Piazza Madonna della Neve, via Ghibellina, via dell’Agnolo, via della Giovine Italia. Parliamo del complesso monumentale delle Murate in quel di Firenze.
I 14.500 metri quadrati comprendono: un ex monastero quattrocentesco, poi riutilizzato a carcere tra il 1883 e il 1985, due piazze (Piazza delle Murate e Piazza Madonna della Neve), una via, via delle Vecchie Carceri, un grande parcheggio con una cappella. Ovviamente la cappella è quella dedicata alla Madonna della Neve. Come nasce il nome Le Murate è in trattato il un precedente articolo.
Oggi nella struttura prendono posto delle attività commerciali, ma anche dei luoghi di aggregazione oltre che a degli spazi espositivi per mostre ed ad uffici pubblici. Per ciò che concerne i piani superiori sono stati realizzati degli appartamenti di edilizia Popolare, anche se alcuni spazi aspettano ancora di essere in qualche maniera riqualificati.
Ne parlo per ricollegarmi all’articolo precedente su Pietro Koch, qui infatti, era detenuto il suo autista quando fu chiamato per riconoscere il famigerato aguzzino che si era costituito.
Questo carcere era già attivo nel precedentemente secolo. Luogo di detenzione nel 1800, ha poi “ospitato” anarchici, socialisti e comunisti agli inizi del 1900. Verso la fine del conflitto era un luogo detentivo e non di tortura come la famosa Villa Triste di Milano o l’edificio delle SS di via Tasso.
Il direttore Giovanni Battista Mazzarisi fu costretto ad abbandonare la direzione del circolo penale, perché oltre ad essere in contatto con la Resistenza, si opponeva al trasferimento dei “suoi” prigionieri, non voleva cadessero nelle mani della Banda Carità o della Banda Koch, anche per questo fu ricercato dai tedeschi.
Dopo la liberazione Mazzarisi riprese il suo posto grazie alla volontà del Comitato Toscano di Liberazione e del Comando Alleato.
Durante la devastante alluvione del 1966 quattro metri d’acqua invasero le celle; aperte le porte ben 83 detenuti fuggirono, gli altri invece non solo rimasero, ma si adoperarono per dare aiuto alle persone in difficoltà vicino al carcere, alcuni di loro salvarono anche la famiglia del direttore. Poi ad allarme cessato, questi reclusi rientrarono in cella spontaneamente, mentre i fuggitivi furono tutti catturati.
Durante quelli che sono considerati gli “Anni di piombo”, all’interno del carcere la situazione era diventata intollerabile, ingiustizie, abusi e maltrattamenti avvenivano durante gli interrogatori, tanto da far nascere un movimento di estrema sinistra denominato “Soccorso rosso” che dava assistenza legale ai detenuti e insieme controllava le condizioni carcerarie dei reclusi appartenenti alla sinistra.
Nel febbraio del 1974 i prigionieri stanchi delle loro condizioni, misero in atto una rivolta salendo sul tetto. Durante i tumulti rimase ucciso un giovane detenuto, questo esacerbò ancora di più gli animi. L’ulteriore peggioramento della situazione, costrinse le Forze dell’Ordine ad entrare con la forza per sedare la rivolta.
All’esterno intanto si erano formati dei gruppi spontanei di manifestanti a sostegno delle ragioni dei reclusi, che ripetutamente venivano a scontrarsi con le Forze di Polizia. L’intero quartiere di Santa Croce fu interessato dai tafferugli.
In seguito a queste vicende, il carcere venne chiuso (nel 1984).
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