Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio

Questo in realtà è il vero nome della Compagnia anche se era chiamata dai fiorentini Compagnia de’ Neri a causa della veste nera e per la “buffa”, sempre nera, che copriva la testa.

La Compagnia si divideva in delle sotto-compagnie: Compagnia de’ Battuti Neri, i Buonomini delle Stinche e poi nello spedale del Tempio
Esiste molta confusione nella storia della Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio detta anche Compagnia del Tempio (da ora detta Compagnia); confusione dovuta a mal interpretazione di eventi storici, di date e per l’uso spregiudicato dei nomi.

Per i fiorentini è famosa la Compagnia de’ Neri o Battuti de’ Neri o anche solo i Neri che è però una sotto-compagnia della Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio. 

Questa Compagnia si è distinta per molte opere pie e per una nascita davvero singolare come anche di una rinascita come Arci-confraternita nel 1912.


Indice

  1. Stemma
  2. Storia della nascita della Compagnia
  3. Organizzazione della Compagnia e le opere pie
    1. Buonomini delle Stinche
    2. Compagnia de’ Neri o Compagnia de’ Battuti Neri o anche semplicemente Neri
      1. I percorsi
    3. Spedale al Tempio
  4. Le sedi della Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio
    1. L’Oratorio di Santa Maria Vergine della Croce al Tempio
    2. Chiesetta al Tempio
    3. San Niccolò degli Alliotti al Ponte al Rubaconte
    4. Luoghi dove la Compagnia aveva stemmi e altari
      1. San Simone
      2. Santa Maria Novella
      3. San Firenze
  5. Personaggi che hanno fatto parte della Compagnia
  6. Le Concessioni plenarie
  7. Chiusura e rinascita della Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio
    1. I Nuovi Capitoli della Confraternita di Santa Maria della Croce al Tempio in San Giuseppe
    2. Testimonianza, fatta di ricordi, del Dott. Giampiero Cioni
  8. Bibliografia
    1. Libri

Lo stemma

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Stemma sul portale
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Stemmi sul portone

Lo stemma della compagnia era, secondo il Migliore di Vanni, una croce rossa in campo argento con una S e una M da un lato e la T dall’altro. Questo stemma è ancora presente nell’architrave del portone dell’oratorio ed anche se consunto dal tempo e privato dei colori originali si riconosce la croce centrale tipica templare e le lettere che alla sinistra della croce sono SM e alla destra della croce è la T.

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Disegno dello stemma

Secondo Gio. Battista Uccelli (A) era invece una scritta latina rossa in campo azzurro o bianco, nel mezzo una croce in campo di stelle con i monogrammi SM e T, la frase latina era “ S. Societatis S. Marie de Cruce ad Templum Fiorente” (A pag. 8).

Due stemmi intagliati sono presenti anche sul portone in legno dell’Oratorio, nei due lobi superiori. In quello di sinistra è rappresentato lo stemma della Compagnia e in quello di destra lo stemma di uno dei vari rami della Famiglia Torrigiani.


Storia della nascita della Compagnia

La Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio nasce a Firenze il 25 marzo del 1347. La storia della nascita è alquanto singolare ed è dovuta ad alcuni giovinetti del Popolo di San Simone che si radunavano presso l’angolo di via de’ Macci (già via San Francesco) con via de’ Malcontenti (oggi via San Giuseppe e prima del 1333 via del Tabernacolo e prima ancora via del Tempio) di fronte ad un tabernacolo con un’immagine della Madonna per cantarne le lodi (A pag. 8/9). Il cambiamento del nome delle strade nel tempo ha generato confusione, molto importante ricordare che il nome originale dell’attuale via San Giuseppe; era in origine via del Tempio.

All’epoca a Firenze i tabernacoli agli angoli delle vie erano frequenti, infatti erano più quelli che avevano un’immagine religiosa che quelli senza. Oggi ne restano pochi conservati ed ognuno ha una storia da raccontare.

Il Tabernacolo della Vergine oggi non esiste più e taluni, sbagliando, credono che si tratti del Tabernacolo della Vergine o di Sant’Onofrio all’incrocio fra via de’ Malcontenti e via delle Casine, tabernacolo che invece è stato eretto più tardi.

La Vergine sembra avesse concesso molte grazie e sulla scia di queste erano tante le persone che si fermavano per una preghiera. Probabile che sia stato il desiderio di rendere grazia alla Santa Maria che accese il desiderio dei giovani fedeli di riunirsi in una Compagnia che potesse portare in cambio gentilezza, preghiera e aiuto a chi era meno fortunato.

Secondo il Fioretti (E) la Vergine del tabernacolo cui ci si riferisce doveva essere della Maria Vergine del Giglio che indusse anche la formazione della Confraternita di San Giuseppe (E pag. 87).

