Nelle città del Medio Evo, i Magnati erano i nobili di campagna scacciati dai loro castelli conquistati e distrutti dalle truppe formate dagli abitanti dei Comuni. Anche a Firenze come in altre parti d’Italia e Europa sorsero le prime case torri. Si dice ce ne fossero in numero di 150. Abitazioni fatte costruire da nuovi inurbati. Trasferiti nelle città costruivano queste torri, la cui altezza e l’imponenza della costruzione, raccontavano della posizione politica e sociale della famiglia a cui appartenevano.
Erano i gratta cielo del Medio Evo. Oggi a New York come tutte le città americane ha molti gratta cielo, usati come abitazioni e uffici commerciali data la densità abitativa. Di questi due così uguali da meritarsi il nome di “Torri Gemelle”. Purtroppo non esistono più sono state distrutte da un attacco aereo di terroristi arabi.
Oggi molte di queste torri sono state distrutte durante lo sventramento del centro cittadino, dove si trovavano in gran numero. Oppure sono state inglobate in brutti palazzi costruiti nel XIX secolo. In Toscana nella provincia senese, si trova il paese di San Gimignano con le sue torri conservate molto bene, malgrado gli anni passati le intemperie e la scarsa attenzione dell’uomo. Bologna conserva ancora due torri: degli Asinelli e della Garisenda, conservate abbastanza bene.
La torre di Pisa ovvero il campanile in piazza di Miracoli accanto al Duomo e al Battistero della città attira i visitatori, e unica nel suo genere è famosa per la sua pendenza verso terra. Il Vasari ci ricorda che è stata costruita da Bonanno Pisano, o dall’architetto pisano Diotisalvi impegnato in quel tempo alla costruzione del Battistero, mentre altri studiosi ritengono sia stata costruita da un certo Gherardi. In quella città si trova un’altra torre situata in piazza dei Cavalieri, chiamata torre della Muda, ma è conosciuta per aver ospitato fra le sue mura il conte Ugolino della Gherardesca dei suoi figli e nipoti dopo la sconfitta subita nella battaglia navale contro la Repubblica di Genova. Accusato dagli avversari con a capo l’arcivescovo Ruggeri accusato di tradimento, venne lasciato morire di fame insieme ai suoi familiari.
Nel XIII secolo in Firenze se ne trovavano 150 con una altezza fra i 50 e 70 metri d’altezza. Alcune di queste torri, sono state distrutte nel corso degli anni durante le guerre intestine fra Guelfi e Ghibellini, e durante lo sventramento ottocentesco del centro cittadino. Le torri ancora in piedi sono poche altre sono state inglobate in brutte costruzioni. Si possono ancora vedere isolate nelle viuzze e nei vicoli: La torre della Castagna chiamata anche “Bocca di ferro” è stata la prima residenza dei Priori, in attesa della costruzione del nuovo palazzo. Per la leggenda, si trovavano dentro quando l’11 giugno 1289 San Barnaba, ricevettero la notizia della vittoria dei fiorentini nella battaglia di Campaldino, contro gli aretini. Si trova vicino alla casa natale del Vate Dante Alighieri e alle Torri appartenute a quella famiglia.
Queste si trovavano nel cortile sul quale si affaccia la Torre dei Donati. La Torre dei Donati, alta 60 metri la più antica del centro storico di Firenze, si trova in via del Corso (così chiamata perché quando si disputava il “Palio dei Barberi”, vi passavano i cavalli scossi). Nei pressi si trovano altre costruzioni chiamate “Torri di Corso Donati”. Li vicino ci sono le Torri della famiglia di Vieri dei Cerchi (uno degli eroi della battaglia di Campaldino), appartenente alla fazione dei Guelfi Bianchi, in contrasto con i Donati facenti parte dei Guelfi Neri loro acerrimi nemici nella lotta per il potere della città. La lotta fra queste famiglie, si inasprì a tal punto che la Signoria nel XIV secolo, per far cessare le aggressioni fra i componenti delle due fazioni, decise di aprire un vicolo per evitare che abbattessero un muro in comune fra le torri, per entrare nelle abitazioni dei loro rivali. Venne creato un vicolo chiamato in seguito dal popolo “Vicolo dello scandalo”.
