Come sempre da buon romano, legato però da un cordone ombelicale a Firenze, cerco spunti che leghino le due città.
Non un solo artista importante rinascimentale, medievale, o comunque storico è legato alle due città, ma diversi. Uno meraviglioso di cui mi voglio occupare di Benvenuto Cellini. Diceva di lui Giorgio Vasari nelle sue “Vite”: “Animoso, fiero, vivace, prontissimo e terribilissimo….”.
E’ un artista che io accomunano per indole, carattere, azioni e vita ad un altro grande artista che ha lasciato il segno nelle due città: il Caravaggio. Li accomunano oltre le due città, la bravura come artisti, l’intemperanza, il genio, gli scatti d’ira, l’irascibilità’, le risse con ferimento e omicidi.
Da qualche parte ho letto che la forma del naso di Leonardo Da Vinci sia dovuta ad una, per così dire, artistica performance di Cellini che durante una lite lo colpì proprio sul naso, non so se questo aneddoto sia vero, ma che avesse ucciso e picchiato nella sua vita molte persone è risaputo. Anche lui, come Caravaggio, era protetto dalle sue influenti conoscenze, tra cui il Papa che ne ammirava le doti. Anche lui come Caravaggio aveva una forte passione per le donne, ma anche verso gli uomini, insomma un artista dicotomico e stravagante.
Non si può non trovare una correlazione anche con Michelangelo, per via di molte cose che, a questo punto, tutti e tre hanno in comune.
La stravaganza e il genio di Benvenuto Cellini sono indiscussi, prendiamo per esempio il “Perseo che uccide la Medusa”, la statua esposta sotto la Loggia dei Lanzi (tocco questo argomento proprio per ricollegarmi a Firenze). La statua vista di spalle, presenta tra la nuca e l’elmo di Perseo un effetto ottico voluto dall’artista, qui si nasconde infatti il profilo di Cellini . Questa statua alta 319 cm realizzata tra il 1545 e il 1554 è composta dal 90% di rame e il 10% di stagno (la parte che rappresenta Medusa), mentre invece Perseo per il 95,5% da rame, il 2,5% da stagno, l’ 1% da piombo e il rimanente 1% da zinco.
Cellini nella sua biografia racconta che a causa di problemi verificatisi durante la fusione, fu costretto a buttare nella fornace ben 200 pezzi tra piatti e scodelle di stagno di sua proprietà del valore complessivo di 10.000 scudi, che però Cosimo I, nella sua magnanimità, gliene restitui’ solo 3.500.
Forse per questo l’artista volle in qualche maniera “vendicarsi” autoglorificandosi e beffando l’ignaro Cosimo I, realizzando questo particolare autoritratto sulla statua che doveva invece glorificare ed essere il simbolo della vittoria di Cosimo I sull’esperienza repubblicana di Firenze, a cui proprio il duca pose fine.
Sappiamo che Cellini si trovò in parecchi guai, sia a Roma che a Firenze, per questo ritorno alla Loggia dei Lanzi.
I Lanzi erano i famosi mercenari tedeschi: i lanzichenecchi, che tra il XV e il XVI secolo imperversarono in Europa e furono protagonisti indiscussi nelle guerre d’Italia ( dal 1494 al 1559). Nel 1527 passarono per Firenze diretti a Roma per saccheggiarla, l’assedio di Firenze invece, avverrà tra il 1529 e il 1530 al ritorno dalla violentata Roma, nei fatti di Firenze poi, fu coinvolto anche Michelangelo (tanto per trovare affinità tra gli artisti), entrambi furono coinvolti negli assedi.
Dicevamo, i Lanzichenecchi diretti a Roma misero a sacco la capitale per ordine di Carlo V. Le truppe di lanzichenecchi erano ben contente di profanare la “cristiana” città del Papa, visto che erano luterani e ricordavano bene l’opposizione e le persecuzioni del Vaticano nei confronti del “loro” Martin Lutero. Avrebbero volentieri ucciso il Papa, si dice infatti che il loro comandante Georg Von Frundsberg, portasse un cappio d’oro con sé per impiccarlo quando giunto a Roma.
Tra il 6 maggio e il 5 giugno del 1527 Cellini era a Castel Sant’Angelo in Roma, da Papa Clemente VII mentre i lanzichenecchi comandati da Carlo di Borbone assediavano, saccheggiavano e bruciavano la città, uccidendo, violentando e derubando la popolazione romana.
Vanaglorioso, è proprio lui a fare il proprio panegirico e a narrare i fatti di Roma nelle sue memorie. Narra di essere stato colpito sulle mura da un colpo di artiglieria nemica, che si infrangeva per sua fortuna su un merlo, (una protezione delle mura cittadine), ma che gli arrecava comunque un forte trauma al torace.
Creduto morto gli viene messa in bocca della terra da alcuni soldati che quasi lo soffoca, poi accorso un suo amico che capisce la situazione, viene da lui curato a base di vino greco e assenzio. Questo trattamento, secondo il suo racconto, lo fa riprendere e lo rende nuovamente combattivo e lo fa ritornare ad essere il super paladino e grande difensore della città. Non prima di inimicarsi gli alti prelati però, che per assistere alla battaglia mettono in pericolo lui è i suoi compagni a causa dei loro berretti e abiti rossi ben distinguibili dal nemico. Con le sue “buone” maniere li caccia via suscitando in loro una grande antipatia.
Nell’azione di guerriglia il Cellini scorge tra i suoi nemici quello che sembra essere un comandante, vestito da spagnolo con un bel vestito tendente al rosso. Con calma preparerà la sua artiglieria e dopo aver ben mirato sparerà un colpo con una traiettoria a campana colpendo in pieno e dividendo in due il poveraccio, era niente di meno che Carlo il Borbone! In realtà non ci sono prove storiche che attribuiscono a cellini questo decesso, se non il suo diario.
Non è che il Sig. Massaro si sbaglia con il naso di Michelangelo che fu davvero rotto per futili motivi da un suo amico artista? Di Leonardo con il naso rotto lo sento dire per la prima volta, ma soprattutto mi ha colpito il fatto che Leonardo da Vinci sia addivenuto ad una lite. Che io sappia, è comunque una mia impressione, Leonardo si faceva gli affari suoi e non ce lo vedo proprio a litigare con altri artisti.
Vediamo se Riccardo legge il commento.