I Giovani decisi a creare la Compagnia si organizzarono per mettere insieme dei fondi e tra gli scopi nobili il più sentito era di erigere un luogo dove i condannati a morte potessero pregare e chiedere perdono per l’ultima volta prima che si eseguisse la sentenza. Si accordarono per tassarsi e mettere da parte 4 denari ogni settimana con lo scopo di creare una cappelletta o una chiesetta possibilmente in prossimità dei Prati della Giustizia.

Durante i loro incontri ognuno proponeva idee per delle opere pie. Due si affermarono maggiormente, una era alleviare materialmente e spiritualmente il supplizio dei condannati a morte, e l’altra portare conforto materiale e preghiera ai condannati del Carcere delle Stinche.

I canti e le voci dei fanciulli che in fronte al Tabernacolo si battevano in penitenza attiravano molto il popolo facendo aumentare il numero dei membri della Compagnia che si arricchì non solo di giovani ma anche di adulti. Allo stesso tempo aumentarono le elemosine e le donazioni dati i buoni propositi dei confratelli (A pag. 9).

La Compagnia crebbe così tanto da doversi radunare sotto le volte di Santa Croce (sul lato di via Largo Piero Bargellini), si dice riferendosi presso Santa Maria Maddalena (ndr. forse si intende la Cappella Rinuccini che è consacrata a Maria Maddalena iniziata a costruire nel 1333) (A pag. 9).

Sotto le volte di Santa Croce fu redatto il primo statuto ed eletto il primo Sindaco della Compagnia; nello statuto fu stabilito che il loro officio principale, ma non unico, era confortare i rei condannati a morte e ricondurli al pentimento. Fu deciso inoltre di allestire uno ‘spedale, di far visita caritatevole ai carcerati delle Stinche ed aiutare le partorienti (A pag. 9).

A causa della pestilenza che appestava Firenze in quel periodo solo il 10 maggio 1355 furono approvati gli statuti della Compagnia da Matteo da Narni vicario di Francesco vescovo di Firenze. In seguito approvati nel 1366 dal Cardinal Pietro Corsini Vescovo di Firenze ed infine approvati nel 1369 da Papa Urbano V che li arricchì di privilegi e indulgenze (A pag. 10).

Gli statuti dell’epoca sono andati persi, ma Uccelli (A) nel suo libro da pag. 33 a pag. 58 riporta i capitoli degli statuti redatti da Benedetto Titi e tratti dal Codice 43 (ndr: o 45), Cl. VIII Magliab (ndr: Biblioteca Magliabechiana).

La Compagnia assunse il nome di Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio. Il nome non fu inventato e la discussione sulla sua origine ha coinvolto tutti gli autori di testi e articoli in supposizioni e soprattutto confusioni.

Prima di illustrare le ipotesi sostenute dai vari autori e trarne le conclusioni, vorrei ricordare che tutta l’area che da Santa Croce si estendeva verso Piazza Piave era chiamata al Tempio e taluni sostengono questo appellativo sia dovuto alla presenza di un grande Tempio Templare identificato nella sede originale con la Cappella dei Pazzi. Questo avvalorerebbe la presenza templare nell’area in oggetto e quindi la possibilità concreta anche della presenza di uno spedale gestito dai Templari. Il fatto che questa area si identificasse come “al Tempio” è scritto anche dall’Uccelli citando una provvisione della signoria del 30 giugno 1318 in cui si ordina di terminare il Carcere delle Stinche nell’area indicata come al Tempio (A pag. 8).

Tutti tendono ad essere concordi che la prima parte del nome derivi da uno spedale presente in via de’ Malcontenti (indicato nei pressi della Porta San Francesco) che nel 1332 era diretto da Sor Giovanni. Spedale chiamato appunto di Santa Maria Vergine della Croce. Qualcuno sospetta che questo spedale fosse fuori delle mura e gestito dai Templari, un’ipotesi quanto meno strana dato che posizionare uno spedale fuori dalle mura era alquanto rischioso. Nella realtà, come vedremo in seguito, questo spedale era sito nell’attuale via San Giuseppe fra i civici 12 e 14.

La parte “al Tempio” invece è incerta nella sua origine ed è soggetta a più versioni che riporto per dovere di cronaca (A pag. 7).

Queste le versioni fornite dai vari studiosi.

