Prima parte

Seconda parte

Terza parte

Nel suo peregrinare all’inferno tra i dannati, Dante incontra un dannato in un insolita e singolare situazione. Il suo corpo è  avviluppato ad un cespuglio, anzi; è parte di questo. I rami spezzati che sono intorno a lui sono stati dolorosamente divelti dal suo corpo etereo. Questa è la sua condanna.

Quest’anima spiega che Firenze è funestata da lotte intestine, perché la popolazione ha deciso in passato di cambiare il suo protettore pagano Marte, con San Giovanni Battista. L’antico Dio offeso, da quel momento ha perseguitato la città con la guerra e la sventura. L’unica cosa che l’ha salvata dall’essere rasa al suolo, è quel piccolo frammento della statua di Marte che ancora oggi si trova nei pressi di Ponte Vecchio.

Non sappiamo chi è costui che racconta queste cose al poeta, perché Dante tace volutamente il suo nome, ma si tratta sicuramente di un suicida, morto per essersi  impiccato. Per questo è punito con questa singolare dannazione.

Più avanti Dante incontra Guido Guerra, appartenente alla famiglia dei Guidi. Un grande uomo politico e d’armi; insieme a lui c’è Tegghiaio Aldobrandi della ricca famiglia degli Aldobrandi (quello che aveva consigliato ai fiorentini di non affrontare i senesi a Monteaperti). Al duo si unisce anche Guglielmo Borsiere, un uomo di corte fedele fino all’ultimo ai suoi ideali aristocratici.

Di nuovo in questo passo dell’Inferno, troviamo un’aspra critica volta verso la gente venuta da fuori città, quella comparsa dal nulla e che attraverso guadagni facili, senza porsi scrupoli, ha fatto diventare Firenze superba e sfrenata. Così ora la città ne paga dolorosamente le conseguenze attraverso la sua decadenza e le lotte intestine.

Costoro vogliono essere un monito per vivi affinché tutti sappiano cosa può accadere a chi si lascia corrompere dal vizio. Sperano che la loro situazione attraverso la testimonianza di Dante, porti alla riflessione i fiorentini e li spinga ad un drastico cambiamento del loro modo di vivere riportandoli a riabbracciare quei vecchi valori ormai perduti che fecero grandi i fiorentini e la loro città.

Lasciato il gruppetto, poco più avanti Dante incontra un altro dannato. Questo ha la testa completamente insudiciata di sterco. Dal taglio dei capelli si direbbe essere un ecclesiastico. L’anima si avvicina e viene riconosciuta da Dante come Alessio Interminelli di Lucca, morto pochi anni prima. Nonostante fosse stato un Guelfo Bianco come Dante, era alquanto disprezzato per la sua personalità subdola e viscida. La sua punizione è quella di essere ricoperto eternamente di feci, avendo vissuto sempre nelle adulazioni.

Ecco apparire poi Catalano dei Malavolti e Loderingo degli Andalò. Seppur di origine bolognese, i due frati “godenti” o “gaudenti” hanno purtroppo un ruolo importante nella storia della città e furono in gran parte responsabili della decadenza di Firenze e di tutta la Toscana.

I due avevano fondato l’Ordine dei “Cavalieri di Maria”. Peccato fossero particolarmente dediti ai piaceri della carne, tanto da essere in seguito soprannominati i “Capponi di Cristo”. Vennero scelti maldestramente dalle autorità locali per svolgere un incarico per altro solitamente attribuito a una sola persona: quello di podestà; figura atta a garantire e conservare la pace e di smorzare gli animi dei fiorentini più bellicosi.

Tra i due, Catalano simpatizzava per i Guelfi, mentre Loderingo per i Ghibellini. All’inizio agirono con saggezza e giustizia, ma poi, pressati dal papa, finirono per favorire i Guelfi, anzi fomentarono una rivolta popolare che aveva come obbiettivo la distruzione delle case dei capi avversari, tra cui quella degli Uberti. Il quartiere Gardingo vicino Piazza della Signoria venne funestato dagli scontri. Qui si trovava infatti la maggioranza delle case Ghibelline.

Ma chi sono i personaggi fiorentini o legati alle vicende legate alla città incontrati da Dante?

