Nell’Ottocento durante il Risorgimento Italiano, Dante diventa il prototipo del patriota che affronta tutte le difficoltà per il bene della propria patria per la realizzazione dei propri ideali. Il Monumento a Dante in Santa Croce, fatta dal Pazzi, viene inaugurato il 14 maggio 1865 quando Firenze fu incoronata Capitale d’Italia, in quell’anno si celebravano, anche i 600 anni dalla nascita del sommo Poeta.
(Leopardi dedica la canzone Sopra il monumento di Dante, scritta nell’ottobre del 1818, in occasione della pubblicazione del manifesto dove si rendeva pubblica la decisione di erigere, a Firenze, un monumento in onore del Sommo Poeta).
Soprattutto Ugo Foscolo, nel celebrare la gloria del Poeta, lo definisce un “Ghibellin fuggiasco”, esule come lui per la libertà e disposto per essa a soffrire e sacrificare i propri beni.
In realtà Dante non fu mai ghibellino: con l’elezione di Arrigo VII di Lussemburgo a imperatore, si riaccesero le speranze di una pacificazione dell’Italia e, conseguentemente, la possibilità di un suo ritorno a Firenze.
Il problema dell’Italia disunita tornerà più volte nella letteratura italiana: Foscolo e Machiavelli si porranno la stessa domanda del poeta: chi era l’uomo che poteva unificare la nostra penisola ?
Il primo sperava nell’aiuto di Napoleone mentre il secondo, addirittura auspicava nello stato Pontificio.
Machiavelli nel Principe, scritto nel 1513, nell’ultimo capitolo dedica una riflessione a questo problema incitando a prendere l’Italia liberandola dalla situazione in cui si trova:
“per poter far emergere il valore dello spirito italiano, era necessario che l’Italia cadesse così in basso da essere più schiava degli ebrei, più serva dei persiani, più dispersa degli ateniesi, senza un capo, senza istituzioni, battuta, spogliata, lacera, divisa, invasa, abbandonata a sopportare ogni rovina.”
……” l’Italia è rimasta senza vita ad attendere chi possa sanare le sue ferite, che ponga fina ai saccheggi in Lombardia, ai balzelli in Romagna e nel Regno di Napoli e la guarisca da quelle sue piaghe purulente”.
Sicuramente con questi tre autori possiamo condividere quello che ha scritto Giuseppe Palma “la nostra identità di patria non si misura con la spada ma ben si nella letteratura”.