  • Una prima versione vuole che “al Tempio” derivi dal fatto che l’area scelta per costruire la chiesetta atta all’ultima preghiera dei condannati e alla loro successiva sepoltura sia stata eretta fuori delle mura ai Prati della Giustizia (ndr: oggi piazza Piave). Il luogo in oggetto era fuori da porta San Francesco o Porta della Giustizia (ndr: in antichità chiamata anche Porta San Candida) a ridosso delle mura di fortificazione e sembra che in quell’area ci fosse un tempio dedicato agli idoli e da questo derivi la scelta al Tempio. Ancora oggi è presente il Lungarno del Tempio che da piazza Piave arriva sino al ponte da Verrazzano. Questa è la versione creduta da Tozzetti e Targioni ed anche dall’Uccelli (A) (B pag. 28). Questa versione sembra però inverosimile, sarebbe il primo caso e mai ci sarebbe stato un caso analogo, in cui una Compagnia religiosa assuma una denominazione pagana. Inoltre ricordo che l’attuale via San Giuseppe all’epoca si chiamava via al Tempio che conferirebbe maggior senso all’indicazione “al Tempio” presente nel nome della compagnia.
  • Una seconda versione vuole che la dicitura “al Tempio” derivasse dalla vicina Chiesa di Santa Croce e D’indico (C) ne è sostenitore affermando che anche il vicino Convento di San Francesco nella via omonima (oggi de’ Macci) era chiamato S. Francischi a Templo de Maccis (C pag. 4). Anche questa versione sembra alquanto improbabile se non nel fatto che tutta l’area, come detto, era chiamata al tempio.
  • Una terza versione vuole che esistesse uno spedale fuori dalle mura in prossimità di Porta San Francesco di appartenenza templare. In attesa della costruzione della chiesetta della Compagnia sembra fosse usata, provvisoriamente, per l’ultima preghiera dei condannati la cappella dello spedale templare e da cui il nome “al Tempio”. Esiste però un controsenso nelle date infatti sappiamo che l’ordine templare fu abolito da Clemente V nel 1307 ed è quindi improbabile che sia stata usata la cappella dello spedale in oggetto dalla Compagnia che nasce invece nel 1347. Detto questo la suddetta ricostruzione può assumere significato diverso se si considera la posizione dello spedale fuori dalle mura errata e la giusta posizione, reale, nella via del Tempio di allora.
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    Cartina della Firenze dell’epoca
    Giungiamo alla quarta versione, forse la più probabile, ottenuta da noi dall’interpretazione delle varie versioni. La sede prima e principale della compagnia fu l’Oratorio, ancora esistente, in via San Giuseppe. Come vi ho detto consideriamo che all’epoca anche questo tratto di via si chiamava de’ Malcontenti e ancora prima si chiamava via del Tabernacolo e prima ancora via del Tempio. Il nome antico della via del Tempio deriva con buone probabilità dal fatto che era la via che dalla città, usciti dalla porta, raggiungeva il grande tempio pagano fuori dalle mura. L’attuale Oratorio in quella via era probabilmente lo spedale Templare e con buonissima probabilità rimasto libero dopo il 3 aprile 1312 (NdR: Bolla papale di soppressione dell’ordine Templare). fu affidato alla Compagnia formatosi nel 1347. Questo è avvalorato dal Fioretti (E) il quale afferma in una nota sul suo libro a pag. 59 che in un codice del Lami nº3212 fasc. V nº 29 si leggono queste parole “Xenodochium Sanctae M. Templi, pro pauperibus mendicantibus. Haec olim erat Mansio aequestris Ordinis Templariorumquae nomen Templi adhuc retinet”. Quindi se ne deduce che lo spedale Templare non era fuori dalle mura fiorentine ma entro le mura e dove poteva essere se non in una via dedicata ai templari stessi, appunto via del Tempio. Inoltre sempre il Fioretti (E) afferma che la sede della Compagnia era una cappella o chiesetta sita in via de’ Malcontenti fra via de’ Macci e via dei Pelacani (oggi via delle Conce), vicino alla Chiesa di San Giuseppe, una antica struttura con una tettoia (ndr: tetto) sporgente sopra la porta (E pag. 75/76). Questo spiegherebbe anche la presenza della croce templare inclusa nello stemma della Compagnia magari per rendere omaggio al luogo che ospitava la Compagnia stessa. Lo ‘spedale templare in via del Tempio si chiamava Santa Maria Vergine della Croce con la dicitura al Tempio dovuta alla sua posizione nella via al Tempio. Quindi, in realtà, la compagnia assunse il nome che era già di pertinenza del luogo omettendo l’indicazione Vergine.
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Cartello informativo Comune di Firenze

Informazioni storiche errate fornite dal Comune di Firenze.
L’oratorio, oggi sconsacrato, ha sempre avuto lo stesso nome anche prima della formazione della Compagnia, Oratorio di Santa Maria Vergine della Croce al Tempio ed è la Compagnia che assume questo nome senza la desinenza Vergine. Anche questa variazione ha indotto spesso in errore tanto che lo stesso Comune di Firenze fornisce indicazioni sbagliate su nome e dati storici.

Questa chiesetta, un Oratorio, svolgeva la funzione di chiesa privata in quanto di pertinenza solo della Compagnia. Asservita come luogo di riunione e di preghiera, e nei primi tempi, prima della costruzione della Chiesetta al Tempio fuori dalle mura, era anche di luogo dell’ultima preghiera per i condannati a morte.

Ragionando in questi termini si comprende anche perché sia stato inclusa la gestione di uno ‘spedale nelle opere pie della Compagnia che si trovavano a gestire proprio lo spazio che un tempo era lo ‘spedale templare.

