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Prosegue il viaggio del nostro amato poeta nel Purgatorio in compagnia di Virgilio.

Due anime camminano insieme per il Purgatorio quando scorgono Dante, non sanno chi è, ma capiscono che si tratta una persona ancora viva rimanendo stupefatti di questa insolita presenza. Dante non dice loro chi sia, ma gli racconta che arriva dalla Toscana, dove c’è un fiume che nasce dal monte Falterona. Ovviamente si riferisce all’Arno, così le anime capiscono e cominciano a lanciare invettive nei confronti di quei luoghi bagnati dal fiume e divenuti maledetti e sciagurati. I loro abitanti sono oramai diventati delle bestie che sembrano vittime degli incantesimi orditi dalla maga Circe.

Quelli di Arezzo sono descritti come gente fastidiosa, patetica rozza e arrogante, tanto che il fiume con la sua ampia curva sembra volere evitare la città. Il fiume poi si  avvicina a Firenze, dove i cani diventano lupi sempre più affamati e avidi. Più avanti c’è Pisa, qui si incontra la malizia, l’ astuzia e la frode, degne compagne delle volpi pisane…

Una delle due anime parla poi di un suo nipote, quello che diventerà il cacciatore di quei lupi prima nominati. Li porterà alla disperazione con la sua violenza facendone le sue vittime sacrificali ed uccidendole come bestie da macello. Lordo di sangue lascerà poi una Firenze devastata, che a detta loro non sarà in grado di risollevarsi neanche dopo mille anni, tanto è precipitata in basso.

Dante è molto incuriosito dalle due anime e cerca di capire chi siano. Una di loro è l’anima di Guido del Duca. Lui stesso si descrive come un uomo pieno di invidia e di livore; per questo è qui in Purgatorio a scontare le sue colpe. Era morto da circa 50 anni, in vita era stato un gentiluomo romagnolo, signore di Bertinoro, una località nei pressi di Forlì.

Il suo compagno era invece Ranieri de’ Calboli, un grande uomo politico romagnolo.

Quando le anime parlano del “cacciatore di lupi fiorentini”, si riferiscono a Fulcieri de (o da) Calboli, nipote di Ranieri che dopo il ritorno dei Guelfi Neri al potere nel 1303, sarebbe diventato podestà di Firenze,  Era un uomo crudele, particolarmente efferato, che avrebbe fatto uccidere molti fiorentini per impossessarsi dei loro beni.

Le due anime si rivelano amareggiate, consapevoli  di quanto gli ideali degli uomini delle loro terre si siano sviliti. Così, mortificate, dopo il loro sfogo e ancora oppresse da questi pensieri, pregano Virgilio e Dante di allontanarsi e permettergli di lasciarli andare con il loro dolore per la loro strada.

Fulcieri fu un esponente della parte Guelfa, avversario agli Ordelaffi Ghibellini. Ricoprì cariche politiche di rilievo, come quella di podestà in diverse città tra cui Milano, Modena, Firenze e Bologna. Come podestà di Firenze nel 1303, dovette respingere il tentativo di un gruppo di esiliati Guelfi alleati con dei Ghibellini di riprendere la città. Tra loro c’era anche Dante, sotto la guida di un altro forlivese, un suo vecchio avversario:  Scarpetta degli Ordelaffi. Si tratta della battaglia di Castel Pulicciano.

Pulicciano si trova su un colle a pochi chilometri da Borgo San Lorenzo lungo la via Faentina verso la Romagna. In epoca romana ospitava un castrum fortificato, del quale restano alcuni resti delle mura presso il cimitero e una cisterna sitiata sotto il sagrato della chiesa. Nel Medioevo la Contessa Matilde di Canossa fece erigere un castello, più tardi passato agli Ubaldini, teatro di una feroce battaglia avvenuta il 12 marzo del 1303. Un’iscrizione sull’esterno della chiesa di Santa Maria cita: “Questa rocca avvezza per più secoli ad assedi e battaglie, oggi nel seicentenario della morte di Dante fra i resti delle mura, accoglie il ricordo dell’assalto e della fuga di Scarpetta degli Ordelaffi con i fuoriusciti fiorentini e dell’aspra vendetta di Fulcieri de’Calboli nel marzo del 1303. Lieta dello scampo di Dante ed ora per auguri di pace guardò gli abitanti del suo Pulicciano e di Ronta 1321-1921”.