Guido Guerra era nato all’incirca nel 1220 a Montevarchi e morì nell’ ottobre del 1272. Fu un abile condottiero ed un uomo politico membro della famiglia dei conti Guidi, figlio del conte Marcovaldo di Dovadola e di Beatrice dei conti di Capraia. Trascorse un periodo alla corte di Federico II di Hohenstaufen diventando uno dei favoriti del sovrano. Tornato a Firenze però si rivelò un convinto Guelfo, divenendo uno dei principali capi di questa fazione ed in seguito uomo di fiducia di papa Innocenzo IV. Nel 1240 ventenne, difese con la sua guarnigione di bolognesi e veneziani, Faenza dall’assedio dell’esercito di Federico II. Nel 1248 fu nominato Capitano Generale della Santa Sede. Combatté nel 1255 al servizio di Firenze contro gli aretini e nel 1260 partecipò alla battaglia di Montaperti, dove vennero sconfitti i Guelfi. Combatté anche al servizio di Carlo I d’Angiò a San Germano e nella battaglia di Benevento del 1266, quando i Guelfi vinsero. In quell’occasione Guido si distinse ricevendo onori e riconoscimenti e divenendo così Vicario angioino per la Toscana, podestà di Lucca e Capitano Generale dei Guelfi di Toscana. Tornerà a Firenze nel 1267 per morire nel suo castello di Montevarchi nel 1272.

Di Guglielmo Borsiere, o Guiglielmo, sappiamo che visse e morì nel XIII secolo. Si tratta di un personaggio reale del quale però non si hanno molte informazioni storiche. Era un cavaliere di corte, costumato, educato e di buone maniere, generoso e liberale. Viene citato anche come personaggio letterario sia da Dante Alighieri che da Giovanni Boccaccio. È da poco arrivato nella bolgia dei sodomiti, portando pessime notizie dalla città e rivelandole a Iacopo Rusticucci, che preoccupato di quanto saputo, chiede a Dante delucidazioni sulla situazione di Firenze.

Alessio Interminelli o Interminei, fu invece un nobile lucchese vissuto anche lui nel XIII secolo. Apparteneva alla famiglia Guelfa Bianca degli Antelminelli, signori dell’omonimo paese di Coreglia, Antelminelli in Garfagnana. Erano proprietari dell’omonimo palazzo sito nel centro di Lucca, anche su di lui si hanno scarse notizie storiche. Inserito nell’Inferno tra gli adulatori sommerso di letame fino alla testa. Lo stesso dirà: “mi trovo all’Inferno per via delle lusinghe che mai stancarono la mia lingua”.

Fra Catalano dei Malavolti nasce a Bologna, 1210 circa e muore nell’ eremo di Ronzano nel 1285. È stato un religioso italiano, uno dei fondatori dell’Ordine della Milizia della Beata Vergine Maria, o Ordine Cavalleresco dei frati Gaudenti. Di famiglia Guelfa, fu podestà in diverse città, tra le quali Piacenza. Comandò una parte della fanteria bolognese nella Battaglia di Fossalta. Dopo aver fondato l’Ordine dei Frati Gaudenti, fu insieme con Loderingo degli Andalò per conto di papa Clemente IV incaricato di portare la pace nelle città più calde. Il loro ordine vietava di ricoprire cariche politiche, nonostante ciò, entrambi per due volte furono chiamati a reggere le sorti di Bologna: nel1265 e nel 1267. Nel 1266, poco dopo la battaglia di Benevento e la sanguinosa cacciata dei Ghibellini, furono inviati a Firenze per riappacificare gli animi dei cittadini.

Entrambi si trovano nella bolgia degli ipocriti, costretti a vagare per l’eternità coperti da pesantissimi mantelli di piombo ricoperti d’oro zecchino.

Anche Loderingo degli Andalò o Loderengo è nato a Bologna nel 1210 circa. Muore a Ronzano nel 1293. Il religioso italiano è anche lui uno dei i fondatori dell’ordine della Milizia della Beata Vergine Maria. La sua famiglia era nobile e Ghibellina. Il padre era Andrea Lovello, soprannominato Andalò (da qui il suo cognome) e da Ota. Era il fratello della beata Diana, la fondatrice del monastero domenicano di sant’Agnese e di Brancaleone, podestà di Genova e senatore di Roma. Fu imprigionato nel 1239 da Federico II. Ricoprì la carica di podestà a Modena, Firenze e Bologna. Il suo ordine era costituito da chierici e laici, aveva il compito di contrastare le eresie e di pacificare le fazioni cittadine in lotta. I membri dell’Ordine avevano il permesso di portare con loro le armi. Nel 1267 Loderingo si ritirò nell’ eremo di Ronzano sulle colline bolognesi. Qui ebbe per compagno Guittone d’Arezzo che gli dedicò una canzone nella quale veniva esaltata la sua serena pazienza.

Continua il viaggio in compagnia di Dante nel suo Inferno alla ricerca di personaggi fiorentini o legati alla storia della città.

Riccardo Massaro
Dante e il suo fantastico viaggio 4: Dante e i personaggi dell’Inferno.
Tag:                                 

Un pensiero su “Dante e il suo fantastico viaggio 4: Dante e i personaggi dell’Inferno.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Traduttore