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Oratorio Santa Maria Vergine della Croce al Tempio in via San Giuseppe 1900

Infine, che la sede ufficiale della Compagnia fosse l’attuale Oratorio trova concorde anche il Cappelli (B pag. 35) il quale evidenzia come fosse inadeguata la chiesetta al Tempio (terminata nel 1366) per le riunioni e le preghiere della Compagnia, questo sia per le dimensioni sia perchè ancora non esisteva alla nascita della Compagnia sia per il fatto che si trovava fuori dalle mura cittadine cioè in luoghi pericolosi; gli incontri si dovevano svolgere necessariamente entro le mura.

Ruolo diverso assume la chiesa ancora da costruire fuori dalle mura. Una piccola anticipazione, per dissipare altri dubbi, la chiesetta fuori dalle mura, sede dell’ultima preghiera per i condannati è sempre stata chiamata “solo” al Tempio.

Queste incertezze sul nome della Compagnia, sulla sede prima, sul suo nome e posizione, il fatto che la chiesetta costruita in seguito fu chiamata al Tempio, la errata posizione riportata per l’ospedale templare, il fatto che la via in origine si chiamava al Tempio e cosi era indicata tutta quell’area cittadina hanno creato grandissima confusione che poi si è riversata nei libri e negli articoli successivi.


Organizzazione della Compagnia e le opere pie

La struttura organizzativa della Compagnia si modificò molto nel corso del tempo dato che le opere pie aumentavano sia in diversificazione sia in attività sul campo e necessitavano quindi di nuove persone che si attivassero in opportune sotto-compagnie; questo ha portato a modifiche successive dello statuto.

Le prime modifiche risalgono al 27 gennaio 1442, poi una nuova riforma degli stessi il 26 ottobre 1488. Il 20 gennaio del 1572 ad opera del Granduca Cosimo I furono eletti dei riformatori che rielaborassero gli statuti della Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio (A pag. 20/21).

Anche se la Compagnia era una, al suo interno esistevano delle divisioni dovute alla ripartizione dei compiti e per lo svolgimento delle opere pie. Queste componenti pur rifacendosi sempre alla Compagnia del Tempio godevano di una discreta autonomia (A pag. 18).

I confratelli erano eterogenei, la Compagnia si componeva di nobiluomini e professionisti ma anche di artigiani e bottegai e pur nella differenza delle classi sociali il lavoro era svolto in equità di funzione. I confratelli provenivano da tutti i vari quartieri fiorentini ed anche da aree fuori dalle mura. Nei primi anni di attività della Compagnia venivano eletti ogni sei mesi sei Capitani ed un certo numero di consiglieri e ufficiali. Tutti, ogni due mesi, si radunavano presso l’Oratorio per decidere gli uffizi da compiere. Ogni 5 anni veniva eseguito un censimento degli appartenenti alla Compagnia (A pag. 18).

Le sotto-compagnie all’interno della Compagnia erano varie, si conosce:

I “Buonomini delle Stinche”, la “Compagnia de’ Neri o Battuti Neri” e chi si occupava della gestione dello spedale del Tempio, persone che faceva capo allo “Spedalingo”. Erano presenti poi altre figure come i Consiglieri, dei Provveditori, due persone con il compito di Maestri dei Novizi ed altri con svariate mansioni.

Buonomini delle Stinche

La Compagnia eleggeva a sorteggio quattro persone dette i “Buonomini delle Stinche” le quali si occupavano di gestire l’opera pia presso il Carcere delle Stinche.

All’epoca i carcerati vivevano di privazioni e stenti e solo chi poteva permettersi di pagare otteneva un trattamento migliore, chi non aveva agiatezza economica era abbandonato a se stesso. Insieme ai Buonomini delle Stinche prestavano servizio a fianco della Compagnia altri 4 uomini scelti per meriti dallo steso Granduca.

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Carcere delle Stinche

Il Carcere fiorentino delle Stinche si trovava al posto dell’attuale Teatro Verdi ed occupava l’intero isolato. Ancora oggi la via dietro il teatro prende il nome di “Isola delle Stinche”.
La Confraternita mediante i Buonomini delle Stinche cercava di alleviare queste sofferenze prestando la sua opera all’interno delle carceri, cioè forniva oltre ad assistenza spirituale anche un’assistenza materiale ai prigionieri. Questi confratelli si occupavano di amministrare le donazioni e i lasciti che provenivano dai fiorentini di buon cuore e usavano il denaro per migliorare il vitto e per le cure mediche dei prigionieri.

L’ammirazione dei fiorentini fece loro assumere, nel tempo, notorietà e conseguentemente tanta autorità, addirittura gli fu concesso di scegliere fra i detenuti per debito persone che potevano essere rilasciate, liberare dalla prigionia, con la promessa di vigilare se i debiti contratti dai rei fossero correttamente ripagati; assunsero quindi un ruolo di garanti (A pag 17).

