Nelle terzine 7 – 9 del XXXII canto dell’Inferno si legge: “che non è impresa da pigliare a gabbo, descriver fondo a tutto l’Universo, né da lingua che chiami mamma e babbo”.
In questo caso Dante con il termine “pigliare a gabbo” intende prendere sotto gamba, sottovalutare, prendere alla leggera. In realtà con il passare del tempo il verbo “gabbare” ha assunto piuttosto il significato di beffare, ingannare, prendersi gioco. Infatti il verbo “gabbare” ha origine dal termine medievale “gabbo” (burla) che deriva a sua volta dal francese antico “gaber” (beffare) e riassume in sé entrambi i significati nel senso di “prendersi gioco di qualcuno e poi deriderlo”. Da questo verbo deriva il proverbio “Avuta la grazia, gabbato lo Santo!”
(da “ADAGI ALLEGRI ANDANTI” di Franco Ciarleglio, Sarnus Editore)
Avvenne anche quando la Chiesa chiamò a sé il Venerabile frà Benedetto Mattia Bacci, che chiamavano il frate gabbamondo! Infatti nelle sue memorie egli così si faceva chiamare cioè fratello gabbamondo. Egli da sempre la santità benedicente la Città di Prato, una benedizione concessa fin nell’ ultimo suo respiro dalla finestra di Villa del Palco nelle vicinanze di Filettole di Prato.. è infatti una presenza riconducibile al tardo medioevo e riposa nella Chiesa di San Domenico del centro storico di Prato laddove, vado sovente al lunedì nell’incontro con le mie piccole memorie e preghiere iscritte nel libro diocesano concesso ai fedeli ! Cari saluti amici dalla Sig.ina Erica Maria Sforzi Dama templare Madonna della Sacra Cintola di Prato.