Tutti comprendono che le leggende spesso sono più interessanti delle verità ed è per questo che rimangono nella memoria di chi legge, ma non è detto che questa, sebbene indicata come leggenda, che non sia una storiella reale.
Una di queste leggende vuole protagonista una testa di bue posizionata lungo il fianco sinistro del Duomo di Firenze. Costeggiando il Duomo a sinistra, più o meno all’altezza del civico 5, alzate lo sguardo sotto il tamburo del Cupolone e sotto il cornicione noterete sporgere una piccola testa di bue. Comprendo che non è facile individuarla, ma con un poca di attenzione si riesce a vederla. Lato sinistro, mi raccomando, non lato destro dove invece c’è la leggenda del rifrullo del diavolo.
La storia vuole che sia uno dei tre omaggi presenti a Firenze come ringraziamento al lavoro degli animali nella costruzione degli edifici. Altri due sono l’asina di Palazzo Pitti e la lapide del Cavallo nel lungarno Anna Maria Luisa de’ Medici. I buoi furono fondamentali nel trasporto del materiale atto alla costruzione di Santa Maria del Fiore e questa statua omaggerebbe proprio il loro sforzo.
Qui finirebbe la storia ufficiale e comincerebbe la leggenda.
Accennavo che la storia si può mescolare con la leggenda e questo potrebbe essere il caso. Una statua poteva essere orientata in molte maniere, verso l’alto, verso il basso, a sinistra a destra, questa invece sembra guardi un ben determinato punto, verso il basso, una bottega ben precisa.
Si racconta infatti che in quella bottega c’era un fornaio (qualcuno sostiene si trattasse di un sarto al 1° piano) con una moglie avvenente e provocante, forse di costume lascivo, che aveva fatto girare la testa ad un capomastro che lavorava al Duomo. La corte del capomastro fu serrata e romantica sino a che non vinse la resistenza e ottenne i favori della donna.
Il panettiere scoperto il tradimento volle vendicarsi e non solo dette spettacolo nel vicinato in una scenata più che plausibile, ma denunciò i due amanti al Tribunale Ecclesiastico. La condanna, si vocifera, fu esemplare per il capomastro (magari una multa molto salata) e ovviamente spezzò la tresca.
Il capomastro volle a sua volta vendicarsi e da fiorentinaccio studiò una vendetta sottile e beffarda. All’atto di posizionare la testa del Bue studiò bene la posizione finale dello sguardo del bovino e lo puntò verso la bottega del panettiere a eterna memoria della sua condizione di cornuto. Come sappiamo una multa si paga e poi si dimentica, ma un perenne ricordo è una vendetta ben più sgradita.
Citando un mitico film girato a Firenze è probabile che il fornaio avesse sempre dei cornetti ” caldi caldi, fatti proprio ora!”
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