La vicenda venne narrata dai cronisti del tempo che riportano come Scarpetta degli Ordelaffi dal castello di Montaccianico si dirigesse verso Pulicciano alla testa di un esercito composto da Guelfi Bianchi esiliati e da Ghibellini, tra cui gli Ubaldini che volevano riprendere il loro castello caduto in mani fiorentine nel 1260. L’Ordelaffi, signore di Forlì Ghibellino unitosi in matrimonio con Chiara Ubaldini da Susinana, aveva accolto e protetto Dante nei primi anni dell’esilio facendolo suo segretario personale.

Nella battaglia le truppe fiorentine erano guidate dal podestà Fulcieri da Calboli, esperto uomo d’arme forlivese e storico nemico degli Ordelaffi. Dino Compagni descrive i due antagonisti nelle sue cronache: Scarpetta dal carattere temperato  in contrapposizione a Fulcieri, descritto invece come violento e feroce. Ovviamente i giudizi sono influenzati dalla polemica politica del tempo. Evidentemente Fulcieri doveva essere in gamba visto che i fiorentini contravvennero alla regola di cambiare il proprio podestà ogni semestre rieleggendolo per un secondo mandato consecutivo.

La battaglia si concluse con una schiacciante vittoria fiorentina. Fulcieri sconfisse i nemici che avevano preso d’assedio il castello; poi inseguì e catturò circa 500 fuggitivi e dopo averli torturati li condannò a morte. Scarpetta e gli altri riuscirono invece  a rifugiarsi a Montaccianico. La vittoria di Fulcieri ebbe una grande risonanza politica, tanto da essere celebrata in un affresco commissionato dal Comune di Firenze ed eseguito a Palazzo Vecchio da Grifo di Tancredi, pittore esponente dei protogiotteschi fiorentini.

Dante che aveva già avuto esperienze in battaglia, sia a Caprona che a Campaldino, molto probabilmente prese parte anche a questo scontro, almeno così sembrerebbe da alcuni riferimenti che traspaiono in un dialogo riportato nelle pagine del Purgatorio. La battaglia di Castel Pulicciano del 1302 si tenne dopo il fallimentare incontro di San Godenzo e si svolse tra Borgo San Lorenzo e Luco, questo fu il secondo tentativo dei fuoriusciti esiliati di rientrare a Firenze.

L’8 giugno del 1302 all’abbazia di San Godenzo dove era presente anche Dante, si tenne un incontro  tra esuli fiorentini Ghibellini e Guelfi Bianchi che poteva cambiare le sorti della storia. L’obiettivo era di trovare un accordo con gli Ubaldini per poter rientrare a Firenze, in quel tempo dominata dai Guelfi Neri. L’incontro non ebbe successo e portò in seguito ad uno scontro tra Bianchi e Neri, in cui i primi vennero sconfitti. Fu in questa occasione che Dante maturò la decisione di staccarsi dai compagni fiorentini, ritenuti “compagnia malvagia e scempia”.

Un anno dopo questo scontro nel 1303, Scarpetta degli Ordelaffi  entrò in possesso di Borgo San Lorenzo, legato a Firenze. Seguì a questo fatto la battaglia della Lastra, un sanguinoso scontro avvenuto il 20 luglio del 1304 nelle vicinanze di Firenze, quando i Guelfi Bianchi furono sconfitti dai Neri nel tentativo di rientrare a Firenze.

In seguito il castello di Montaccianico divenne, con le città di Pistoia e Bologna, un baluardo della lotta contro i Neri fiorentini e i loro alleati. Lo scontro si prolungò fino al 1306 quando con il voltafaccia di Bologna e la caduta di Pistoia, il Comune di Firenze e gli alleati tentarono un’azione risolutiva nei confronti degli Ubaldini e della loro roccaforte. Dopo quattro mesi di assedio i fiorentini ottennero la resa di Montaccianico pagandola però a caro prezzo. Ottennero due parti del castello con un esborso di 15.600 fiorini d’oro. Questo presidio cittadino avrà il compito di sostituire gli Ubaldini nel controllo diretto della popolazione.

Riccardo Massaro
Dante e il suo fantastico viaggio 9: Dante e i personaggi dell’Purgatorio
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