8° e ultima parte
Epilogo – Morte di Galileo Galilei
La prigionia consistette nel soggiorno coatto con la durata di cinque mesi presso la residenza romana dell’ambasciatore del Granduca di Toscana, Pietro Niccolini, a Trinità dei Monti, passando in seguito nel palazzo del Arcivescovo Ascanio Piccolomini a Siena. Ottenne dagli inquisitori romani il permesso di far recitare i salmi penitenziali dalla figlia monaca di clausura suor Maria Celeste. Nella abitazione del Piccolomini ebbe la libertà di incontrare i personaggi più in vista della città. Questa libertà finì quando una lettera anonima giunse agli inquisitori romani del Santo Uffizio. Fu minacciato di essere incarcerato. Galileo rivolse a loro la richiesta di essere confinato nella sua villa isolata il “Gioiello” ad Arcetri Firenze. Sua Santità Urbano VIII accolse favorevolmente la richiesta, stabilì che lo scienziato dovesse rimanere solo senza ricevere alcuna visita accudito dalla figlia suora, per il tempo deciso a suo arbitrio. Stabilì la possibilità di ricevere i familiari, i quali dovevano preventivamente annunciare il loro arrivo, per poter avere l’autorizzazione alla visita. Virginia (suor Maria Celeste) ebbe con il padre una fitta corrispondenza, confortandolo nel suo isolamento, durante il quale nel 1634 ricevette la notizia della sua scomparsa, era il 12 aprile.
Gli ultimi problemi nella sua vita travagliata gli vennero dal Figlio Vincenzio. Il quale, dopo il matrimonio con Sestilia Bocchineri, non riusciva a mantenere la sua nuova famiglia non avendo un lavoro stabile. Si scontrò piu volte con il padre che lo incitava a trovarsi un lavoro. Fin quando nel 1633 venne assunto presso la Cancelleria di Poppi in Casentino, ma rischiò di perderlo per la mancata presenza in ufficio, dedicando più attenzione ad una sua invenzione che al lavoro in Cancelleria. Finalmente Vincenzio ebbe un lavoro stabile venendo assunto come Cancelliere per l’Arte Maggiore dei Mercanti e della Zecca fiorentina, mantenedo l’incarico fino alla morte. Ritrovata la stabilità lavorativa si pacificò con Galileo rimanendo con lui in buoni rapporti. Venendo nominato nel testamento del padre amministratore del beni ed erede universale.
Durante la prigionia mantenne corrispondenza epistolare con amici e estimatori in Italia e all’estero. A Elia Diodati scrisse delle sue sventure, dell’invidia e la malignità “che mi hanno mandato contro” con la considerazione che “l’infamia ricade sopra i traditori e costituiti nel sublime grado dell’ignoranza”. Gli giunse la notizia che a Strasburgo, Mathias Bernegge, stava traducendo “Il Dialogo”. Venne a conoscenza di un certo Antonio Rocco filosofo e scrittore, il quale all’oscuro di matematica e astronomia, andava scrivendo “mordacità e contumelie contro di lui nelle Esercitazioni filosofiche, dedicate a Papa Urbano VIII. In questo scambio epistolare si dimostra quanto Galileo avesse abiurato le sue convinzioni difendendole a spada tratta definendo il Rocco “ignorantissimo”, “balordone”, “animalaccio” e “pezzo di bue.
Negli anni seguenti Galileo, intraprese una corrispondenza epistolare con Alessandra Bocchineri sorella della Sestilia andata sposa al figlio Vincenzio. L’ultima lettera per Alessandra fu da lui scritta nel dicembre 1641. con il sopraggiungere della cecità fu costretto a rifiutare gli inviti spiegando “non solo per le note indisposizioni che mi tengono appresso in questa mia gravissima età, ma perché sono ritenuto ancora in carcere per quelle cause che benissimo son note”
Lo scienziato morì nel gennaio del 1642, assistito dai suoi aiutanti Vincenzo Viviani e Evangelista Torricelli.
Fine