Nel 1428 la Repubblica Fiorentina autorizzò la Compagnia ad assumere del personale che i Buonomini delle Stinche potevano impiegare presso le carceri e migliorare quindi la loro opera pia; furono assunti un medico, un cappellano, un custode ed un barbiere (A pag. 13/14). Questa opera meritoria, svolta con solerzia e abnegazione rese la Compagnia talmente benvoluta dalla gente da indurre la Repubblica ad emettere delle sovvenzioni pubbliche, pari a 112 fiorini d’oro all’anno, che si integravano alle donazioni ed ai lasciti dei fiorentini.

Alcune di queste donazioni sono riportate, come quella di Michele di Donato pianellaio, che il 28 aprile 1413 lasciò incarico allo spedale di Santa Maria Nuova che per ogni 25 marzo (ndr: capodanno fiorentino) doveva fornire due staja di pani fatti e un barile di vino alla Compagnia la quale li girava ai carcerati delle Stinche e in caso di mancanza Santa Maria Nuova perdeva il diritto su un podere in val di Greve (A pag. 13).

Compagnia de’ Neri o Compagnia de’ Battuti Neri o anche semplicemente Neri

I “Battuti Neri” erano coloro che si occupavano del conforto spirituale e religioso dei condannati a morte. Si caratterizzavano per l’uso di abiti neri e per una buffa, anch’essa nera, calata sulla testa con lo scopo di celare l’identità, chi compiva l’opera buona. Non si faceva per tornaconto personale ma per carità cristiana e questo era legge per i Neri. Quest’abito nero era caratterizzato da una croce rossa sul davanti che si estendeva su torace e addome.

Da considerare che all’epoca la giustizia negava ai condannati ogni benevolenza ed anche ogni tipo di sacramento, non solo in vita ma anche nella morte privandoli anche di una degna sepoltura in terra consacrata; i corpi venivano gettati semplicemente in fosse comuni se non ceduti per ricerca scientifica (A pag. 10).

Per la Compagnia questa mancanza dei sacramenti che riconducessero il reo al pentimento in grazia di Dio erano intollerabili e il loro impegno per rendere le ultime ore del condannato meno dure e per riavvicinarlo a Dio erano encomiabili.

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Porta della Giustizia – I dipinti di Fabio Borbottoni 1820 – 1901 – Veduta interna.

Il 28 aprile 1356 la Compagnia de’ Neri, per la prima volta, vegliò per tutta la notte, accompagnò al patibolo in processione e seppellì dopo l’esecuzione un giustiziato. Un codice Riccardiano racconta che la processione post condanna, con i Neri al seguito, passando con il carro che trasportava il cadavere in una viuzza stretta fra Porta Guelfa e Porta della Giustizia ebbe un incidente dovuto al cavallo che imbizzarrito, forse per la folla, si impennò. Nonostante la tanta gente presente non ci fu danno per nessuno se non per il cadavere del giustiziato che cadde a terra (A pag 10). L’episodio sembrò di malaugurio per la Compagnia che però perseverò nonostante il brusio popolare conquistando nel tempo il plauso dei fiorentini.

La Compagnia de’ Neri all’interno della Compagnia di Santa Maria della Croce al tempio fu istituita ufficialmente come sotto compagnia il 27 gennaio del 1442, riformata poi il 26 ottobre del 1488 e poi in via definitiva il 20 gennaio del 1572 da Cosimo I.

Il servizio de’ Neri cominciava quando il Magistrato degli Otto condannava a morte un prigioniero. La sentenza veniva inviata al luogo di detenzione che poteva essere il Bargello o anche il carcere delle Stinche e veniva recapitata anche alla Compagnia de’ Neri presso l’Oratorio di Santa Maria Verigine della Croce al Tempio. Un servo, ricevuto l’avviso, andava di negozio in negozio e di casa in casa ad avvertire i confratelli dell’imminente suplizio. I confratelli della Compagnia de’ Neri si radunavano e si preparavano con la veste nera e la buffa ben calata su testa e sul volto. Si radunavano in seguito presso la Cappella del Bargello cioè la Cappella di Maria Maddalena o Cappella del Podestà dove era condotto anche il reo. I Neri gli comunicavano sia la sentenza di morte sia il metodo per giustiziarlo. Per tutta la notte lo confortavano facendo dei turni di un’ora, lo invitavano al pentimento e alla confessione (A pag. 18). Non solo si operava una carità spirituale ma anche materiale mediante liquori o dolcetti tipo confetti o altro, rendere quieto il corpo per recuperare lo spirito.

Le sentenze potevano essere eseguite sia al Bargello, di solito con il taglio della testa, sia ai Prati della Giustizia, di solito per impiccagione, ma anche per le piazze o strade di Firenze. Che la sentenza fosse eseguita presso il Bargello o fuori dalle mura lo scopo era spettacolarizzare l’evento, infatti si eseguivano le sentenze al Bargello a porte aperte in maniera da renderle monito per le persone. Lo stesso effetto si otteneva anche eseguendo la condanna per le vie o le piazze in maniera che tutti potessero assistere. Eseguire la sentenza presso i Prati della Giustizia permetteva il contenimento di una grande folla e rendeva l’esecuzione spettacolare nel suo monito.

