Prima parte

Seconda parte

Terza parte

Virgilio e Dante salgono su una barca per attraversare il fiume Stige, quando compare innanzi a loro un’anima tutta sporca di fango che si rivolge a loro con tono arrogante e stizzoso.

È Filippo Argenti, un grande nemico del Sommo poeta che aveva scelto di parteggiare per la parte Nera dei Guelfi. Apparteneva ad una famiglia altezzosa e violenta quella dei Cavicciuli; una delle tante famiglie venute da fuori città, quelle che secondo Cacciaguida (vedi primo articolo) portarono al decadimento la città di Firenze.

Argento è un uomo che non ha lasciato un buon ricordo di sé; impotente e furioso per la sua condizione attuale, si ritrova confinato all’inferno e si aggira nervoso tra i dannati che intanto gli si scagliano addosso violentemente, mentre sprofonda inesorabilmente nel fango più lurido. L’unica cosa che può fare, è mordere se stesso per sfogare tutta la sua rabbia.

Filippo Cavicciuoli è conosciuto anche come Filippo Argenti o Argente, era un membro della famiglia fiorentina degli Adimari, citato nell’VIII canto dell’Inferno. Sembrerebbe essere nato tra il 1266 e il 1267 e morto intorno al 1298.

Era soprannominato Argento perché amava ferrare il suo cavallo con questo tipo di metallo prezioso. Era un uomo nerboruto, di grande stazza e dall’animo bellicoso. Si narra che cavalcasse per la città appositamente con le gambe larghe per colpire chiunque incontrasse sulla sua strada. Filippo arrivò anche a schiaffeggiare Dante durante una discussione, perché di idee opposte alle sue e quando fu esiliato si appropriò di tutti i suoi beni. La sua famiglia si era ovviamente opposta accanitamente affinché non fosse ritirato il bando d’esilio a cui era stato condannato il poeta.

Filippo odiò ancora di più  Dante, quando avendogli chiesto di intercedere in sua difesa in un processo. Consapevole dei suoi crimini, Dante ne peggiorò la situazione aggiungendo alla sua già critica posizione una denuncia per appropriazione indebita di suolo pubblico, che finì per raddoppiare la condanna pendente su Filippo.

Dante e Virgilio ricominciano poi il loro viaggio per ritrovarsi in prossimità di alcuni sepolcri infuocati con i loro coperchi alzati. Qui Dante viene riconosciuto da un’anima dannata dal suo dialetto fiorentino. È Farinata degli Uberti, il capo Ghibellino vincitore della battaglia di Montaperti, morto un anno prima della nascita di Dante. Dall’aspetto statuario, fiero con il petto all’infuori e la fronte alta, si guarda intorno sdegnoso e sprezzante. Farinata chiede a Dante quali fossero i suoi antenati, scoprendo che erano stati tutti suoi fieri avversari che aveva combattuto e sconfitto. Nonostante la sconfitta però, i Guelfi, a differenza dei Ghibellini, erano sempre riusciti  a rientrare a Firenze. Così il confronto tra i due si accende e si anima sempre di più.

Intanto da un sepolcro emerge un’altra anima, è quella di Cavalcante dei Cavalcanti, il padre di Guido Cavalcanti, un grande amico di Dante. I Cavalcanti erano imparentati con Farinata, perché Guido aveva sposato una delle sue figlie.

Cavalcante, morto quando Dante aveva quindici anni, cerca il figlio, ma non vedendolo in compagnia del suo amico lo crede morto. Costernato, sparisce di nuovo dentro la sua tomba con il suo dolore.

Lungarno Maria Luisa dei Medici. Farinata. Foto di Clara Virgili.