Torre dei Belfredelli, Torre di Marsili, Torre dei Marignolli, Torre degli Alberti, Torre degli Amidei detta dei “Leoni” (nome che gli è stato dato perché sulla facciata ci sono murate teste di pietra queste bestie), Torre della Pagliazza edificata forse in epoca romana su ruderi di terme, oppure dai Longobardi, e primo carcere femminile. Il Bargellini ha scritto nelle Strade di Firenze, che il nome Pagliazza venne dato dal popolo a questo carcere perché le donne quando vi entravano dovevano portarsi la paglia per il loro giaciglio. Le recluse venivano chiamate dal popolo “impagliate”. Torre della Serpe, si trova vicino all’Arno e faceva parte delle mura arnolfiane. Torre di San Francesco, conosciuta con il nome di Torre della Zecca Vecchia facente parte delle distrutte mura si trova vicino al fiume.
Torre dei Visdomini o Bisdomini oggi inglobata nell’edificio della Canonica dal XV secolo. I membri della famiglia si erano auto preposti ad un ruolo di “Vice Signore” durante la vacanza “Vescovile”, curando gli interessi della Curia. Torre degli Amidei detta “Bigonciola”, Torre dei Rossi di là d’Arno situata ai piedi del Ponte Vecchio all’angolo di Borgo San Jacopo, Torre dei Mannelli o “Pontigiani” all’angolo di via dei Bardi.
Dopo l’uccisione di Buondelmonte dei Buondelmonti, per aver mancato la parola ad un matrimonio riparatore per uno sgarbo. Questa fu la scintilla che accese le guerre intestine, fra i Guelfi sostenitori del Papa, e i Ghibellini dell’Imperatore. Gli scontri fraticidi iniziarono nel XII secolo e terminarono nel XIV, quando i Guelfi sconfissero per sempre gli avversari.
Quando una fazione aveva il sopravvento sull’altra, i vincitori dopo aver costretto gli avversari all’esilio, confiscavano tutti i loro beni mobili e immobili. Le torri degli sconfitti venivano abbattute. La costruzione veniva svuotata di tutto quello che conteneva, poi venivano puntellate con delle travi tutto intorno, venivano intaccate le fondamenta e infine dando fuoco alle travi, si aveva il crollo della struttura. C’è una leggenda riguardo alla Torre del “Guarda Morto” di proprietà della famiglia Guelfa degli Adimari.
Durante una di queste faide, successe un fatto vantato e descritto dalla propaganda Guelfa come miracoloso. Dall’anno 1246 Firenze era governata dai Ghibellini vincitori e dal figlio naturale dell’Imperatore Federico II Federico di Antiochia, quando nell’anno 1248 i Guelfi tentarono di rientrare con l’appoggio di Bologna. La città venne messa a ferro e fuoco, furono attaccate tutte le torri dei Ghibellini rifugiatesi dentro. Sembrava che lo scontro volgesse a favore degli attaccanti quando Rustico Marignolli capo guelfo venne ucciso a San Pancrazio. A questa notizia i difensori con l’aiuto delle truppe inviate dall’Imperatore, contrattaccarono e cacciarono gli attaccanti.
Iniziarono a distruggere le torri dei loro avversari. Arrivati alla torre degli Adimari, chiamata del “Guardamorto” in piazza San Giovanni si trovava dove adesso c’è la Loggia del Bigallo, chiamata così perché si trovava di fronte alla chiesa di Santa Reparata e anche ad un piccolo cimitero. In odio agli sconfitti e per distruggere un simbolo della parte Guelfa, e per dimostrare la loro avversione verso il Papa e la fedeltà all’Imperatore, si misero all’opera per farla crollare sul Battistero. Venne puntellata e tagliata alla base. Appiccarono il fuoco hai sostegni, ma quando questa crollò fece una giravolta, scansando il bel San Giovanni crollando sulla piazza. Il popolo gridò al miracolo.
