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via San Giuseppe angolo via delle Casine

Trentacinque (35) furono i morti dovuti all’alluvione fiorentina del 1966 e proprio quest’anno (2016) ricorre il 50esimo. Ognuna delle vittime risponde alla tragicità dell’evento, ma una più delle altre ha sempre colpito i fiorentini, non per la morte in se stessa che è uguale per ognuno, ma per la dinamica di come si è consumata.

Si tratta di Elide Benedetti, una donna inferma di 66 anni che viveva in via delle Casine al n° 3, adesso in quella costruzione c’è l’asilo comunale Vittorio Veneto.

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via San Giuseppe finestra casa di Elide Benedetti

La mattina del 4 novembre Elide era in casa sua come sempre, invalida non usciva spesso, ma era una buona parrocchiana e conosciuta dal parroco di San Giuseppe don Boretti. Proprio don Boretti affacciato alla finestra  della sua casa parrocchiale, vedendo l’acqua salire rapidamente in via delle Casine, si ricordò di Elide che abitava li, difronte a lui. Il parroco cominciò a gridare per attirare l’attenzione e urlando si raccomandava di avvertire la prefettura. Un muratore li vicino, riuscito a raggiungere la canonica, dalla finestra della stessa si calò, legato con una corda, gettatosi nella melma. A nuoto raggiunse la finestra della casa di Elide che dava su via San Giuseppe. Provò a forzare le inferiate, ma senza attrezzi fu vano il tentativo.

Proprio don Boretti è testimone e coprotagonista della vicenda e tristemente la mette su carta per farla giungere sino a noi.

In quel momento una barca si avvicina alla chiesa con a bordo un sottotenente dei Carabinieri e due Carabinieri. I militari, con sforzo e passando sopra il tetto, riescono ad entrare nel giardino posteriore dell’abitazione, ma non poterono aprire la porta di casa per permettere alla donna di uscire, desistettero dopo vari tentativi. Riuscirono ad entrare nella casa attraverso il tetto, ma anche dall’interno, la pressione dell’acqua che cresceva, impedì l’apertura della porta. Decisero di issare Elide sopra un lenzuolo legato a mo’ di un’amaca al punto più alto della finestra. La lasciarono li legata all’inferriata nella speranza che non fosse raggiunta dall’acqua.

L’acqua continuava a salire inesorabilmente.

Don Boretti smette di scrivere in prima persona e comincia a scrivere in terza persone: «Il parroco è sempre rimasto nell’ultima stanza della canonica a conversare, a confortare, a pregare con la donna. La preparò al dolore dei peccati nella completa e totale sottomissione alla volontà del Signore, all’amore verso gli uomini, al perdono per tutti. Le disse che le avrebbe dato l’assoluzione sacramentale, ringraziò e si raccomandò alle nostre preghiere».

«Tragici e indescrivibili gli ultimi momenti, aggiunge don Boretti, cominciò a bere, scosse la testa, tentò di allungarsi sperando ancora che l’acqua non crescesse più, mugolò, rantolò qualche volta, all’ultimo sforzo mugolando forte forte per slanciarsi con la testa fuori dall’acqua perse le forze, sparì tra l’acqua melmosa e fetente».

Don Boretti ebbe pochi secondi per prendere coscienza della fine della donna poi dovette abbandonare la finestra su via San Giuseppe e la sua casa al primo piano. L’acqua era arrivata anche lì.

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Elide Benedetti Targa

10 anni fa, in occasione dei 40 anni della morte di Elide, è stata commemorata con l’affissione di una targa in via San Giuseppe angolo via delle Casine, proprio accanto a quella finestra, chiusa dalle stesse sbarre di allora, finestra che aveva visto la morte di Elide. Una messa in suffragio della signora Elide e in ricordo di don Giuseppe Boretti è stata celebrata in San Giuseppe sabato 4 novembre 2006, mentre il giorno successivo sempre nella chiesa di San Giuseppe la Filarmonica Rossini ha tenuto un concerto commemorativo. Una mostra fotografica e documentale sull’alluvione si è tenuta da li a pochi giorni all’Oratorio di Santa Maria Vergine della Croce al Tempio. Una mostra dove si sono potute leggere testimonianze di parrocchiani e assistere a video esplicativi.

Jacopo Cioni

Elide, affogata il 4 novembre 1966
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