L’altezzoso e tronfio Farinata intanto, rimane visibilmente amareggiato dalle parole di Dante, da cui ha scoperto l’amaro destino dei Ghibellini: quello di non riuscire più a fare ritorno nella loro Firenze.  A questo punto non per senso di vendetta, ma di compatimento, condividendo la stessa sofferenza, Farinata annuncia a Dante che da lì a quattro anni anche lui scoprirà il tormento doloroso di non poter tornare nella propria città… Approfittando della disponibilità del poeta, gli chiede come i fiorentini si erano comportati nei confronti della sua famiglia, scoprendo con dolore che erano stati piuttosto duri nei confronti degli Uberti. Avevano infatti distrutto le loro case e violato le tombe, gettando le salme nell’Arno per vendicarsi dell’esito della battaglia di Montaperti, quando il fiume Arbia si era colorato di rosso del sangue fiorentino.  Nonostante tutto, Farinata si era però opposto fieramente alla distruzione di Firenze, ma questo non era servito a mitigare la vendetta dei concittadini nei suoi confronti.

Dante rimane commosso dalla passione e dall’amore che Farinata manifesta per Firenze. Così, dopo questo confronto, Dante si addolcisce e ripensa a Cavalcante e alla sua pena per la sorte del figlio, prega allora Farinata di riferire al padre che Guido è ancora vivo e di non preoccuparsi per lui. Poi Farinata, senza astio, se ne va, augurando a Dante di ritornare presto nel mondo dei vivi.

Dante però è rimasto scosso dalla profezia di Farinata lasciando quei dannati per continuare il suo viaggio in compagnia di Virgilio…

Ma chi sono questi due personaggi fiorentini di cui parla Dante?

Cavalcante de’ Cavalcanti è nato intorno al 1220  e morto nel 1280 circa in Toscana. È stato un filosofo epicureo italiano di parte Guelfa. Non credeva nell’immortalità dell’anima e sosteneva che l’unica realtà fosse costituita dagli atomi. Dante lo incontra nel X canto dell’Inferno, dove è collocato in una fossa infuocata a scontare la sua pena per eresia.

Si era imparentato con Farinata degli Uberti attraverso il matrimonio del figlio Guido con la figlia di lui Beatrice, da cui erano nati due figli: Tancia e Andrea. Il matrimonio avveniva spesso a quei tempi tra famiglie avversarie, quando queste volevano riconciliarsi tra loro.

Guido Cavalcanti invece, fu tra le più “belle intelligenze” di Firenze. È il primo grande amico di Dante, nato a Firenze intorno al 1259 e morto il 29 agosto del 1300. È  stato un poeta e un filosofo, esponente di spicco della corrente poetica del dolce Stil novo, partecipò attivamente tra le fila dei Guelfi Bianchi alla vita politica fiorentina. Fu grande amico personale di Dante che lo menzionerà anche nelle sue opere. Aveva le sue ricche proprietà vicino a Orsanmichele e apparteneva ad una delle famiglie tra le più potenti della città.

Nel 1260 Cavalcante, padre del poeta, fu mandato in esilio in seguito alla sconfitta di Montaperti. Sei anni dopo, in seguito alla disfatta dei Ghibellini nella battaglia di Benevento, i Cavalcanti riacquistarono la loro preminente posizione sociale e politica a Firenze.

Nel 1280 Guido fu tra i firmatari della pace tra Guelfi e Ghibellini. Ma il 24 giugno del 1300, Dante Alighieri come priore di Firenze, fu costretto a mandare in esilio l’amico nonché maestro Guido, insieme ai capi delle fazioni Bianca e Nera in seguito a nuovi scontri di cui si erano macchiati. Il 19 agosto però, venne revocato l’esilio di Guido per l’aggravarsi delle sue condizioni di salute. Moriva il 29 agosto, probabilmente a causa della malaria contratta durante l’ esilio, pochi giorni dopo essere rientrato a Firenze.

La produzione poetica che ci lascia è di cinquantadue componimenti, di cui due canzoni, undici ballate, trentasei sonetti, un mottetto e due frammenti. Fra i testi più noti, si ricordano: “Donna me prega” (canzone), “L’anima mia” (sonetto) e “Perch’i no spero di tornar giammai” (ballata).

Continua il viaggio di Dante e la ricerca di illustri personaggi fiorentini tra i trapassati…

Riccardo Massaro
Dante e il suo fantastico viaggio 3: Dante e i personaggi dell’Inferno.
Tag:                                                 

Un pensiero su “Dante e il suo fantastico viaggio 3: Dante e i personaggi dell’Inferno.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Traduttore