Un’altra torre molto famosa sempre degli Adimari (famiglia antica discendente dai Marchesi di Toscana), si trovava all’angolo di via delle Oche con il Corso degli Adimari (oggi chiamata via Calzaioli), chiamata la “Neghittosa” (ritrovo di oziosi, perdigiorno e attacca brighe). Questa costruzione non esiste più, al suo posto è stata messa una targa a ricordo). Torre dei Baldovinetti già dei Conti Guidi, in Borgo Santi Apostoli, venne acquistata nel XIV secolo. Torre o Torrino di Santa Rosa, si trova di là d’Arno alla fine delle mura trecentesche, vicino al fiume nel rione di San Frediano. E’ conosciuto anche con il nome di torre di guardia o della “Sardigna” cioè della spazzatura. Addossato al muro della torre si trova un tabernacolo dedicato a Santa Rosa.
Nel XIII secolo le Torri dominavano il cielo sopra Firenze. I proprietari facevano a chi la costruiva più alta per mostrare l’opulenza o la potenza politica di chi la possedeva. Finché la Signoria stanca di questa gara (le Torri superavano l’altezza di 70 metri), volle metterci un freno. Impose a tutti che l’altezza delle Torri, non dovevano superare quella della torre del Palazzo del Bargello (torre chiamata Volognana acquistata dalla famiglia Riccomanni e inglobata nella costruzione), e del campanile di Giotto. Così quelle più alte del simbolo del potere civile e quello del potere religioso, dovevano essere “scapitozzate” cioè portate all’altezza imposta dal Governo cittadino.
In queste Torri nel Medio Evo vi abitavano persone unite da interessi comuni, rafforzati da matrimoni fra membri di altri rami della famiglia e gruppi di persone della stessa idea politica. Queste aggregazioni si chiamarono “Consorterie” società di mutuo soccorso.
Quando una famiglia della “Consorteria” veniva attaccata da i loro nemici, i componenti di questa società accorrevano in soccorso dei consorti. Nei muri delle Torri c’erano e ci sono ancora oggi, delle buche usate nella costruzione, per infilarvi le impalcature. Durante questi assalti, gli abitanti di queste Torri, si asserragliavano dentro, mentre i loro consorti infilavano nelle buche dei ponticelli, per accorrere in aiuto degli assediati. Queste Torri diventavano un castello difficile da conquistare.
Alla fine delle lotte cittadine, con l’affermarsi in città della Parte Guelfa, le Torri persero il loro uso difensivo divenendo case di abitazione. Strutturate con una cantina usata per conservarvi il vino, e l’olio usato sia per condire i cibi sia per l’illuminazione degli ambienti.
Al piano terra c’era le abitazioni della servitù, la corte, la stalla per gli animali da sella, la legnaia, e il pozzo da cui attingervi l’acqua potabile. Al primo c’era la stanza da pranzo dei padroni, dove si ricevevano gli ospiti e si facevano feste. Vi si trovava un grande camino sempre acceso. Ai piani superiori c’erano le stanze da letto con soffitti altissimi di legno chiamati “palchi”. All’ultimo piano si trovava la cucina, sistemata in alto per far sì che gli odori dei cibi potessero sfogare nel cielo. Non esistendo i servizi igienici come il gabinetto, venivano usati i “pitali” destinati a ricevere le defecazioni e l’urina. La mattina dopo venivano scaricati nella pubblica via.
Questi edifici oggi hanno finito il loro uso come riparo dai nemici, la maggior parte sono diventate a tutti gli effetti case per civile abitazione, altre sono diventate Bed and Breakfast, per turisti in visita alla città. Dalle loro finestre si gode la visione di un incomparabile panorama.