Gli Alfani debbono la loro fortuna alla loro attività di banchieri, nel periodo di tempo che va dal XII al XIV secolo, prestarono denari senza distinzione alcuna a papi e imperatori.
Nel secolo XII ebbero dal Papa Eugenio III° l’incarico di riscuotere le decime dagli agricoltori e allevatori della Chiesa. Anche l’allora Vicario Imperiale in Toscana chiese al loro banco un prestito di 3400 fiorini d’oro, dando in garanzia i beni dell’Impero. Questa somma non venne mai restituita, gli Alfani rimasero proprietari dei terreni rivieraschi di San Miniato, Fucecchio e della Valle di Nievole.
Durante il regno del Duca Alberto d’Austria, Vermiglio degli Alfani , fu nominato “familiare e tesoriere”, perché con l’aiuto finanziario ricevuto dal banco voleva riuscire a risollevare le sorti dell’Impero nella guerra di successione contro Adolfo di Nassau e essere incoronato re. Il Nassau era già stato da lui sconfitto nella battaglia di Gollheim, rimanendo ucciso nello scontro. Ma le speranze di essere intronato cessarono quando fu scelto Enrico VI°. Il banco di cambio aveva filiali in Ungheria, Polonia, Slovenia e Germania. ciò aumentava la potenza degli Alfani. L’Imperatore era molto in familiarità con Vermiglio tanto da chiamarlo “Vermilio fideli et creditori suo”. L’amicizia con il re tedesco insospettì il comune Guelfo di Firenze. Vermiglio venne obbligato a fare un prestito forzoso di 10000 fiorini, ma questi non tradì! La famiglia era Guelfa da molto tempo, la loro affiliazione alla fazione risaliva a dopo la battaglia di Montaperti, quando con l’avvento dei ghibellini vennero costretti ad andare in esilio.
Dopo la morte dell’Imperatore, il banco continuò la sua attività, anche se non ebbe più incarichi pubblici in Firenze.
Nella famiglia Alfani ci furono sei Priori e due Gonfalonieri. In città curavano gli interessi di molti conventi toscani, tanto che Corso Donati, si rivolse al loro banco per contrasti con un monastero femminile. Al tempo della lotta fra le fazioni dei Bianchi di Vieri dè Cerchi e i Neri di Corso Donati, si schierarono con i primi. Quando i Neri nel 1302 risultarono vincitori, tutti gli appartenenti alla fazione dei Bianchi furono esclusi dalla politica cittadina. Vermiglio, come il poeta Dante Alighieri, dovette andare in esilio. A loro si unì il poeta stilnovista Gianni Alfani, autore della “Ballatella dolente”, dove descrive la nostalgia della Patria lasciata e il dolore di aver abbandonato la donna amata.
Nel 1315 Lapo degli Alfani, dopo la cacciata dei maggiori esponenti della famiglia dichiarati ribelli dall’Imperatore Enrico VII di Lussemburgo, vendette una casa agli Adimari in seguito questa abitazione venne venduta dagli stessi ai monaci Camaldolesi. Ancora nel 1347, Bartolomeo e Gianni Alfani, vendettero agli stessi monaci le rimanenti case ancora in loro possesso, i quali vi eressero il Monastero di Santa Maria degli Angeli.
Negli anni seguenti, a onore di questa famiglia, è stata intitolata la strada dove si trova il monastero. In principio è stata chiamata via di Cafaggiolo, in seguito via dei Leoni, via del Ciliegio, via degli Agnoli, fino a prendersi l’attuale nome: degli Alfani. Le case della famiglia si trovavano nella località chiamata Cafaggiolo. Il cronista Giovanni Villani spiega che il nome deriva da “campo del faggio”, in affinità con il nome di Cafaggio con il quale era indicato il terreno per il pascolo, nome derivato dal latino medievale “Cafagium” di origine longobarda.
L’ultimo discendente di Vermiglio Alfani, Pier Forese, si spense in Firenze nel 1694.