gloriosa fine dell’epopea della Repubblica Fiorentina.
Uno dei figli di Nicolò; Piero, fece regolari studi, ma non seguì le orme del padre e non entrò in politica. Fu soldato in un esercito che nel 1531 andò a combattere i Turchi.
Quando Cosimo de Medici arriva al potere, Piero è al suo servizio come Generale Commissario nelle battaglie sul mare della flotta Toscana contro gli Ottomani. In seguito è nominato Cavaliere di Santo Stefano e Luogotenente di Cosimo sul mare.
Viene incaricato di andare per mare a Civitavecchia, a ritirare una colonna regalata dal Papa Pio IV. Sembra una gita di piacere, ma durate la navigazione verso Pisa, la nave dell’Ammiraglio deve difendersi vittoriosamente dall’assalto dei Turchi.
Piero a differenza del padre che conobbe l’esilio, venne incarcerato alle Stinche. Questa storia è narrata da suo fratello Guido. Piero, nelle terre di famiglia a San Casciano, aveva fatto scavare una buca. Non si conosce il motivo per il quale era stata fatta. Purtroppo, vi cadde dentro morendo affogato (per la pioggia si era riempita d’acqua) un beccaio. Accusato di aver procurato la morte dell’uomo, venne incarcerato. Dopo qualche tempo venne liberato dal Duca Alessandro in occasione del proprio matrimonio con la figlia dell’Imperatore Carlo V.
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Ho fatto il dovuto controllo, come di dovere, sono state fatte le dovute correzioni come era richiesto. Confermo l’articolo non ha niente di inventato, è attinente alla storia di Firenze.
Grazie delle correzioni. Avete fatto bene.
Il Virgilio di cui parlo nell’articolo sulla famiglia Machiavelli, non è lo scrittore dell’Eneide, ma un professore dello Studio di Firenze Virgilio Marcello, dal quale Niccolò imparo il latino nel 1494. Il Giuliano de Medici di cui si parla, non è il fratello del Magnifico, ma è Giuliano duca di Nemours, al quale dedico’ alcune delle sue opere. Abbiamo modificato per non generare confusione.
Scusate, ho letto tutto l’articolo e non avendo molto tempo non sono stata a vedere se il resto dell’articolo è veritiero oppure no. Ci sono però due spropositi che andrebbero corretti:
1) …in seguito alla morte del Magnifico Niccolò si avvicinò a Giuliano dei Medici dedicandogli …
Ora lo sanno tutti o quasi i cittadini di Firenze che Giuliano fu ucciso nella Congiura de’ Pazzi e che Lorenzo il Magnifico non solo gli sopravvisse, ma riuscì a ricercare tutti coloro che vi avevano partecipato e a farli uccidere.
2) Come poteva Nicolò esere stato un allievo di Virgilio se si intende per Virgilio l’autore dell’Eneide, le Bucoliche, ecc., cisono diverse centinaia di anni fra l’uno e l’altro.
Mi fermo qui.