Questo scienziato anche se non fiorentino, con i suoi studi e le sue scoperte ha dato fama alla nostra città.
Galileo, venne alla luce a Pisa nel 1564, era figlio di Vincenzo Galilei e di Giulia Ammannati. Suo padre Vincenzo era musicista e teorico della musica, commerciante per arricchire le entrate familiari. Giunto Galileo all’età scolare, il padre cercò di inserirlo nella lista dei giovani toscani accolti gratuitamente in un convitto pisano. Ma il tentativo non andò a buon fine. Venne ospitato senza spesa da un amico del padre tale Muzio Tebaldi doganiere in Pisa. Era tanto introdotto nella famiglia da farsene carico quando Vincenzo era via per lavoro.
In casa Tebaldi il giovane Galileo conobbe una sua cugina Bartolomea Ammannati la quale si occupava della casa essendo Muzio rimasto vedovo. Malgrado la differenza di età nel 1578 Muzio e Bartolomea si sposarono per mettere fine alle dicerie che giravano sulla giovane cugina che creavano imbarazzo alla famiglia Galilei.
Il giovane iniziò i suoi studi a Firenze sotto la guida del padre, in seguito venne istruito da un maestro di didattica (metodo argomentativo della filosofia). Entrò nel convento di Santa Maria di Vallombrosana (abbazia Vallombrosana) vestendo fino a 14 anni l’abito di novizio.
Nel 1580 suo padre lo iscrisse all’università di Pisa alla facoltà di Medicina per prendere la laurea e diventare famoso come il suo antenato Galileo Bonaiuti, anche per guadagnare molti soldi e rimpinguare la cassa familiare. Ma il figlio ben presto fu attratto dalla matematica, sotto la giuda di Ostilio Ricci da Fermo conosciuto durante la permanenza a Firenze. Costui era un seguace della scuola di matematica di Niccolò Tartaglia, metodo usato per l’insegnamento della matematica presentandola come una scienza astratta ma un sistema per risolvere i problemi della meccanica e le tecniche ingegneristiche.
Gli studi del duo Ricci – Tartaglia seguivano la tradizione degli studi del matematico siceliota Archimede. Il maestro insegnò a Galileo l’importanza dell’osservazione dei dati e la pragmaticità della ricerca scientifica. Sembra ma non ci sono prove che, durante gli studi pisani, abbia seguito le lezioni di fisica dell’aristotelico Francesco Buonamici.
Dopo pochi anni il giovane cessò gli studi di medicina, si trasferì a Firenze, approfondendo gli studi di meccanica e idraulica. Nel 1586 risolse il problema della Corona di Gerione inventando uno strumento per la determinazione idrostatica del peso specifico dei corpi, scoprendo che la corona era un falso.
Gli insegnamenti del Ricci e gli studi di Archimede, gli servirono negli studi sul centro di gravità dei solidi. Durante l’insegnamento a Pisa fece una importante scoperta relativa all’oscillazione del pendolo.: l’ “isocronismo” (dal greco isos – uguale + chronos = Tempo). La tradizione vuole che Galileo, mentre si trovava nel Duomo di Pisa ad assistere ad una messa, si mettesse ad osservare un lampadario oscillante. Con un metodo empireo, mise a confronto i battiti del cuore con le oscillazioni del lampadario, appurando che le oscillazioni avevano la stessa durata, anche quando diminuivano di ampiezza.
Per avere regolari entrate economiche, cominciò a dare ripetizioni di matematica durante la sua permanenza a Firenze e a Siena. Si recò a Roma per farsi raccomandare per poter accedere allo Studio di Bologna dal famoso matematico del suo tempo Cristoph Clavius, ma malgrado questo appoggio, non venne scelto. La cattedra di matematica fu assegnata al padovano Giovanni Antonio Magini.
Approfittando della conoscenza con l’influente matematico Guidobaldo del Monte e del fratello Cardinale Francesco Maria del Monte, venne presentato al Granduca Ferdinando 1° de Medici, il quale lo prese sotto la sua protezione. Grazie a lui ebbe un contratto triennale all’Università pisana, per la cattedra di matematica.
Fine 1° parte
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