(NdR) Per Cittadini di ex città fortificate fuoriporta significa abbandonare la città per una escursione nei dintorni della città stessa. Un significato adatto a questa categoria di articoli che parlano di qualcosa che esula da Firenze. Un’altra città o un’altro argomento, qualcosa che non ha niente a che vedere con Firenze ma che ha stimolato l’editore o gli autori nel narrarlo.
Non è possibile che non vi racconti di “Annina della Loggetta“, anche se non siamo a Firenze, addirittura nemmeno in Toscana, ma Annina della Loggetta, al secolo Anna Dindelli è una delle persone più meravigliose di cui abbia sentito la storia. La narrerò in prima persona, come fossi io ad averla conosciuta, ma nella realtà il racconto è di Cecino e io lo riporto fedelmente.
Edda Dindelli ne era la madre naturale ma Anna chiamava mamma anche la zia Giovina, come considerava sorella l’Ernesta figlia della Giovina. Di genia cugina ma per amore sorella. Racconto degli anni intorno al 1950 presso Sant’Anastasio.
La bambina di fatto aveva due mamme, ma non il padre. Edda ha avuto una vita ingrata. Era piccola ossuta, tutto meno che bella. Nonostante ciò, mentre era a servizio dal Medico Condotto del paese, certo Dott. Cxxxxx, il fratello di quest’ultimo Cxxxxx ne approfittò scandalosamente. Edda si ritrovò con una bambina nelle braccia ed il ripudio sociale. All’epoca essere ragazza madre era un’infamia.
Lo zio Pietro con la moglie Giovina, avevano già Ernesta come figlia e tiravano avanti nella miseria più nera, per aiutare Edda presero con se anche la piccola Anna. Le persone più povere ed umili sono spesso capaci di grandi gesti umanitari.
Edda dopo lo scandalo emigrò a servizio di nuovi padroni in una grande città, e solo raramente tornava a Sant’Anastasio per vedere la sua piccola e vivace figlia. Le rare volte che tornava era carica di doni che riempivano di gioia la piccola. La sua paga, di donna di servizio, la mandava interamente ai Dindelli per il mantenimento della figlia.
Esistono persone che nascono con il marchio della sfortuna e sembra che il destino si diverta a perseguitarle. Agli zoppi grucciate!
Anna una bambina vispa ed intelligente verso i sette-otto anni contrasse la poliomielite, mortale per l’epoca. Anna sopravvisse alla terribile patologia, ma di lei restò un corpicino fatto solo di ossa e pelle. Un corpo orribilmente deformato, ma con un cervello intatto, dotato di una straordinaria intelligenza. Dopo un tempo di voluto isolamento in casa, di completo letargo, Anna con le gambe ossute ripiegate sotto il suo fragile busto, con le braccia ridotte a povere secche leve che terminavano in mani contratte e distorte, riprese lentamente una vita di relazione con i familiari ed i vicini della piccola frazione. Con il tempo diventò per tutti: Annina della loggetta.
Mamma Giovina, caricandosela a dorso di ciuco, portava Annina dal suo letto alla loggetta, piccolo spazio che introduceva alla porta di casa, mettendola a sedere su una piccola seggiolina, alta quasi alla pari del pavimento.
Quindi, Giovina, il suo angelo custode, tirandole l’ampio vestito la accomodava bene, coprendogli accuratamente le gambe e le braccia. Le mani Annina le nascondeva solo se appariva qualche sconosciuto. Solo il magro volto era bello. Gli occhi vivaci. Quando conversava e rideva sembrava illuminarsi di una luce extraterrena. I paesani si erano abituati a vederla li sotto la loggetta.
L’intero popolo di quel ciuffo di case appollaiate su quella collinetta, pregava il possente Dio, affinché avvenisse il miracolo di una guarigione. Che almeno potesse crescergli un po di carne, che spuntasse qualche muscolo, che potesse stare in piedi anche qualche istante. Questo nostro invisibile Creatore non ascoltò nessuno. Ne preti, ne vescovi, ne preghiere, novene, insomma le suppliche di tutto il paese. Dio non ascoltò, non intese niente, l’Annina restò tale e quale.
Eppure con il tempo, il miracolo si produsse, perchè l’Annina della loggetta diventò il punto di riferimento per tutti. I paesani, a turno, non lasciavano mai sola l’Annina. Lei dalla sua seggiolina dispensava consigli e sorrisi a tutti. Con il passare dei giorni, dei mesi, degli anni, si vedeva sviluppare in Annina i segni di una vivacità che sbalordiva. Leggeva, si istruiva in modo autonomo, era sempre aggiornatissima su cosa accadeva nel mondo. Insomma arrivò ad essere la creatura più intensamente vivente di chiunque l’avvicinasse.
Se il suo posto, nella loggetta, era vuoto l’ansia attanagliava i paesani. Era come se improvvisamente si aprisse un burrone con il rischio di sprofondarci.
Rimasero epiche le lunghe discussioni che Annina ebbe con Sante “il cieco” e Oscare il “sordo-muto”. Le loro dotte dispute su chi avesse ricevuto la disgrazia più insopportabile erano memorabili. Le discussioni sullo Stato, che non interveniva in aiuto dei più deboli, dei diseredati.
Annina, con il tempo era sempre più saggia. Ridendo e scherzando dava il giusto consiglio a tante persone. Sollevava le pene altrui. Le amiche che tornavano stravolte dal lavoro nei campi, non rientravano alle loro case se prima non si fermavano a far due chiacchiere con Annina.
Con le sue mani contorte cercava di cucire. Nessuno avrebbe mai pensato che potesse tenere un ago in mano. Una volta che mamma Giovina la scendeva sul pavimento dalla sua seggiolina si spostava da una stanza all’altra trascinandosi lentamente come una lumaca. Che gioia sarebbe stato avere una sedia a rotelle.
Le amiche riuscirono a vincere la sua resistenza, la sua vergogna verso gli estranei. Una volta, caricandosi a turno quel fuscello di ossa sulle spalle, portarono Annina ad un ballo paesano. Si accomodò i riccioli con i bigodini fatti di carta, si diede un velo di cipria e un po di rossetto e lasciò la sua loggetta.
Fu un giorno memorabile. Giunsero per primi nella sala e Annina fu accomodata su una sedia, con il suo ampio vestito a coprirla tutta. Vide le sue amiche ballare felici, assorbendone la loro gioia. Un giovane sconosciuto le si avvicinò, non conoscendola, le chiese un ballo. Annina arrossì violentemente: “Grazie, non posso, sono stanca.”
Tanto si attivarono i paesani che dopo tanti anni lo Stato le concesse la tanto desiderata sedia a rotelle ed una piccola pensione sociale. Finalmente un poco di benessere, ma fu di tempo breve, perchè il destino malvagio era in agguato. Tutti piansero la sua morte. Sono certo che gli Angeli gli saranno sempre vicini e la faranno volare libera nei cieli infiniti.
A distanza di tanti anni ho rivisto la loggetta dell’Annina, rimodernata, abbellita, ma sono certo che a tutti coloro che l’hanno amata, piaceva di più quando c’era Lei.
Da un racconto di Cecino.