Un’ora prima della sentenza il suono della Campana Montanina cioè la campana del Bargello avvertiva i fiorentini dell’imminente esecuzione.

L’assistenza spirituale e materiale de’ Neri si protraeva, se la sentenza non veniva eseguita al Bargello ma ai Prati della Giustizia, per tutto il percorso del condannato sino al patibolo. Si formava una processione costituita dagli sbirri e dai Neri seguiti dalla popolazione e il condannato veniva accompagnato al luogo del supplizio; i confratelli durante il percorso recitavano i salmi. La processione si soffermava davanti ai vari tabernacoli e l’ultima sosta era, prima del 1366, presso la Chiesa di Santa Maria Vergine della Croce al Tempio e dopo il 1366 alla Chiesetta al Tempio fuori dalle mura. Qui i rei ricevevano gli ultimi sacramenti per poi essere condotti innanzi al patibolo dove i Neri chiedevano suppliche per l’anima del condannato. Quindi sino a che la Chiesetta al Tempio non fu terminata nel 1366 l’ultima sosta avveniva presso l’Oratorio nell’attuale via San Giuseppe.

Il Gio. Battista Uccelli riporta:

“Gli uomini della quale (N.d.R. Compagnia del Tempio) dato che s’è il comandamento dell’anima ad alcuno, che dee esser giustiziato, vanno a confortarlo tutta notte, e il dì l’accompagnano a uso di battuti, colla tavoluccia in mano, sempre confortandolo.” (A pag. 6).

Possiamo inoltre leggere testimonianza nella “Storia Fiorentina” di Benedetto Varchi: “Evvi eziandio la memorabile Compagnia del Tempio, chiamata de’ Neri, gli uomini della quale, dato che s’è il comandamento dell’anima ad alcuno, che deve esser giustiziato, vanno a confortarlo tutta notte…”’

L’opera della Confraternita non cessava nemmeno terminata l’esecuzione ma proseguiva anche dopo in quanto provvedevano a seppellire i giustiziati (A pag. 18). Sepoltura che avveniva presso il cimitero della Chiesetta al Tempio.

Proprio questa carità cristiana e per l’aspetto nero e cupo dei confratelli i fiorentini li conoscevano bene ed apprezzavano molto i Neri che divennero così famosi tanto da generare confusione sul fatto di essere una compagnia indipendente e non una parte della Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio.

Questo impegno solenne divenne nel tempo l’opera pia principale della Compagnia; addirittura con l’approvazione degli statuti del 1360 da parte dal Cardinal Pietro Corsini questa opera di assistenza materiale e spirituale dei rei divenne, anche statutariamente lo scopo principe della Compagnia.

Da ricordare che fra i loro assistiti ci fu anche il Savonarola che nel 1498, rinchiuso nella torre di Arnolfo in Palazzo Vecchio, nella cella detta l’alberghetto, fu confortato da Jacopo Niccolini facente parte dei Neri.

Il percorso

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Percorso dei condannati a morte

Il percorso dei condannati a morte fino al luogo delle esecuzioni fu lo stesso per diversi secoli. Il corteo composto dagli sbirri e dai Neri partiva dal Bargello e percorsa via Dei Leoni entrava in via de’ Neri, svoltava verso sinistra per raggiungere piazza San Remigio, proseguiva in via Magalotti per svoltare a destra in Borgo de’ Greci e da cui accedeva a Piazza Santa Croce che attraversata per la sua lunghezza conduceva il corteo a Largo Pietro Bargellini che poi diveniva via de’ Malcontenti sino alle antiche mura. Oggi il tratto da Largo Bargellini a via de’ Malcontenti si chiama via San Giuseppe. Il corteo usciva dalle mura cittadine da Porta San Francesco, anche detta Porta della Giustizia, accedendo a quella che oggi è Piazza Piave e che all’epoca era conosciuta come “Prati della Giustizia” dove veniva eretto il patibolo e compiuta la sentenza ad opera del boia.

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Crocifisso usato nella processione

Lo spazio ai Prati della Giustizia si prestava molto bene per le esecuzioni capitali in quanto permetteva alla popolazione di assiste in massa all’evento. La tradizione fiorentina di appendere i giustiziati a morte sul muro del Bargello come esempio per il popolo proseguiva nel rituale del percorso dei condannati lungo le vie fiorentine e poi nello spettacolizzare l’evento ai “Prati della Giustizia”, sempre con lo scopo di rendere pubblica e monito la giustizia stessa. L’ultimo tratto del percorso spiega il nome della via detta appunto de’ Malcontenti in quanto era l’ultimo tratto percorso da coloro che andavano a morire; la strada all’epoca si caratterizzava per la presenza di uno spedale e un orfanotrofio, luoghi altrettanto popolati da persone non contente. Alla testa del corteo che accompagnava i detenuti veniva usavano un crocifisso che oggi è conservato nella Chiesa di San Giuseppe.

