Ebbene i due fiorentini a Roma sono due personaggi storici. Uno è Clemente VII Papa della famiglia de’ Medici, l’altro è Benvenuto Cellini, l’autore dello stupendo Perseo di Piazza della Signoria per capirci, ma anche di tante altre opere.

Due caratteri completamente differenti: Clemente VII de’ Medici era timoroso, pavido e remissivo; Benvenuto Cellini all’opposto, una sorta di Caravaggio ante litteram. Attaccabrighe, rissoso, manesco, omicida, con particolari gusti sessuali, più volte condannato per pederastia. Ma di fondo un ottimo artigiano orefice e musicista e per questo sempre “salvato” come Caravaggio da severe condanne grazie al Papa; almeno fino all’arrivo di Paolo III Farnese, poco propenso, soprattutto per questioni pregresse, ad essere comprensivo ed indulgente con lui nonostante lo apprezzasse anche lui come grande artista. Durante il Sacco di Roma, il destino gli riserverà una nuova sorpresa, quella di scoprire di essere anche un ottimo artigliere.

Durante l’assedio rischiò la vita, anzi fu creduto morto, dopo che un colpo di artiglieria nemica lo aveva quasi colpito in pieno. Venne salvato da un suo compagno in extremis quando già gli avevano infilato in bocca un pugno di terra. Una strana usanza in voga tra i soldati evidentemente. L’amico giunto sul posto dopo la strana usanza, capì che era solo svenuto e lo salvò da morte certa.

Più volte Clemente VII lo onorerà con privilegi e riconoscimenti per i suoi atti eroici. Si era distinto già prima del Sacco di Roma (avvenuto tra maggio e giugno del 1527), opponendosi un anno prima alla rivolta dei Colonna contro lo stesso Papa. Durante la battaglia dell’assedio romano invece aveva colpito un’osteria in cui sapeva essere nascosto il nemico imperiale. Il colpo aveva messo però a rischio due personaggi eminenti che stazionavano proprio sulla sua traiettoria; il fiorentino Jacopo Salviati, reo di aver convinto il Papa a licenziare le sue truppe proprio poco prima della venuta degli Imperiali, e dunque per questo ritenuto dal Cellini responsabile del Sacco e il Cardinale Alessandro Farnese, poi divenuto Paolo III, il quale si ricorderà di questo e di altri suoi sgarri rendendogli la vita difficile.

I meriti che gli vengono riconosciuti, sono quello di aver ucciso con un colpo di archibugio Carlo III di Borbone mentre cercava di scavalcare su una scala le mura Vaticane, poi l’uccisione con un colpo di artiglieria di un ufficiale spagnolo che era stato tempo prima al servizio dello stesso Papa. Il militare stava dando ordini alle sue truppe imperiali poste dentro le trincee; quando l’artista lo colpì con un colpo da maestro spezzandolo addirittura in due. In seguito Benvenuto fu causa del ferimento del principe d’Oranges, colpito in pieno viso e ferito gravemente dai suoi “passatoiacci”, munizioni formate da avanzi metallici raccattati in giro tra i rifiuti e usati come proiettili. Un altro colpo da maestro.

Poco prima del discutibile accordo stipulato con il nemico, voluto dallo stesso Papa e dal Cardinal Orsini, colpì una taverna dove erano nascosti dei nemici (insieme al principe d’Oranges li ricoverato ma scampato anche al secondo tentativo di Cellini) uccidendoli, ma rischiando con la sua azione, di far saltellare gli accordi che il Papa stava intavolando. Nonostante il momento delicato, per Cellini questa era un’occasione troppo ghiotta per il suo ego infinito per non approfittarne.

Mentre ancora era impegnato a difendere le mura, era stato  richiesto ad operare come orafo di fiducia per fondere l’oro rimasto delle casse papali, in maniera che trasformato in lingotti fosse più facile da nascondere, così da non farlo cadere in mano nemica. Al contempo era impegnato a cucire tra le vesti del padre della chiesa le pietre preziose che erano state staccate dai gioielli per fonderne l’oro, affinché il Papa potesse trafugarle portandole con se nella fuga e salvarle dalle avide mani dei “ladroni di Carlo”.

Il 5 giugno, dopo un mese d’assedio e la distruzione della città e di gran parte del patrimonio artistico, Clemente si arrese a Carlo V che, grazie agli accordi di pace, poteva uscire salvo da Castel Sant’Angelo senza pericolo.

Nel dubbio Clemente si travestì da popolano per non essere riconosciuto e scortato da alcuni mercenari prezzolati fuggì dalla capitale per andare a rifugiarsi prima a Viterbo poi ad Orvieto; non prima di aver consegnato al nemico non solo la città devastata ed appestata, ma anche importanti personalità di spicco come ostaggi, tra cui il responsabile del Sacco Jacopo Salviati e il futuro Papa Giulio III.

Cellini dopo la resa lasciò l’Urbe per seguire Orazio Baglioni che gli aveva proposto il comando di una sua compagnia militare. Lui però declinò l’invito per recarsi a Firenze a trovare il padre, che non vedeva da tempo, per vederlo e per donargli parte dei proventi ricevuti come soldato a difesa della capitale. Il padre va detto, non lo voleva che il figlio facesse l’orefice, né tantomeno l’artigliere, bensì che continuasse ad esercitare l’arte del musicista come lui. Un’attività in cui Benvenuto riusciva bene, infatti più volte fece parte dei musicisti al servizio del Papa, ma che era un lavoro che detestava. Preferiva operare come orafo e ora, ancora di più, praticare il mestiere delle armi.

Cellini morì nella città del giglio nel 1571, fu sepolto nella Basilica della Santissima Annunziata di Firenze, mentre Clemente morì a Roma prima di lui, nel 1534, e fu invece sepolto nella Basilica di Santa Maria Sopra Minerva.

I destini delle due città sono simili, mentre nel 1527 Roma cade nelle mani Imperiali, tre anni dopo Firenze subisce l’assedio delle stesse truppe. In quegli anni si hanno gli ultimi sussulti dei Medici, travolti anche loro dai fatti di Roma e Firenze. L’influenza negativa della politica di questi anni, colpisce non solo le città ed il Papa ma anche i Medici, in quanto dipendenti dall’economia pontificia. Cade l’ultima gloriosa Repubblica fiorentina sotto e gli scritti di Girolamo Savonarola, ricominciano a circolare come portatori di messaggi di speranza per un rinnovamento ed un cambiamento del mondo intero. Il Sacco di Roma e l’assedio di Firenze vennero all’epoca interpretati come una punizione divina nei confronti degli uomini peccatori. Non a caso la città di Firenze nel momento più buio verrà proclamata città di Cristo.

La ricostituzione di Roma andrà a pari passo con quella di Firenze, i nemici interni verranno allontanati, eliminate le fazioni, i partiti spariranno, gli ultimi Savonaroliani si disperderanno e si convertiranno al protestantesimo e ricominceranno i processi dell’Inquisizione in tutta la penisola. La predicazione apocalittica riceverà così un duro colpo e si arresterà. Vi sarà una forte spinta verso una riforma morale della chiesa, sicuramente grazie anche alle idee di Martin Lutero.

Sarà allora che il Sacco di Roma verrà interpretato come il segno che una nuova età è finalmente arrivata e che questa porterà un grande cambiamento.

Riccardo Massaro
Due fiorentini a Roma: Clemente VII e Benvenuto Cellini,
Tag:                         

Un pensiero su “Due fiorentini a Roma: Clemente VII e Benvenuto Cellini,

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.