Verso la metà del XVI secolo, Alessandrina Acciaioli fu una donna che a Firenze fece molto parlare di sé, sia per la sua clamorosa bellezza, sia per la tresca che ebbe con un personaggio alquanto discutibile.
Alessandrina era nata in una delle più nobili famiglie fiorentine. Era bionda, con grandi e bei occhi azzurri, con un fisico ben tornito e, cosa molto importante all’epoca, con braccia, collo e petto di una bianchezza mirabile. Nel 1526, giovanissima, fu data in sposa a Galeotto Martelli, ma poteva vantare tra le sue conquiste, quando ancora era un giovane “apprendista di marcatura”, quel tal Francesco Ferrucci di cui la storia ci ha tramandato le gesta eroiche.
Alessandrina era giovane, bella, schietta, amava essere corteggiata, non si ammantava di falsa modestia, sapeva di piacere e giocava al gioco dell’amore. Forse non si poteva definire un modello di virtù, ed il marito certamente non era certo felice di contendersi i suoi favori con Francesco Ferrucci; certo anche Galeotto ci mise del suo… ben sapendo di avere una bellissima donna in moglie, si compiaceva dell’ammirazione che ella destava negli uomini e tanto ne era fiero che molto spesso conduceva la moglie alle feste della famiglia Medici, famose per la loro sontuosità, dove il lusso era la caratteristica principale, assieme ad una buona dose di corruzione.
Molti furono gli amori di Alessandrina, sbocciati nell’accogliente riparo della Corte medicea, ma uno in particolare ebbe risalto, creando scompiglio in tutta Firenze. Tra gli innumerevoli corteggiatori della bella giovane, vi fu un certo Giovanni Buonaparte, dalla cui progenie secoli più tardi nascerà Napoleone; Giovanni aveva suscitato invidie e gelosie tra gli altri giovani che si contendevano le attenzioni della moglie del Martelli, in particolare era tenuto d’occhio da un certo Andrea Minerbetti.
I due si guardavano in cagnesco e non aspettavano altro che l’occasione giusta per venire allo scontro, cosa che non risultò difficile in un momento storico come quello, in cui la città era stretta d’assedio.
Nel 1529, l’ultimo lunedì del Carnevale Alessandrina si stava dirigendo a casa dei genitori, in Borgo SS. Apostoli. Alla cantonata di via Vacchereccia si incontrò, chissà se per un caso o se per un preciso accordo, con Giovanni Buonaparte, col quale si intrattenne a girare tra le botteghe del Mercato Nuovo, proseguendo poi per via Por Santa Maria. In quei giorni era piovuto a dirotto e le strade era piene di pozzanghere e di fango; quando Alessandrina e Giovanni giunsero vicino a Via delle Terme, sentirono delle voci che allegramente, urlando e ridendo, dicevano: “bada! bada! al pallone! al pallone!” e videro farsi loro incontro, irrompendo in Por Santa Maria, un gruppo di ragazzi, mascherati in modo curioso, che agitavano ognuno il proprio pallone legato ad una cordicella.
Questo era uno dei giochi che in quel tempo veniva fatto nel periodo di carnevale: consisteva nel girare, riuscendo a far chiudere le botteghe per regalare una piccola pausa ai garzoni, portando con loro dei grossi palloni gonfiati d’aria, legati ad una cordicella, che venivano scagliati addosso alle persone e nelle botteghe (un antenato del gavettone, insomma).
Ovviamente questo gioco aveva spesso causato litigi, risse e disordini, perché si sa, allora come oggi, i ragazzi si lasciavano prendere la mano, eccitati dal gioco, e non ponevano attenzione a chi prendevano di mira. Capitava dunque che inseguissero i passanti e le donne addirittura nelle chiese, colpendoli a colpi di pallone, spesso sporco di fango.
Quel giorno, accadde che Alessandrina e Giovanni si trovassero di fronte ad un gruppo di questi ragazzi, ed uno di loro prendendo bene la mira, colpì in faccia Alessandrina con un pallone ricoperto di fango. Giovanni, che aveva ben visto chi era stato a scagliare il pallone, si avventò su di lui con un gesto rabbioso e, guarda caso, il giovane lanciatore era proprio Andrea Minerbetti. Vi fu una mischia furibonda, improvvisamente apparvero da sotto le vesti dei pugnali, e Giovanni avrebbe avuto la peggio se non fossero giunti in suo aiuto alcuni giovani che passando avevano visto la scena.
Si formarono due gruppi, uno pro Buonaparte, uno a favore di Minerbetti e la rissa degenerò in una vera e propria “battaglia”, spaventando la popolazione fiorentina che pensava che gli assalitori avessero invaso Firenze e stessero per saccheggiarla. Vennero chiuse botteghe e case, suonò la campana del popolo a richiamare alle armi le milizie cittadine ed il comandante Stefano Colonna, che si trovava a San Miniato, scese per Via de’ Bardi, riuscendo poi a sedare il tumulto.
Quando i facinorosi vennero ricondotti all’ordine, ci si accorse che, tra i numerosi feriti, era rimasto ucciso proprio Andrea Minerbetti. Venne fatta un’inchiesta che stabilì che il gioco del pallone era stato in realtà solo un pretesto per provocare una sommossa di modo da spingere il popolo ad aprire le porte ai Medici, e che proprio il Minerbetti era uno dei principali artefici.
Dopo questo tumulto, Alessandrina volse altrove il suo sguardo, lasciando con un palmo di naso il buon Giovanni, che pure si era prodigato per difenderla. Alessandrina venne attratta da un bieco e famoso personaggio, col quale intrattenne una relazione, più sessuale che sentimentale. Il losco individuo era Alessandro de’ Medici, famoso per la sua spietata brutalità, per la lussuria. Alessandro, per godere delle grazie di Alessandrina, piantò l’amante precedente, Alessandra de’ Mozzi, che fino a quel momento era stata amica della Acciaioli e che ne divenne prontamente nemica.
Della Mozzi non parliamo adesso, ma si deve sapere che non fece una bella fine, e che ne fu artefice il duca Alessandro, che addirittura se ne vantò con la Acciaioli durante uno dei loro incontri amorosi. Alessandrina ne rimase profondamente turbata, tanto da sperare di venir presto piantata da Alessandro, vista la ferocia che dimostrava. Fu ben presto accontentata.
Alessandro mise gli occhi addosso a Luisa Strozzi, e si disinteressò immediatamente di Alessandrina che, però, conosceva troppi dettagli delle scelleratezze commesse dal Duca, ed era uno scomodo testimone da lasciare in circolazione. Alessandrina Acciaioli morì tra atroci sofferenze, a causa di un veleno che il Duca Alessandro le fece somministrare per liberarsi da quello che per lui rappresentava un pericolo.