Buhaiolo o buhaiola è un termine ormai volgare in uso nel vernacolo fiorentino come offesa, spesso seguita da parole come “di merda”. Si, concordo, fra i tanti articoli che si possono scrivere su Firenze non ho scelto il più edificante, ma la vita di una città non si misura solo con i pittori e gli scultori, con gli architetti e i condottieri, ma anche, e spesso maggiormente, con i popolani e i semplici Cittadini che non a caso scrivo sempre maiuscolo.
Buhaiolo nella sua accezione maschile oggi assume più significati secondo il contesto in cui viene usato. Significa bastardo inteso come assenza di un’origine matriarcale certa, quindi non è conosciuto il buco d’uscita. Oppure è usato come termine spregiativo per uomini anzianotti che frequentano le Cascine in cerca di “buchi” giovani.
Nell’accezione femminile, buhaiola, identifica sempre una donna di facili costumi, che da via il “buco” per denaro o anche no. Come non ricordare in Amici Miei ” i cinque mandrigalisti moderni” che esplicano in canto il termine buhaiola.
Detto questo, e tornando a qualcosa di meno volgare, possiamo ricercare l’origine della parola nel passato e scoprire che il termine può riferirsi a più di una situazione che però nel lavoro trova la sua collocazione.
La più conosciuta appartenenza della parola è da riferirsi ai renaioli detti anche, appunto, bucaioli dato che scavavano nell’Arno delle buche per recuperare la rena. Da qui l’espressione “Buhaioli c’è le paste” che veniva gridata dalle mogli di questi lavoratori dalla spalletta dell’Arno per avvertirli che il desinare l’era pronto. Sembra che i renaioli di paste ne mangiassero davvero in grossa quantità in quanto il loro lavoro era davvero faticoso e i carboidrati non bastavano mai. Immaginate, con delle pertiche anche lunghe 5 metri raschiare il fondo del fiume per riportare in superficie la rena, un lavoro davvero sfiancante.
La stessa espressione “Buhaioli c’è le paste” qualcuno racconta che veniva usata anche per i negozianti di San Lorenzo che lavoravano in botteghe sotto il piano stradale detti appunto “buche” assumendo quindi il nome di bucaioli. All’ora di pranzo i venditori e i ristoratori della zona gridavano “Buhaioli c’è le paste” per avvertirli che era l’ora di mangiare.
Infine qualcuno sostiene che venivano chiamati buhaioli anche gli stradini che si occupavano di riempire le buche che si formavano per la strada, una categoria scomparsa soprattutto a Firenze dato che ormai le strade sono talmente piene di voragini che converrebbe illuminarle invece di riempirle e indicarle come opere d’arte. O forse sarebbe meglio usare l’espressione in oggetto rivolgendola agli eletti comunali che dovrebbero provvedere ad eliminarle.
Tanto tempo fa, ero un ragazzino, allo sferisterio delle Cascine si praticava “il gioco del pallone col bracciale”, con tanto di botteghino per le scommesse. Mio nonno mi portava lì a vedere le sfide fra i vari giocatori: Venturi, “Cannone”, Gino, Zulimo, ecc. e a prendere un po’ di fresco. All’interno dello sferisterio, c’era anche una cucina, nella quale, alle cinque del pomeriggio, cucinavano le “penne” al sugo. Al momento della giusta cottura, dall’altoparlante partiva l’annuncio: <>.
Heeeee…. l’è passato un giovedì!