I fiorentini hanno sempre avuto un rapporto di amore e odio con l’acqua, in particolare con quella d’Arno, un rapporto a volte difficile e drammatico. Per secoli il fiume ha attraversato Firenze senza che fosse stata costruita la minima protezione, senza paratie, senza argini di difesa; era sufficiente anche una modesta piena per causare uno straripamento delle acque e il conseguente allagamento di una parte o dell’intera città.
Celebre fu la drammatica alluvione del 4 novembre 1333 che fece crollare quasi tutti i ponti e gli edifici adiacenti, causando un gran numero di vittime. Ma con il passare del tempo e delle generazioni, i cittadini si erano ormai assuefatti a questa situazione e si erano abituati a convivere con essa. Perciò quando l’Arno dava i primi segnali di una possibile esondazione veniva fuori il fiero spirito sarcastico fiorentino e si diceva: “rieccoci all’acqua”! Oggi l’espressione “eccoci all’acqua” viene usata nel senso di: adesso viene il bello, veniamo al dunque, ora ci siamo!
(da “Adagi ma non troppo” di Franco Ciarleglio, Sarnus Editore)