[cml_media_alt id='283']Tavoluccia[/cml_media_alt]
Tavoluccia usata per “battersi”

Dei tanti membri della Compagnia solo alcuni erano autorizzati a confortare i condannati a morte e il loro nome doveva restare segreto pena l’espulsione, per questa ragione si coprivano il volto con il cappuccio nero. La buffa aveva proprio lo scopo di nascondere l’identità di chi compiva buone opere. Da questo aspetto rituale deriva il nome che in termini popolari fu assegnato ai confratelli, “La compagnia de’ Neri” o anche i “Battuti de’ Neri” in quanto era rituale che gli incappucciati accompagnando il giustiziato al patibolo e si battessero con una tavoluccia in segno di penitenza (A pag. 6).

Campana della morte

Per tutto il tragitto veniva suonato un campanaccio detto “campana della morte”. Questo campanaccio è oggi conservato presso il Museo dell’Arciconfraternita della Misericordia di Firenze in piazza del Duomo.

Nel 1368 la Compagnia cominciò a redigere un registro dei condannati assistiti dove venivano annotati non solo i nomi ma anche i luoghi di sepoltura dei condannati.

Nel 1408 il Capitano limitò al numero di 12 i Neri e poi nel 1423 ne raddoppiò il numero in quanto in 12 non erano sufficienti. Nel 1442 si arrivò ad accreditare 50 confratelli in questo ruolo (A pag. 19).

Dal 1420 il registro dove vengono annotati i condannati e le sepolture viene redatto da Giovanni d’Andrea di Lorenzo Sommaia (A pag. 19).

Nel 1477 il prete Amedeo Amedei impose un legato perpetuo al rettore della Cappella di San Giuliano della Chiesa di San Niccolò che consisteva nell’assistere il condannato e fargli avere un panellino dolce di 3 once fatto dalle monache, pratica che dopo qualche anno cadde in disuso. I Cappellani di questa chiesa erano eletti anche con un voto della Compagnia de’ Neri; da ricordare come cappellano Lorenzo Grossi che lasciò memoria dei giustiziati da lui assistiti sull’apposito registro dal 6 maggio 1661 al 23 luglio 1695.

Sempre nel 1477, il 1º Agosto, Pietro Gianni Cardajolo pagò 70 fiorini d’oro per allestire armadi e acquaio presso la Chiesetta al Tempio (A pag. 15).

Il 20 maggio del 1503 a causa di una esecuzione mal fatta dal boia Mastro Francesco nel supplizio di Girolamo di Sandro bandieraio fiorentino si scatenò una sassaiola da parte del popolo contro il boia che ne fu ucciso, la sassaiola rischiò di coinvolgere involontariamente anche i componenti della Compagnia.

Il Registro tenuto della Compagnia si danneggiò per l’alluvione di Firenze del 1557, si riuscì però a farne una copia. Grazie a questa copia del registro oggi si conosce molti dettagli riguardo alle condanne di molti personaggi celebri e non dell’epoca.

Nel 1558 La Compagnia de’ Neri fu gemellata a quella della Misericordia di Roma che aveva gli stessi compiti (A pag.24).

Cosimo I il 20 gennaio del 1572 elesse dei riformatori per modificare gli statuti della Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio. I riformatori furono: M. Marco di Giovanbattista degli Asini, M. Vincenzo di Niccolò Godemini, Benedetto di Giovanni Covoni e Benedetto di Jacopo Antonio Busini. Nei nuovi statuti fu definito il nuovo assetto della Compagnia che sarebbe stata guidata da 9 Capitani, 3 eletti nel quartiere di Santa Croce e 2 per ogni altro quartiere. 12 persone avrebbero fatto parte della Compagnia de’ Neri e dovevano essere di famiglie che avessero goduto del Gonfalonierato di Giustizia o del Priorato, erano detti infatti “Beneficiati” e altri 38 potevano essere di famiglia nobile o popolare ma dovevano abitare in Firenze o nell’immediato contado e tutti avevano lo specifico scopo di assistere i condannati fino al momento della loro esecuzione, tutti si eguagliavano all’interno della Compagnia de’ Neri. La Compagnia de’ Neri dipendeva interamente dalla Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio e ogni lascito o donazione doveva essere girata alla Compagnia madre. Alcuni monasteri furono aggregati alla Compagnia de’ Neri in maniera che fossero avvisati dell’imminente supplizio di un giustiziato e che quindi potessero intonare delle preghiere per lo stesso (A pag 20/21).

Sarebbe bello dedicare un capitolo intero alla devozione e alla pazienza de’ Neri durante il loro uffizio, come ha fatto il Cappelli (B), ma preferisco rimandare alla lettura di questo raro libriccino per apprezzarne la narrazione.

Spedale al Tempio

Nel 1428 con una spesa di 300 fiorini d’oro avuti in eredità da Simone Buonarrota viene aperto (ndr: o forse sarebbe meglio dire riaperto) in via De’ Malcontenti uno ‘spedale ad opera della Compagnia. Fra gli ufficiali era eletto uno “Spedalingo” che gestiva lo ‘spedale insieme ad otto infermieri e paciali. Di questo ‘spedale non sarebbe rimasto ricordo se nel 1633 il giovane Michelangelo Buonarroti non avesse apposto una targa oggi visibile all’interno dell’Oratorio di Santa Maria Vergine della Croce al Tempio (A pag. 12).

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Targa all’interno dell’Oratorio

La stessa targa testimonia che lo scopo della Compagnia era puramente assistenziale ed è affissa all’interno dell’Oratorio (ancora oggi) dato che lo stesso era parte del complesso dello spedale che sembra si estendesse alle case alla sinistra dell’Oratorio Stesso. Sembra che la cucina fosse all’angolo fra via de’ Macci e via San Giuseppe (B pag. 40). La superficie complessiva dello spedale doveva essere piuttosto vasta sia lateralmente che verticalmente, molto di più dell’Oratotio stesso che con estrema probabilità era lo spedale originale templare.

Dal 1356 al 1575 furono fatte molte donazioni e lasciti alla Compagnia da utilizzare per lo spedale e per le opere pie verso i prigionieri del carcere delle Stinche. Beni alimentari e liturgie spirituali per i carcerati e cure mediche per gli indigenti erano finanziate con questi denari (A pag. 13/14).

Tutte queste donazioni sono state riportate fedelmente nei registri dal 1356 al 1575.

Particolare ricordo è la donazione fatta da Niccolò di ser Vanni, pari a 534 ducati con lo scopo di mantenere un cappellano che fosse eletto con 1 voto degli eredi del Vanni e altri due voti, uno del Capitano e uno del Sindaco della Compagnia, cappellano che probabilmente era a dimora all’ultimo piano nell’attuale via San Giuseppe 12 (B pag.41). (ndr: vedere nella seconda parte)

Nel 1751 lo spedale della Compagnia fu soppresso e ceduto al Bigallo ed assieme ad esso anche l’oratorio e tutte le pertinenze, compresa la casa abitata dallo spedaligo all’angolo fra l’allora via de’ Malcontenti e via de’ Pelacani (A pag. 14/15).

Fine prima parte

Link alla seconda parte


Bibliografia

Libri

  • A) Della Compagnia di S. Maria della Croce al Tempio – Lezione recitata il 27 gennaio 1861 alla Società Colombaria – Gio. Battista Uccelli – Firenze Tipografia Calasanziana 1861
  • B) La Compagnia de’ Neri – L’arciconfraternita dei Battuti di Santa Maria della Croce al Tempio – di Eugenio Cappelleti – Felice Le Monnier editore 24 maggio 1927 Firenze
  • C) La Confraternita di Santa Maria della Croce al Tempio – D’indico – Stabilimento tipografico E. Ducci Firenze 1912
  • D) I “Giustiziati” a Firenze – (dal secolo XV al secolo XVIII) – Rondoni – Tipografia Galileiana Firenze 1901
  • E) Storia della Chiesa Prioria di Santa Maria del Giglio e di San Giuseppe – Fioretti – Forti Firenze 1855
  • F) Storia degli stabilimenti di beneficenza e di istruzione elementare gratuita della Città di Firenze – Passerini – Le Monnier Firenze 1853
  • G) Notizie istoriche delle chiese fiorentine – parte 2 del quartiere di Santa Croce – Richa – Viviani Firenze 1775
  • H) Osservazioni istoriche sopra i sigilli dei secoli bassi – Manni – Tomo V Firenze 1730
  • I) La vita dei più eccellenti pittori, scultori e architetti – Vasari – S.A. Milano
Jacopo Cioni
Jacopo Cioni
Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio 1° parte

3 pensieri su “Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio 1° parte

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  • 19 Giugno 2017 alle 1:47
    Permalink

    Un articolo interessantissimo letto tutto d’un fiato. Di spessore. C’è però una cosa che non torna o forse ho interpretato male. L’autore scrive che Michelangelo Buonarroti avrebbe apposto una lapide in marmo all’interno dell’oratorio di S. Maria Vergine al Tempio nel 1633, mentre Michelangelo che io sappia è morto nel 1575 quindi non avrebbe mai potuto apporre tale targa. Può essere invece che Michelangelo avesse fatto la targa, ma solo nel 1633 questa fosse apposta dai capitani della compagnia del tempio insieme ai loro colleghi all’interno dell’oratorio. Però questa targa è molto interessante perchè si apprende che Michelangelo faceva parte della compagnia dei Neri e che un suo parente lasciò la sua sostanziosa eredità alla compagnia che permise alla stessa con quel denaro di costruire lo spedale. Non so se l’autore può essere d’accordo.
    Saluti.

    Rispondi
    • 19 Giugno 2017 alle 9:35
      Permalink

      Salve

      Controllerò, può essere che abbia fatto confusione con le date.

      Jacopo.

      Rispondi

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